I racconti
- Autore: John Cheever
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2009
Il treno delle 18 da New York ferma alla stazione di Bullet Park vomitando il suo carico quotidiano di pendolari in impermeabile e cravatta. Ad aspettarli, nel parcheggio, le mogli con la sigaretta accesa fra le dita e la testa nel forno dove hanno dimenticato di tenere in caldo la cena. Nel quartiere residenziale alle porte della Grande Mela tutte le famiglie sono perfette, così come lo sono i prati che circondano le villette, perfette come le feste a bordo piscina e i Martini Cocktail serviti da camerieri a nolo. Tutto è perfetto a Bullet Park e, dietro la maschera, marcio.
John Cheever ci racconta, senza censure, tutto il sudiciume nascosto sotto il tappeto della medio borghesia americana del secondo dopoguerra, e lo fa attraverso i sessantuno racconti che costituiscono tutto il corpus della sua produzione letteraria in forma breve, recentemente ripubblicata in Italia da Feltrinelli con il titolo “I racconti”. Un volume di oltre ottocento pagine all’interno del quale l’autore, uno dei massimi esponenti della narrativa americana moderna, scandaglia tutta la desolazione di coloro i quali sono costretti a dissimulare un matrimonio fallito, un tracollo finanziario o la presa di coscienza dei propri limiti, al massimo annegandoli in un abbondante aperitivo.
Sono tutte perle questi racconti, microcosmi affollatissimi, fra i quali spiccano per bellezza “Il nuotatore”, “Il quarto allarme”, “L’accelerato delle cinque e quarantotto” e “Riunione”, solo per citarne alcuni. Presentati nell’ordine fortemente voluto da Cheever, mostrano l’evoluzione stilistica e virtuosistica dello scrittore, la sua escalation dai primi tentativi fino alla piena maturità.
Un’opera essenziale per conoscere John Cheever, gli Stati Uniti di quel periodo ed il loro fermento narrativo.
“(…) ci rilassiamo e ci godiamo la compagnia, perché i Beer sono simpatici – lo sono sempre stati – e adesso sembrano anche intelligenti, perché cos’altro è stato se non intelligente da parte loro sapere che prima o poi l’estate sarebbe ritornata?”
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Spendido e non aggiungo altro.
La vita nei sobborghi americani è l’elemento cardine dei racconti di Cheever, perfidi ritratti di un’America profonda.
Scrittore da poco rivalutato, Cheever è stato soprannominato “il Cechov dei sobborghi”, per la capacità di raccontare storie minime e congegnare meccanismi perfetti, oltre a dare l’idea di un ceto medio di metà Novecento che non riesce ad interrogarsi su se stesso.
John Cheever ambienta i suoi racconti nelle periferie di New York. Non è l’America rurale quella che rappresenta né quella della metropoli, mala vita di gente normale, ordinaria, anche noiosa. Nella maggior parte dei racconti i protagonisti sono uomini di mezz’età, non fanno gesti eroici, ma affrontano i problemi quotidiani, non sempre riuscendo a risolverli.
L’elemento straniante è che queste persone si risvegliano e mettono in discussione quello che fino ad allora hanno fatto. Il piccolo borghese, il travet, cambia la sua vita anche per un istante, ma quell’istante dura per sempre nella sua mente.
Interessanti sono le descrizioni delle villette, delle feste, dei rituali inutili, la descrizione degli oggetti che diventano una specie di feticcio da cui trarre vita. Non dimentichiamo che siamo negli anni Cinquanta: gli elettrodomestici e la pubblicità rendono la vita più semplice, ma anche più banale. La gente si accontenta di poco e anche se ha la percezione che tutto è sbagliato difficilmente cambierà strada.
Quella di Cheveer è una visione pessimista della vita, coperta da un eccezionale pudore nella forma e nei contenuti. Da leggere assolutamente.