

Gli anni di Mara
- Autore: Marco Barbieri Bottoni
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Trovare il diario della propria madre [...] è come leggere una fiaba prima di addormentarsi e poi accorgersi in sogno che era un thriller, comunque sia è la cosa più psichedelica che ti può capitare.
Nelle prime righe del suo racconto Gli anni di Mara (Edizioni Pendragon, 2024), Marco Barbieri Bottoni, il figlio della Mara, ci introduce al lungo viaggio che lo scrittore, ormai ultracinquantenne, compie nelle pagine dei diari della madre all’indomani della sua scomparsa. Si tratta di brevi righe, estremamente sintetiche, talvolta criptiche, spesso poetiche, accompagnate da date, orari, notizie metereologiche, citazioni di luoghi, di nomi, di eventi che solo la memoria e la capacità di analisi del figlio riescono a decifrare, analizzare, collegare, dando loro un senso e trasformando quelle parole scarne, avare e sintetiche in una racconto corale che ha per protagonisti Mara, suo marito Lido, suo figlio Marco, i suoceri Vittoria e Alfredo, la madre Mietta e i tanti personaggi di contorno che hanno fatto della vita delle famiglie Barbieri e Bottoni, un microcosmo nel borgo di Vada, nella Maremma toscana, esemplare della vita di una comunità contadina prima, e poi operaia e dunque piccolo borghese dell’Italia dagli anni ‘70 del secolo scorso fino ad oggi. Pagine di storia minuta, di piccoli eventi inscritti nella grande storia, che hanno scandito le fasi dell’esistenza di comunità un po’ appartate, passate dalla civiltà veramente contadina, con riti quasi arcaici, alla modernità dell’industrializzazione. A Rosignano marittimo la Solvay costruì una grande fabbrica, con intenti paternalistici sul modello del grande industriale Adriano Olivetti, convertendo i contadini della zona in operai a cui venivano forniti alloggio e altri vantaggi a quel tempo insperati ma fondamentali.
La figura di Mara, una sarta che lavorerà sempre in casa, madre del viziatissimo Marco, è al centro della narrazione: bella donna, madre, moglie e nuora esemplare, vive in perfetta sintonia con il modello femminile del tempo. Famiglia comunista, lei cattolica, si troverà ad affrontare un tema davvero spinoso, l’omosessualità dell’unico figlio: un tabù che la società patriarcale non era in grado di affrontare consapevolmente. Marco vedrà nelle sfumature, nelle pieghe più riposte della psicologia dei genitori, la difficoltà di vedere e accettare una condizione di diversità alla quale nulla li aveva preparati. Mentre la sessualità etero scorre in tutte le pagine in cui compare la nonna Vittoria, contadina forte, saggia, prepotente, ironica, che scherza con gusto sull’anatomia, sui rapporti intimi, al contrario sull’omosessualità la reticenza, i silenzi, i sottintesi costituiscono il lessico di una comunità perbenista, moralista, che non ha la preparazione per affrontare un mondo sconosciuto. La Mara, che da giovane ha seguito l’amica Delia, più moderna e spregiudicata, in una gita a Porretta Terme di cui si continuerà parlare a lungo, insieme rappresentano due Italie:
una accelerata, l’altra ancorata al passato; una moderna, l’altra anacronistica; una che guarda agli elettrodomestici con indiscutibile fiducia, l’altra che dice ‘son tutte delle ciucianate’.
Nelle pagine poetiche dei titoli del diario troviamo le segnalazioni dei viaggi, dei compagni, degli amanti, delle case, dei successi del figlio amato, a cui la sarta cuce dei cappotti, anche se lui è bassino e li indosserebbe meglio se fosse stato un po’ più alto; e poi ricette di cucina, le migliori quelle di nonna Vittoria, tranne la ribollita, che lei disprezzava, la permanente, la dentiera, gite, viaggi a Roma, a Bologna, matrimoni, funerali, malattie, il tifo per la squadra di calcio, i preti, i parenti in visita, il dialetto: già, l’uso del dialetto locale che Marco Barbieri riporta fedelmente nelle frasi della Mara, della Vittoria, delle varie zie, sorelle, parenti che si susseguono nella lunga vita di famiglia, e che ci avvicinano a questi personaggi che sembrano usciti da una bella sceneggiatura cinematografica.
Nelle pagine finali del quasi diario della Mara viene rievocato un episodio avvenuto durante la guerra; un aereo americano era stato abbattuto, e il pilota ricognitore si era lanciato con il paracadute: ma era un nero, “nero come la pece”, come aveva urlato Vittoria. In realtà era delle Hawaii, e fu nascosto, rifocillato e accolto dalla comunità, divenendo amico dell’allora diciassettenne Lido, che ne ereditò il giubbotto: “uno dei più bei discorsi da ascoltare dopo la Liberazione”, afferma convinto lo scrittore Marco, erede a sua volta del giubbotto da aviatore vintage. Ecco la grande storia che si mescola a quella del quotidiano, di cui questo libro è un esempio davvero significativo.

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