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Recensioni di libri

Il rumore dei tuoi passi di Valentina D’Urbano

Longanesi, 2012 - Un romanzo che non passerà certamente inosservato, un esordio che farà strada quello di Valentina D’Urbano che ha come scrittori di riferimento Nicolò Ammanniti e Stefano Benni.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 28-05-2012

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Il rumore dei tuoi passi

Il rumore dei tuoi passi

  • Autore: Valentina D’Urbano
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Longanesi
  • Anno di pubblicazione: 2012

Beatrice e Alfredo vivevano alla Fortezza, un quartiere che assomigliava a una terra di frontiera situato ai margini di una grande città dove la cosiddetta gente perbene non si avventurava. In questo “porto franco, una terra di nessuno” le case erano state occupate, prese d’assalto, vinceva chi arrivava per primo.

“Mio padre fu uno dei primi a occupare. Era giovane, incazzato, voleva una casa e non gliela davano e allora la casa se la prese con la forza”.

I figli degli occupanti sono cresciuti sui marciapiedi osservando le macchine della Polizia che raramente percorrevano le strade del quartiere, perché “era un posto dove non potevano mettere piede”. Del resto gli abitanti del “ghetto delle bestie” non avevano paura delle guardie, perché non avevano niente da perdere. “Eravamo gente poco raccomandabile, gente che nessuno voleva prendere a lavorare, i rifiuti della società”. Ma anche “l’ultimo dei poveracci”, senza speranza e i loro figli “che avevano ancora meno speranze dei loro genitori”, “hanno bisogno di una storia”. Beatrice, l’io narrante, ce la racconta così come si è svolta partendo dalla cronaca del suo rapporto con Alfredo. “I gemelli ci chiamavano. Dicevano che eravamo uguali, anche se non ci assomigliavamo per niente”. In un quartiere “di ladri e di spacciatori, di tossici e di delinquenti” Alfredo e Bea si erano conosciuti da bambini “in una sera di agosto, afosa da star male” durante una delle consuete liti che avvenivano tra il padre vedovo “ubriaco marcio” di Alfredo e i figli piccoli che l’uomo si ostinava a picchiare con furia selvaggia. “Al centro, rannicchiato per terra, c’era uno spaventapasseri di bambino che piangeva tenendosi le mani in faccia”. Da quell’istante tra i due bambini era nato tutto. Quando si vive in una terra desolata come questa “periferia a ovest della città” nella quale “tutte le cose hanno un soprannome” e dove la chiesa (Pagoda) “un enorme blocco grigio malamente incastrato tra i palazzi” assomigliava a un’enclave, le soluzioni da prendere sono due. Fuggire al più presto per costruirsi una nuova vita lontana dal luogo nel quale si è cresciuti, oppure restare e perdersi. L’eroina del romanzo non si rassegna e al di là della desolazione che la circonda intravede un futuro, una speranza per un domani migliore.

Valentina D’Urbano, il cui talento è stato scoperto da Io Scrittore, torneo letterario di Gems, è nata a Roma dove vive e lavora come illustratrice per l’infanzia. Lo stile verista dell’autrice che ha dichiarato “la passione per la scrittura è nata leggendo” affronta temi importanti quali il delicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta, il disagio sociale, la solitudine e il dolore.

Un romanzo che non passerà certamente inosservato, un esordio che farà strada quello di Valentina D’Urbano che ha come scrittori di riferimento Niccolò Ammaniti e Stefano Benni.

“Mi chiamo Beatrice. È un nome particolare, che non si usa da queste parti. Mia madre l’ha sentito alla televisione in uno sceneggiato che parlava di una principessa e ha voluto chiamarmi così”.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il rumore dei tuoi passi

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Commenti: 5

  • Anonimo
    27 giugno 2012, 10:48

    libro molto bello anche se drammatico .

  • Laura
    29 giugno 2012, 10:49

    Avvincente.
    Per nulla scontato anche se l’autrice ci dice già nelle prime righe come andrà a finire.

  • Dile
    1 luglio 2012, 18:06

    Bellissimo, bellissimo, bellissimo! Un libro che tocca le corde piu’ profonde del cuore...da leggere assolutamente

  • Argeta Brozi, scrittrice
    3 settembre 2012, 10:44

    “Cercammo di smettere di essere uguali, ma non ci riuscimmo mai. Ci eravamo contaminati.” Beatrice e Alfredo: per tutti sono i “gemelli”, anche se il loro sangue non è lo stesso, anche se in realtà fratelli non lo sono. È successo tutto per caso, alla Fortezza, o forse per destino, un destino crudele che di buono aveva solo il fatto di averli fatti conoscere... La Fortezza è la città dei poveri, di quelli che occupano le case comunali, dei delinquenti, dei disoccupati, degli incompresi... una città dove però Bea e Alfredo sono cresciuti. Alfredo ha perso la madre quand’era molto piccolo e ora vive in casa con i suoi due fratelli e un padre ubriacone che non fa altro che sfogarsi su di loro... In una notte di quelli da incubo, sua madre trova il piccolo Alfredo insanguinato e spaventato e decide di prendersi cura di lui e così che la vita di Bea si unisce a quella di Alfredo. Ma tra loro è un’amicizia strana: fatta di gelosie, invidie, a volte anche di botte e graffi e urla. Eppure non possono fare a meno uno dell’altra. Loro due si capiscono, tra loro è diverso, camminano allo stesso modo, ridono allo stesso modo, condividono lo stesso letto... sono semplicemente uguali e tutti pensano che stanno insieme, anche se non è così. “Certe volte ti dimentichi le cose che hai vissuto. Le lasci da parte perché ti sembrano infantili, prive di senso, e allora le abbandoni lì a farsi seppellire. Le rimuovi, fino a che non succede qualcosa che te le fa ricordare. E allora cambia anche la visione della realtà.”

    "Il rumore dei tuoi passi" di Valentina D’Urbano è un libro crudo, violento, a volte forse troppo, con un finale amaro che chiude una storia di per sé già triste, ma che ti resta dentro per la sua forza. Il romanzo si apre con uno scenario che subito scuote: la bara dove è contenuto Alfredo con sopra un girasole. E Bea ne ripercorre la vita, la sua, la loro, per mostrarci i mille volti di Alfredo, il suo odio per lui, il suo amore per lui... perché in fondo il suo è solo amore, un amore che dalla morte, a volte, può portare anche alla vita. “Lui amava come un cane, con la stessa insensata fiducia, con lo stesso cieco trasporto.”

  • morena
    3 settembre 2012, 15:26

    scritto bene,coivolgente.

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