La parola magica
- Autore: Augusto Monterroso
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2022
Scrittore non frequentatissimo dai lettori italiani, il guatemalteco Augusto Monterroso (1921-2003) ha lasciato un’opera non enorme, non molto tradotta e soprattutto frammentaria per vocazione: ossia per precisa fedeltà a uno stile, a una visione.
Lo conferma il piccolo, accattivante libretto La parola magica, edito in un’elegante, minimalista versione da Occam editore, nella traduzione di Elisa Tramontin. Racconti brevissimi, biografie in miniatura, acute divagazioni che principalmente si concentrano sul mestiere dello scrittore. Sovraintende a questo sguardo una lieve, malinconica comicità nella percezione degli affanni che agitano intanto la vita dei letterati, e poi degli umani tutti.
È uno scrittore Monterroso che a tratti sembra soggiornare in una vaghezza di riflessioni sornione attorno all’oggetto per poi infilzare il lettore con uno spillo improvviso:
Si sa che i critici si sbagliano solo quando si tratta di opere importanti.
Il riferimento è al romanzo Il signor Presidente di Asturias.
Parlavamo prima di visione: Monterroso sa quanto possa essere precaria l’esistenza di uno scrittore, in quanto autore che nulla può sulla sorte futura dei suoi libri una volta finiti:
Tu solo sai il lavoro che ti è costato, l’amore che ci hai messo e i dubbi che ti ha suscitato facendoti sprofondare nella disperazione.
E in quanto uomo macerato dal dubbio di esserlo davvero, uno scrittore – per non dire dell’ambiguo precipitato sociale di un mestiere che per lo più non lo è. Specie si direbbe in America Latina.
Nella visione di Monterroso il caso ha la sua parte – nel regime dell’alea rientrano anche i destini geografici:
Shakespeare era benestante e Cervantes era povero, ciascuno come riflesso dei rispettivi paesi.
E se negli Usa o in Europa (ma qua ci permettiamo di nutrire qualche dubbio) ai più non viene in mente di chiedere a uno scrittore se gli riesca di campare con la scrittura, per un latinoamericano è diverso: sarà la matrice picaresca, l’abitudine ai mille mestieri, ma scrivere per costui è sempre un gesto rubato e in qualche modo ostile a un sistema (letterario, economico, politico).
Costretto a vivere di traduzioni, esule, Monterroso stesso ha durato molta fatica per tenersi stretto al suo demone.
Nei racconti e micro-ritratti di scrittori di questo piccolo libro però non c’è nessun tono drammatico, neppure quando si tratta di riassumere o reinventare biografie decisamente inquiete come quella del “segaligno, sgraziato e caparbio” Horacio Quiroga:
L’interminabile necrologio che fu la sua vita.
Del resto, l’incomprensione, il sospetto che accompagnano spesso la vita di uno scrittore iniziano in ambienti a lui assai vicini: dagli amici che ti suggeriscono gli argomenti che farebbero al caso tuo, alla moglie del racconto Del circostanziale e dell’effimero, che non capisce cosa debba farci lo scrittore (presunto?) con un’automobile vinta grazie a un (improbabile) premio letterario visto che nessuno dei due guida, incapace di comprendere quanto sia importante per lo scrittore la conferma di esserlo davvero.
In questi piccoli testi di fattura e tempi diversi non mancano note critiche, mai pedanti, su Dante, Jorge Luis Borges, Miguel de Cervantes e altri.
E su se stesso e le proprie instabili vicende. Sempre, un senso di garbata ironia, pungente ma non cattiva o céliniana, per le fuggevoli, tragicomiche sorti dell’umanità attraversa queste pagine, che si tratti di note autobiografiche o vicissitudini altrui, reali o immaginarie. Leggetelo.
La parola magica
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