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Recensioni di libri

Il malacologo di Lorenza Raponi

Rubbettino, 2021 - Pur nella densità del testo, così pieno di personaggi e di vicende, Lorenza Raponi ci consegna un racconto leggero, il ritratto a tutto tondo di un uomo insolito, ricco di umanità.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 07-10-2021
Il malacologo

Il malacologo

  • Autore: Lorenza Raponi
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Rubbettino
  • Anno di pubblicazione: 2021

Dal titolo, difficilmente comprensibile fino alle pagine finali, alla conclusione della storia, ci si interroga sul suo significato seguendo il ragionamento che Lorenza Raponi, autrice di questo insolito e prezioso piccolo volume edito da Rubettino, Il malacologo, si chiede nell’incipit del libro: non è che in parte una storia vera,

“D’altra parte, quale storia, raccontata, riferita, è davvero vera? E poi, comunque, ‘vera’ per chi, da quale punto di vista, in quale momento?”

Un amico dell’autrice, Logan Donegan, è il personaggio principale di questa serie di avventure, del corpo e della mente, in diversi luoghi della terra, tra persone diverse, che parlano lingue diverse, che hanno attitudini e mestieri diversi e diversa modalità di affrontare l’esistenza.

Logan lo incontriamo a Montorio, poco lontano da Roma, in campagna. È un allevatore di lumache, esperto, appassionato: i piccoli animali sono collezionati, catalogati, inventariati; provengono da diversi luoghi e hanno caratteristiche assai differenti, che solo un competente come Logan è in grado di valutare e apprezzare. Suo vicino è il contadino siciliano Bastiano, che parla poco l’italiano a vantaggio di uno stretto dialetto della sua terra, dove le lumache si mangiano e hanno un nome melodioso, i babbaluci.

Nel condominio di piazza Tommalini a Roma abitano una serie di personaggi che faranno la loro comparsa nella storia: una anziana signora allettata, assistita da una fidata ragazza filippina, Grace; un portiere straniero, una donna ormai non più giovane, Adele: è la compagna non riconosciuta da Logan, che con lei ha condiviso viaggi e tempo, scambi di idee, affetto, ma mai ha voluto regolarizzare la loro unione, e ormai è tardi.

Logan in effetti ha vissuto a lungo in Nigeria, dove aveva conosciuto Ndali, una ragazza indigena, bella e colta, e i due si erano innamorati. Lei però non aveva potuto sottrarsi alle tradizioni imposte dal padre che l’aveva sposata, infelicemente, a un uomo più vecchio ma parte della loro comunità nera. Ora è passato tanto tempo, e Logan nel suo peregrinare aveva conosciuto una ragazza bulgara, Darina, a cui si era legato, ma anche con lei non aveva stretto una vera unione.

Purtroppo Logan sarà colpito da un’emorragia cerebrale, e la sorella amata, Elspeth, che vive e lavora a Nagoya in Giappone, dovrà raggiungere Roma per assisterlo nell’ospedale in cui è ricoverato.

La parte finale di questo romanzo è struggente: inutile nascondere la commozione che si avverte nel tempietto egizio del Verano dove verrà dato l’addio definitivo a Logan. In questa improvvisata celebrazione Lorenza Raponi dà il suo meglio: tutti i fili della storia si riannodano, tutti i sentimenti che hanno attraversato i continenti si collegano, tutti i personaggi che hanno avuto parte nella avventura della vita di Logan trovano il loro posto giusto e la loro ragion d’essere.

Tuttavia l’aspetto peculiare di questa operetta è il ruolo attribuito alla lingua, alle lingue: l’inglese è la madrelingua di Logan e sua sorella che vengono dalla Scozia; tuttavia tutti i vari attori parlano quella come la lingua di comunicazione, Ndali, Darina, Mihaila, Jimmy, Grace. Un inglese imparato per lavorare, per comunicare con l’amato Logan, per scrivergli. Poi c’è l’italiano, che si parla a Roma, dove si svolge una parte importante della storia, che molti parlano malissimo, come la colf Grace, o come Adele, che non conosce altro che la sua. Logan era stato un uomo semplice, essenziale, ricco solo delle sue esperienze di scienziato, di viaggiatore, di uomo aperto e curioso:

“Lui, così sobrio, serio, compassato, di giocare con le parole non si stufava mai. Le aveva raccolte in giro per il mondo e rappresentavano la storia della sua vita, i suoi racconti più erano intraducibili, più lo appassionavano […]. La sua capacità di manipolare le parole di lingue diverse, lo snodarne le etimologie, lo srotolarne le connotazioni, il cercare connessioni sono sempre rimaste attività misteriose.”

Molti brani in inglese, molte citazioni di autori negli esergo dei capitoli, brevi ma molto efficaci: Alda Merini, John Donne, Etty Hillesum, Shakespeare; molti spostamenti nello spazio e nel tempo, tra Africa, Europa, Asia, in città e in campagna, tra le rose bulgare e i babbaluci carnosi, tra le tradizioni Giapponesi e quelle scozzesi, tra canzoncine popolari e cibi esotici, rendono questo viaggio emozionante e originale, pieno di affetti profondi malgrado la grande differenza di riti, lingue, abitudini, costumi. Pur nella densità del testo, così pieno di personaggi e di vicende, l’autrice ci consegna una sorta di racconto leggero usando diversi registri espressivi, un ritratto a tutto tondo di un uomo insolito, ricco di umanità, poliglotta della comunicazione anche solo gestuale, come nel caso del rapporto con il “vicino di terreno” Bastiano, protagonista di un episodio davvero comico nell’ingenuo tentativo di Logan di usare il traduttore di Google per decifrare il suo siciliano strettissimo.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il malacologo

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