

In linea d’aria
- Autore: Rocco Giudice
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2025
Rocco Giudice sembra non sopportare le parole che, a furia di usarle in poesia, hanno perso senso e consistenza. Anima, amore, ricordo, rimembranze e altre cento e più si sono usurate nell’uso. Quindi bisogna ribadire più volte una verità oggettiva in questa sua ultima silloge, dal titolo In linea d’aria (Qed edizioni, 2025). Cosa trova il lettore se non sinonimi di luce, aria, anima e silenzio?
Tutto sembra già essere stato scritto. Bisogna reinventarsi, come la poesia dal titolo Giostra:
I fiori sono gialli. Luci della terra, / schiantato firmamento che accende / le parole nel cuore che le serra. / Non importano i fiori; e i colori / non più delle parole. Ma la voce tira dritto, non lo sa, né sa dove / arriverà: e se la nota è alta / o bassa o se la musica è sorda, non importa. I fiori sono gialli.
Bisogna fissare delle regole in poesie, anche a costo di ripetersi. "I fiori sono gialli" devono diventare una verità, a prescindere dall’impostura. I fiori non sono solo gialli e le emozioni in poesia non sono a comando. Giudice sembra riferirsi ai versi che ci conducono all’emozione. Non fa nomi, ma Alda Merini veleggia su questo libro, ribadendo che le frasi poetiche devono servire per emozionare il lettore con la passione, l’amore, il dolore, la sofferenza. In caso contrario, che ci facciamo con poesie ermetiche, con vocaboli che non si attagliano più al fraseggio corrente? Diventano incomprensibili.
Canto o oblio, dice la prima sezione della silloge. Se non capiamo il perché scriviamo, la poesia diventa enigma, sconosciuta ai più. Oppure le poesie diventano simboli di protesta su due popoli contrapposti, ma Giudice non scrive per fare delle sue opere un manifesto politico. Della poesia dal titolo Incipit, scriviamo solo i primi versi:
Un primo istante non lo vedi mai. / Perso il punto di partenza, tutto / sa di rinvio, di perenne ritardo, / rivelando la promessa nascosta / in un falso inizio, morta com’è nata / per un contrattempo, da un eccesso / di delicatezza, vecchio vizio.
Quindi le poesie devono diventare un fronte di guerra, usando nuove parole? E della delicatezza implicita nello scrivere rime resta ben poco.

In linea d'aria
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Egregio signore,
sono Rocco Giudice, autore di "In linea d’aria", poesie che mi sono state pubblicate dalle edizioni Qed. La brevità della nota di lettura che lei ha immeritatamente dedicato alle mie poesie non le ha impedito di addensare arbitrio e vaghezza, la cui portata esorbitante non ha sofferto dei limiti in cui l’ha costretta il suo elaborato. Non starò a elencare tutto ciò che le fa caso attribuirmi per aver l’agio di smentirmi: da "emozioni che non sono a comando", pretesa che non ho mai avuto, fuori e dentro le pagine; a "fiori che non sono solo gialli", come se io esigessi lo siano tutti solo perché gialli sono quelli che figurano nella poesia d’apertura. Né è chiaro
cosa l’abbia indotto a credere che nei miei versi "aleggi" il nome di Alda Merini.
Non sarà necessario aggiungere altro solo perché ancora più eclatanti vacuità lei assomma a questo scarno, ma sintomatico indice di incongruenze a cuor leggero e pensiero automatico. L’inconsistenza degli argomenti a riscontro dell’insussistenza degli appunti da lei mossi vanno oltre il caso specifico.
Rimane inspiegabile, dopo che lei ha sentenziato trattarsi di poesie "che vanno messe in riga perché facilmente dimenticabili", che non lei non abbia dato corso a una raccomandazione così perentoriamente espressa rivolgendola non si capisce a chi a per dimenticarsene poche righe dopo. Non avrebbe potuto dimostrare meglio quanto poco lei stesso profitti delle sue parole perché a esse debbano dare credito e maggiore attenzione coloro che avessero a leggere ciò che lei ha scritto a proposito di quanto ha scorso con tanto bello spirito di servizio.
Stia contento così.
Rocco Giudice.