Il sanguinaccio dell’Immacolata
- Autore: Giuseppina Torregrossa
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2019
Il sanguinaccio dell’Immacolata (Mondadori, 2019) è il terzo romanzo che la scrittrice Giuseppina Torregrossa, nata a Palermo e che vive tra la Sicilia e Roma dove ha lavorato più di vent’anni come ginecologa, dedica alla figura del commissario Maria Teresa Pajno, detta Marò, del Commissariato del quartiere Politeama, già protagonista di Panza e prisenza (Mondadori, 2012) e de Il basilico di Palazzo Galletti (Mondadori, 2018).
“Allora vado a camminare”. 7 dicembre. Palermo. Marò si era appena svegliata decisa a correre per combattere l’insoddisfazione che era preda del suo animo da qualche tempo. Ma all’improvviso un tuono roboante aveva fatto tremare i vetri. Bagliori sinistri luccicarono dietro le tende, l’inverno era arrivato con una fitta grandinata. Il freddo irruppe inaspettato dalle imposte scompaginando il già fragile equilibrio della donna. Che strano, Marò aveva affrontato delinquenti, latitanti, boss e maneggiava le armi con disinvoltura, eppure da sempre aveva terrore dei temporali. Cercando un po’ di cibo per nutrirsi, Marò pensò che era tempo ormai che non cucinava più per un uomo, da quando il rapporto con il sostituto commissario Rosario Sasà D’Alessandro era finito. La bulimia, quel mostro che aveva reso infelice la sua adolescenza si era risvegliato, Marò si era gettata tra le braccia di Marina, le cui attenzioni distratte non erano servite a colmare il suo senso di vuoto. Marò pensava alla cena della vigilia che l’attendeva, una riunione di persone perbene in una villa splendida dove sarebbero stati serviti pettegolezzi nostrani e formaggi francesi.
Era arrivato quel periodo dell’anno nel quale a Palermo, secondo una tradizione consolidata, dal 7 dicembre al 7 gennaio, tutta la cittadinanza senza distinzione di ceto “veniva posseduta dal demone del gioco”. Giovani, vecchi e bambini vittime della medesima febbre, forse per esorcizzare i lunghi mesi invernali. Era giunta l’alba dell’otto dicembre, festa dell’Immacolata. Era stato trovato il cadavere di Saveria, una giovane pasticciera figlia del boss Fofò Russo. Il questore aveva ordinato alla Pajno di indagare su un delitto che almeno apparentemente non aveva alcun legame con il nucleo anti femminicidio che Marò dirigeva.
Sperò solo che la sua agonia non fosse così straziante.
Già autrice de “L’assaggiatrice” (2007) Il conto delle minne (2009), “Manna e miele, ferro e fuoco” (2011), “La miscela segreta di casa Olivares” (2014) e “Cortile nostalgia” (2017), Giuseppina Torregrossa pone sempre al centro dei suoi volumi l’autodeterminazione della donna, perché per la scrittrice “la letteratura è testimonianza, militanza”.
Ciascun romanzo della Torregrossa parla di cibo e spesso è arricchito con meravigliose ricette siciliane. Dolci squisiti come le minne, cassatelle di Sant’Agata, dolci tipici della pasticceria siciliana catanese preparati per la festività di Sant’Agata, odore conturbante di basilico, aroma di caffè speciale, miscela segreta da custodire con cura, sapori nostalgici dell’infanzia. Questa volta il titolo del libro, che vede Marò alle prese con un boss, è quello di un dolce, il “Sanguinaccio”, che in origine era una preparazione salata e che nel tempo è diventato un dessert molto diffuso in Sicilia. Come sempre accattivanti i profumi, gli aromi e i colori forti e contrastanti di un’isola, che la Torregrossa sa descrivere con pochi, ma incisivi aggettivi, che esaltano l’animo inquieto del poliziotto donna Pajno. Emblematico in tal senso l’incipit di un romanzo, che è tutto da leggere e da gustare, pagina dopo pagina.
Se non avessi visto il sole avrei potuto sopportare l’ombra, ma la luce ha reso il mio deserto ancora più selvaggio. Emily Dickinson
Il sanguinaccio dell'Immacolata. Un'indagine di Marò Pajno
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