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Recensioni di libri

La notte in cui Mussolini perse la testa di Pier Luigi Vercesi

Neri Pozza, 2019 - Pier Luigi Vercesi rievoca la notte del 24-25 luglio del 1943 a Roma, quando durante la riunione del Gran consiglio del fascismo a Palazzo Venezia si decise la sorte di Benito Mussolini.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 25-07-2022
La notte in cui Mussolini perse la testa

La notte in cui Mussolini perse la testa

  • Autore: Pier Luigi Vercesi
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Neri Pozza
  • Anno di pubblicazione: 2019

La notte in cui Mussolini perse la testa (Neri Pozza 2019) di Pier Luigi Vercesi, scrittore e giornalista, inviato del “Corriere della Sera”, rievoca la notte del 24-25 luglio del 1943 a Roma, quando durante la riunione del Gran consiglio del fascismo a Palazzo Venezia si decise la sorte di Benito Mussolini, allora Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato.

“Dalle stanze del Duce si ascoltava solo quello che lui voleva fosse inteso. Quella notte però, al momento della votazione, un nugolo di funzionari e di agenti trasgredì, origliando dietro la porta, e la mattina seguente cominciarono a circolare, per le vie di Roma, informazioni più o meno accurate”.

Come si era arrivati alle ventiquattr’ore più lunghe della storia italiana del Novecento?
Sabato, 24 luglio 1943. Nel pieno della II Guerra Mondiale, la popolazione romana, specchio di quella italiana, è allo stremo. Dopo tre anni di guerra, non c’è persona che non invochi la pace, esacerbata dalla fame e dai bombardamenti alleati.

“L’ora segnata dal destino” che “batte nel cielo della nostra Patria. L’ora delle decisioni irrevocabili”, come Mussolini aveva dichiarato tronfio il 10 giugno 1940 dal balcone di Palazzo Venezia, facendo entrare l’Italia in guerra a fianco di Hitler contro Gran Bretagna e Francia, era svanita da un pezzo. Quello stesso Palazzo Venezia, simbolo del potere dai piedi di argilla del Duce, sarebbe stato teatro della fine del potere di Mussolini poco più di tre anni dopo. In quel luglio del ‘43, la Storia stava facendo il suo giro: il 9 luglio 1943 c’era stato lo sbarco sulle coste siciliane attuato dagli Alleati con l’obiettivo di aprire un fronte nell’Europa continentale, invadere e sconfiggere l’Italia e, infine, concentrare in un secondo momento i propri sforzi contro la Germania nazista.

Il 19 luglio il bombardamento del quartiere San Lorenzo a Roma, a opera di bombardieri statunitensi, primo attacco aereo da parte dell’aviazione USA, obiettivo lo scalo ferroviario, fa cadere il mito dell’inviolabilità dei cieli della Città Eterna a causa dei suoi simboli. Mentre l’Urbe subisce pesanti danni materiali e numerose perdite umane, Benito Mussolini si trova a Feltre per l’incontro con Adolf Hitler.

Ormai il Duce è diventato ingombrante e all’interno dello stesso Gran Consiglio c’è chi vuole esautorare Mussolini, ed è emblematico il fatto che si riunisca per la prima volta dallo scoppio della guerra. Tra i gerarchi presenti alla riunione, il presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, Dino Grandi, il generale Emilio De Bono, il segretario del Partito fascista Carlo Scorza, il presidente dell’Accademia d’Italia Luigi Federzoni, Roberto Farinacci, Giuseppe Bottai e Galeazzo Ciano, genero del Duce in quanto marito della figlia Edda.

Durante la seduta Dino Grandi presenta un ordine del giorno, che accusa il regime fascista di aver compromesso i vitali interessi della nazione portandola sull’orlo del tracollo, chiede che siano attribuite al sovrano, al Gran Consiglio e al Parlamento, tutte le funzioni e le prerogative previste dallo Statuto Albertino, che la dittatura fascista aveva concentrato nelle proprie mani. Il documento, votato dalla maggioranza dei gerarchi presenti, inchioda Mussolini alle sue responsabilità.
È finita un’era, anzi il Ventennio fascista.

Nel pomeriggio del 25 luglio, Mussolini viene ricevuto da Vittorio Emanuele III a Villa Savoia e gli rassegna le dimissioni da capo del governo. Il Re le accetta e, al termine del colloquio, lo fa arrestare. Alle ore 22:45 le radio si sintonizzano sul consueto notiziario, che non viene preceduto, come d’abitudine, dalle note di “Giovinezza” ma annuncia:

“Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di capo del governo, primo ministro segretario di Stato, presentate da S.E. il cavaliere Benito Mussolini e ha nominato capo del governo, primo ministro segretario di Stato, S.E. il cavaliere maresciallo d’Italia Pietro Badoglio”.

Segue “l’infelice proclama di Badoglio”:

“L’Italia mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni… la guerra continua”.

Ma la gente sembra non capire. Caduto il fascismo, finita la guerra.
Strappata dall’occhiello la cimice del partito, tutti si riversano in piazza sfogando più rabbia per l’oppressione subita che gioia per la fine di un incubo.
Vercesi, con il piglio del cronista, in queste pagine racconta l’avvincente penultimo atto di Benito Mussolini, il quale divenne duce conquistando l’Italia fra minaccia della violenza e costruzione del consenso.

La notte in cui Mussolini perse la testa. 24-25 luglio 1943

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La notte in cui Mussolini perse la testa

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