La ferocia del cuore
- Autore: Anita Nair
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2012
Bangalore è una grande città al Sud dell’India, di oltre otto milioni di abitanti. E’ lì che abita Anita Nair ed è lì che ha ambientato il suo ultimo romanzo "La ferocia del cuore", edito da Guanda.
Dopo il bellissimo “Cuccette per signora”, dedicato alle donne del suo paese e alla loro condizione, questa volta la scrittrice sceglie un genere del tutto diverso e forse inatteso: il noir. Il racconto ci conduce nei meandri della grande città dove si nascondono corruzione, mafia, malaffare e soprattutto una sessualità deviata che prolifera all’interno di una società sessista e intransigente. Gli “eunuchi” si trovano ai semafori e rivendicano in modo chiassoso la loro emarginazione, mettendo a disagio gli stessi poliziotti ed è proprio un ispettore di polizia, Borei Gowda, ad essere l’eroe del romanzo.
Borei è un eroe poco marziale: il troppo rum e una vita poco attiva, un matrimonio stanco, un figlio adolescente problematico, lo hanno reso, anche se neppure cinquantenne, più vecchio e trascurato di quanto la sua età comporti; la sua carriera è stata fermata da superiori corrotti che non ne apprezzano l’onestà e trascurano le sue lucide intuizioni investigative quando, cioè spesso, mettono sotto accusa i potenti.
Ora una serie di omicidi violenti e insoliti nel “modus operandi” lo rilanciano nella mischia delle indagini, aiutato da un neofita, l’agente Santosh, che lo sceglie come modello divenendone il fedele segugio.
Vengono trovati uccisi a pochi giorni di distanza uomini strangolati e sgozzati da un laccio coperto di microscopici pezzi di vetro, tutti morti dopo aver avuto rapporti sessuali; secondo Gowda si tratta di un serial killer che bisogna stanare, anche se i suoi superiori cercano di distoglierlo dall’indagine, temendo la sua nota intransigenza nei confronti dei potenti.
Mentre ci racconta l’ambiente dei bassifondi di Bangalore, Anita Nair indaga anche sulla corruzione degli amministratori locali, fra i quali spicca il ritratto del Consigliere Ravikumar, detto Anna dai suoi fedeli servitori e da tutta la sua corte di clientes, la cui casa-fortezza è il centro del malaffare dell’intera città.
Senza rivelare il finale del romanzo, avvincente e scritto in modo magistrale da una narratrice straordinaria, si può dire che uno spaccato di un’India terribile, piena di razzismo e violenza, pedofilia e prostituzione minorile, droga e alcolismo, solitudine ed infelicità, viene raccontata dalla Nair in opposizione agli stereotipi dell’India colorata e rutilante che la Bollywood cinematografica ci ha propinato attraverso i media più diffusi. Il ritratto di Urmila, la donna raffinata che Gowda incontra dopo tanti anni e di cui si innamora di nuovo, ci descrive un continente moderno e occidentalizzato, contrapposto al mondo della superstizione e della magia che ancora dilaga in gran parte della società indiana, divisa in rigide caste che non ne consente la vera libertà.
Malgrado il gran numero di termini indiani, solo alcuni dei quali tradotti nel glossario finale dai curatori del libro, il romanzo scorre via fluente e si legge con grande curiosità, proprio per la sua analisi sociologica così puntuale e così rigorosa, pur all’interno di un thriller nella miglior tradizione della detective story.
La ferocia del cuore
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Una bella recensione davvero, che rende bene l’atmosfera del romanzo. Sono da sempre la traduttrice di Anita e ho, come sempre, curato anche il glossario e vorrei capire quali sono i termini in hindi o tamil o malayalam che nel glossario il recensore osserva non siano stati da me tradotti. Perché a me risulta di averli tradotti tutti, aggiungendo anche lunghe note nel lungo glossario, a termini che lo richiedevano. Potrebbe essere utile per me saperlo. Grazie.
Francesca Diano
Gentile Francesca, grazie dell’apprezzamento prezioso per la mia lettura. Rivedendo il libro mi sono resa conto che forse per pigrizia non sono andata a leggere tutte le numerose traduzioni, forse la mia impressione è dovuta ai numerosi nomi propri intraducibili che per la nostra lingua sono difficili....Comunque complimenti per il tuo lavoro faticoso e impegnativo, impeccabile!
Mi fa piacere che abbia controllato e verificato che la sua affermazione non aveva alcun fondamento. Mi è parso doveroso precisare perché, a parte che sono una traduttrice letteraria da 30 anni, oltre che una scrittrice, tengo a fare un lavoro molto attento e scrupoloso e sarebbe stata una grande trascuratezza redigere un glossario monco. Che senso avrebbe avuto?
Quanto al fatto che i nomi le siano suonati esotici, trattandosi di un romanzo indiano, scritto da un’indiana e ambientato in India, è ovvio che si tratti di nomi indiani. Non ho mai visto che si traducano dei nomi da una lingua all’altra, se non nei secoli passati, quando nomi stranieri venivano "latinizzati". Es. Francis Bacon, Francesco Bacone, Thomas More, Tommaso Moro ecc.
Vedrà che se leggerà altri romanzi indiani vi troverà ovunque dei nomi indiani non tradotti.