La fortezza sul fiume. Raimondo Montecuccoli. 1° agosto 1664: la battaglia di San Gottardo
- Autore: Massimo Trifirò
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2025
Turchi e Cristiani in guerra per secoli. Prima i Selgiuchidi avversari nelle Crociate, poi le flotte e le armate ottomane sciamanti contro l’Europa, fino alla dissoluzione dell’impero di Costantinopoli nel primo Novecento. Una fase di questo interminabile conflitto è al centro della tipica narrazione storica di Massimo Trifirò, tra letteratura d’invenzione e storiografia documentata, un genere molto personale in cui eccelle l’ispiratissimo scrittore di Lecco, grande firma delle Edizioni Nepturanus. Il titolo è La fortezza sul fiume. Raimondo Montecuccoli, 1° agosto 1664: la battaglia di San Gottardo (settembre 2025, 104 pagine), nella “sua” collana “Il nome della Prosa” e con immagini in bianco e nero a commento.
In questo scontro, la Sublime Porta ebbe a lungo il vantaggio dei grandi numeri, con più navi, più armati e in genere una maggiore unità di comando. Nello schieramento contrapposto difettavano le schiere e sulla compattezza e concentrazione delle forze incideva negativamente la divisione del campo cristiano in una moltitudine di potentati: il Papato, gli Imperi (Sacro Romano e Spagna), i Regni grandi (la Francia) e piccoli, più Granducati, Ducati e ulteriori realtà, Serenissima Repubblica di Venezia compresa e Cavalieri di Rodi-Malta. Sicché, le forze della Croce sono quasi sempre state sfavorite, eppure vincitrici nei momenti decisivi e nelle battaglie più importanti: ecco il miracolo militare della Cristianità, opposta al sultano di turno. Che miracolo non è, ma si basa su fattori tecnico-strategici a vantaggio degli europei. Infatti le vittorie si sono ripetute, tanto da risultare sistematiche, sia pure spesso dopo rovesci parziali.
Così era stato prima del periodo sotto la lente di Trifirò: nel 1456 gli Ungheresi avevano sbaragliato i Turchi che circondavano Belgrado e gli Austriaci respinto il primo assedio di Vienna, nel 1529. Anche dopo i fatti di San Gottardo, i cavalieri alati polacchi sorpresero e sgominarono gli innumerevoli guerrieri della Mezzaluna che stavano per espugnare Vienna nel 1683. Soprattutto, a Lepanto, nel 1571, la Lega Santa aveva mandato a picco la flotta nemica, comunque più numerosa per legni, per quanto stavolta molto inferiore in armi da fuoco, vista la preferenza musulmana nell’occasione per lame, frecce ed armi da lancio.
I parametri storico-geografici dicono che il conte Raimondo Montecuccoli, nato a Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena (Castello di Montecuccolo, 1609 - Linz, 1680), è stato generale, politico, scrittore e che la battaglia di San Gottardo (Szentgotthárd in ungherese), detta anche di Mogersdorf o del fiume Raab, è stata combattuta in piena Europa danubiana, tra l’Austria e l’Ungheria. Oggi il confine corre vicino. Un piccolo comune austriaco, Mogerdorf, guarda la pianura magiara e una grande croce di pietra ricorda la battaglia e la vittoria del 1 agosto 1644.
L’esercito degli Asburgo era schierato nella piana ungherese, a settentrione del fiume Raab, nelle vicinanze del monastero di San Gottardo: un’alleanza di diverse nazionalità al comando della suprema autorità militare dell’Impero, il tenente generale Montecuccoli. A sud, sull’altra sponda, si stendeva la massa infinita dei combattenti della Sublime Porta di Costantinopoli, truppe scelte e addestrate, guidate dal gran visir Fazil Ahmed Köprülü, incaricato dal sultano Maometto IV il Cacciatore d’invadere l’Europa, per assoggettarla alla dominazione ottomana - che deriva da Osman I Gazi (1258-1326), fondatore della dinastia Osmanli e dell’Impero.
“Non possiamo attendere oltre”: l’aristocratico modenese aveva conosciuto “cento battaglie” nella Guerra dei Trent’anni ed era un uomo imponente, con una forte personalità, un carattere indomito e lo sguardo penetrante.
È imminente lo scontro decisivo, il pasha Köprülü immagina di avere la partita in mano, forte di almeno centomila combattenti agguerriti, contro una compagine inferiore di ben due terzi per numero, con uomini meno preparati e ancora poco coesi, provenendo da molti popoli diversi. L’invasione ottomana si era concretizzata dopo il transito dal braccio di mare dei Dardanelli. La reazione europea al dilagare nemico verso Vienna non era stata subito adeguata. Difficile e lento opporre armate consistenti alle mire espansionistiche di Costantinopoli.
È inevitabile che qualche volta si debba combattere, ma se si è costretti, si deve farlo al meglio. Il condottiero italiano aveva applicato la propria esperienza militare alle circostanze sfavorevoli. Era convinto che almeno in una prima fase, in attesa di un contrattacco efficace, la sola speranza di vittoria potesse risiedere nel colpire le fonti di approvvigionamento degli invasori, bruciando le coltivazioni e disperdendo con incursioni i convogli che rifornivano i nemici. In tal modo, Montecuccoli aveva guadagnato come alleata la fame. Intanto, andava sollecitando rinforzi, guardandosi bene dal muoversi contro gli avversari, prima d’essere abbastanza certo di prevalere.
Aveva volto a proprio favore un fattore essenziale: il tempo. Col passare dei giorni e il crescere delle difficoltà, buona parte delle armate che gli si contrapponevano risultava sempre più indebolita, mentre dal centro Europa unità fresche stavano marciando per raggiungerlo, 8.300 soldati tedeschi e 5.400 francesi, a riequilibrare in qualche misura i fronti opposti. Ora, il momento delle decisioni era arrivato. Non c’era una fortificazione a proteggere i cristiani e a compensare la prevalenza numerica dei nemici: sono riusciti a crearla loro, i combattenti per l’Occidente. Una “fortezza di carne”, scrive Trifirò. E battaglia fu. E vittoria. Schiacciante.
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