

L’Italia dei conservatori
- Autore: Francesco Giubilei
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2025
L’Italia dei conservatori (Giubilei Regnani, Roma 2025, pp. 520) ha come sottotitolo “Storia del conservatorismo italiano dall’antica Roma al Governo Meloni” ed è un notevole saggio del politologo ed editore Francesco Giubilei, il quale, in uno stile lineare e molto fluido, riesce, e bene, a illustrare l’evoluzione del pensiero conservatore in Italia, partendo dalla storiografia e dalla tradizione dell’antica Roma.
Scrive l’autore nell’introduzione:
In Italia il termine “conservatore” non ha mai goduto di buona fama come in altre nazioni europee e, da un punto di vista politico, nel Novecento non c’è stato un grande partito di massa conservatore italiano. Eppure esiste un’importante storia e una tradizione di rilievo del conservatorismo italiano di matrice latina con caratteristiche e pensatori propri.
E da questo incipit inizia tutta la storia appunto del conservatorismo italiano. Mi limiterò, data la vastità del tema e degli autori citati, ad analizzare alcuni punti che ho scelto, quali essenziali, di ciascuna epoca presa in esame.
Giubilei analizza tutte le tradizioni della Roma Antica e dei protagonisti di tale epoca. Oltre all’opera di svariati retori, tra cui Cicerone, quindi della lotta tra fazioni, cita, e particolarmente, anche Quintiliano e la sua Institutio Oratoria, nella quale il retore latino scrive delle tappe per il futuro oratore, che devono necessariamente partire dalla formazione culturale e scolastica del ragazzo che apprenderà l’arte oratoria. Non dimentichiamoci che Quintiliano fu il primo docente stipendiato dallo Stato Romano.
Quindi l’autore ci accompagna nel Medioevo cristiano, con particolare riferimento naturalmente a Dante Alighieri e ai simboli tradizionali dell’alloro e dell’Italia Turrita, che rappresentavano l’incoronazione a poeta sul Campidoglio Romano, ma anche sull’importanza dell’ora et labora della tradizione monastica.
Quindi analizza la funzione fondamentale che ha avuto la Serenissima Repubblica di Venezia per più di mille anni nel contributo alla Cristianità e ai legami con l’Oriente. Bellissima la ricostruzione e digressione sulla Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. È una pagina di storia da non dimenticare poiché è l’ultima, vera e autentica crociata che ci si tramandi. Ed è quel medesimo spirito che si incarnò in Eugenio di Savoia, al servizio di ben tre imperatori d’Austria e vincitore più volte dei turchi. Ma, come sappiamo, Lepanto non fu la definitiva uscita di scena e la sconfitta della potenza turca; fu la vittoria morale con risultati politici e materiali immediati molto modesti. Infatti pochi anni dopo i turchi ebbero nuovamente ragione e lo spirito di San Pio V non c’era più. La pagina di Lepanto, praticamente, rappresentò lo scontro tra due mondi e due civiltà. È il significato cristiano, e tradizionale del bene che deve emergere, cercandolo e mettendolo in evidenza.
Il saggio del Giubilei prosegue con accenni alla Rivoluzione Francese, quindi all’Ottocento. Quindi ecco l’opera fondamentale del Vico e della sua tesi del protagonismo nella Storia di tutti i tempi della Provvidenza, tema fondamentale dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni insieme al “bene ed al male”. In questo capitolo, Francesco Giubilei si sofferma su un grandissimo storico, alle volte dimenticato, Vincenzo Cuoco, che fu sostanzialmente antilluminista e si pose, col suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801; II ed. 1806), sul piano della polemica antirivoluzionaria che negli anni immediatamente precedenti avevano perseguito Edmund Burke nel Regno Unito e Joseph-Marie de Maistre in Francia. Il Cuoco sostiene, senza dubbio, il richiamo e la difesa della tradizione di fronte all’imperante giacobinismo dei rivoluzionari, che si traduce in una critica totale e nel rifiuto del razionalismo illuminista, tacciato di astrattezza.
Ed eccoci al Novecento, con un’attenta e precisa analisi degli svariati pensatori e scrittori. E qui troviamo un ulteriore storico volutamente dimenticato, ma che attualmente viene molto rivalutato: Gioacchino Volpe e il suo “realismo storiografico”, che emerse nelle ricerche sull’età medievale da cui Volpe trasse spunti fondamentali per i suoi studi successivi sul Risorgimento italiano e l’Italia liberale, con aperture di metodo che sottolineavano gli aspetti creativi dell’esperienza umana e quindi della Tradizione in genere. È naturale soffermarsi in questo capitolo alla creazione e diffusione del Fascismo, che non è, secondo Francesco Giubilei, un movimento conservatore, in quanto nasce socialista e non sicuramente di destra. Che poi assuma degli atteggiamenti conservatori nel porre in risalto alcune tradizioni italiane è un altro discorso.
Sempre in questo capitolo, Giubilei analizza l’opera di colui che ritiene il padre del conservatorismo italiano, Giuseppe Prezzolini, e quindi dei suoi seguaci, come Indro Montanelli e Leo Longanesi. Quindi eccoci ai nostri giorni con la nascita del governo guidato da Giorgia Meloni, il primo Presidente del Consiglio a definirsi conservatore.
L’Italia dei conservatori è un saggio, anche se cospicuo, che si legge molto bene e rapidamente, ricchissimo di precise citazioni e note esplicative, nonché di una attenta e ricca bibliografia. Se uno volesse, grazie a Francesco Giubilei potrebbe approfondire ogni tema trattato anche solo e soltanto ricercando i libri citati nella detta bibliografia. Elemento trainante di tutto il saggio è il non confondere il conservatore con il reazionario o con il liberale e non associarlo solo al mondo anglosassone, esistendo appunto un’importante tradizione di conservatorismo italiano con una sua precisa identità.
Scrive l’autore:
Questo libro nasce da un duplice obiettivo culturale e metapolitico; da un lato ripercorrere la storia, i rifermenti valoriali e i pensatori del conservatorismo italiano, dall’altro mostrare la strada per la destra del futuro, che non può che essere quella conservatrice, superando resistenze che ancora oggi ci sono sia a destra sia sinistra.
Sempre se esiste ancora la dicotomia destra/sinistra. E conclude:
Ripercorrere la genesi storica del pensiero conservatore italiano non è solo un esercizio culturale ma anche l’occasione per offrire al mondo politico un retroterra valoriale cui attingere partendo dalla lezione e dall’insegnamento di autori, pensatori, filosofi, scrittori del passato, per realizzare una proposta che guardi al futuro. Cultura e politica, politica e cultura, solo dalla commistione di questi due mondi si può tracciare la strada per l’Italia dei conservatori.
E credo che attualmente in politica regni poco la cultura.

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a chi vuole approfondire il tema del conservatorismo italiano
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’Italia dei conservatori
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