La strada del mare
- Autore: Antonio Pennacchi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2020
La strada del mare (Mondadori, 2020) è il terzo capitolo della saga della famiglia Peruzzi, dopo Canale Mussolini (Mondadori, 2010, Premio Strega 2010) e Canale Mussolini. Parte seconda (Mondadori, 2015), redatto dallo scrittore Antonio Pennacchi, ex operaio nato a Latina il 26 gennaio 1950.
“Si chiama avunculato in antropologia, dall’antico latino avunculus, il primo zio maschio o quello più grande da parte di madre”.
Adelchi Peruzzi era il perfetto avunculato di una volta, lui che pur essendosi sposato due volte non aveva mai avuto figli, che era lo zio più amato dai nipoti e quello che comandava sulla tribù dei Peruzzi. I Peruzzi, pochi ancora non lo sanno ma è meglio ricordarlo (altrimenti… “Ch’at vegna un cancher”), facevano parte di quei coloni littoriani-latinesi portati giù alla fine degli anni Venti del XX Secolo dal Friuli, Veneto (“maladeti i Zorzi Vila”) e Ferrarese per coltivare l’Agro Pontino, che il regime fascista stava iniziando a bonificare. Ai Peruzzi era stato affidato il “sacro, ancestrale Podere 517, Parallela Sinistra, Canale Mussolini”, principale canale della bonifica.
Littoria durante il Ventennio, oggi Latina, era nata come città agricola, posta all’esatto centro della maglia poderale, al centro esatto delle vecchie Paludi, a sette chilometri dal mare e a otto dalla ferrovia direttissima Roma-Napoli. Negli anni Cinquanta, con il boom economico alle porte, Latina si era spinta fino al mare, la distanza in linea d’aria era esattamente di sei chilometri e settecento metri. Era stata la nuova strada del mare, alla cui costruzione aveva contribuito anche Otello Peruzzi, a portare a Latina il boom e il benessere e questo simbolo del futuro legava la cittadina laziale allo scenario incomparabile del Mediterraneo.
Era dunque l’Agro Pontino il teatro delle gesta del clan Peruzzi, il cui esodo, rappresentato dallo sradicamento dal Veneto d’origine, si era trasformato in queste terre in popolo. Perché, nonostante i più anziani parlassero ancora in dialetto veneto, a Littoria/Latina l’integrazione sociale si era compiuta pienamente, e le varie famiglie scese dal Nord erano diventate comunità sia nel Palazzo della Previdenza sociale in piazza San Marco sia nelle palazzine gialle a due piani costruite a risparmio per l’Istituto case popolari, in viale XXI Aprile, che nel 1954 si trovavano in mezzo alla palude.
Nel romanzo, con dedica “A Fernando, fratello mio gagliardo”, Pennacchi, figlio di coloni, racconta come un fiume in piena le indimenticabili vicende talvolta tragiche, spesso comiche di più generazioni dei Peruzzi, che si intersecano con la storia d’Italia. I Peruzzi erano famosi per litigare tra loro, a causa della furia che si portavano dentro (“Razza Peruzzi, che ci possiamo fare?”), ma erano famosi anche per aver sempre fatto fronte unito se qualcuno dall’esterno o le avversità dei tempi o la natura li attaccavano. Zio Adelchi, Zio Temistocle, Zio Iseo, il ricordo di Zio Pericle, disperso in Africa Orientale e padre dell’io narrante, Periclino, Armida, madre dell’io narrante, innamorata delle api, “Zio Benassi” e la nevrotica zia Santapace Peruzzi coniugata Benassi, gentile con gli estranei ma iena “con i suoi di casa”, i loro figli, capeggiati dall’irrequieto e scavezzacollo Otello, Norma, Tosca, Manrico, Violetta, Accio e Mimì... Tanti figli, perché allora le donne:
“figliavano a tutte le ore, mica come adesso che non figlia più nessuno se non arrivassero questi immigrati sui barconi dal mare, l’Italia si spopolerebbe da un momento all’altro”.
Infatti: “solo i poveri fanno figli a questo mondo, come lei sa, i ricchi no”.
Infine, se qualche lettore, considerata la mole di personaggi ospitati nel libro, dovesse dimenticarne qualcuno, non si preoccupi, perché è al racconto in generale, alla storia nel suo complesso che si deve guardare, perché come diceva l’Armida:
“È l’alveare che conta, non la singola ape”.
La strada del mare
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