Festival Internacional de Cine en Guadalajara, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons
Dieci anni fa moriva in Messico il celebre scrittore Gabriel García Márquez (1927-2014).
Nato in Colombia si dedicò da giovane al giornalismo e fu corrispondente estero per diversi giornali. Visse così in Europa, negli Stati Uniti, in Messico, a Cuba.
A Cuba divenne amico di Castro e conobbe Che Guevara Una amicizia da lui definita non politica, ma letteraria. Lavorò per diversi anni per la principale agenzia di stampa cubana e rimase fedele al regime.
Nel 1971 il governo cubano fece arrestare e poi costrinse ad una pubblica autocritica, in cui accusava sé stesso e la moglie (condizione imposta per l’immediato rilascio e la concessione del visto d’uscita), il poeta Heberto Padilla, per avere scritto contro la Rivoluzione e il castrismo. Molti intellettuali socialisti e comunisti, tra cui Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Alberto Moravia, Mario Vargas Llosa, Federico Fellini e altri firmarono una lettera di critica al governo cubano, rompendo di fatto i loro rapporti e il sostegno a Castro. Márquez non firmò.
Ma per molti giovani del 1968 le frequentazioni di Márquez erano importanti e il Che era l’eroe del momento. E forse la biografia di Márquez contribuì al successo dei suoi libri.
Cent’anni di solitudine, il capolavoro di Gabriel García Márquez
Nel 1967 Márquez pubblicò la sua opera più conosciuta: Cent’anni di solitudine. L’anno dopo venne tradotta e pubblicata in Italia da Feltrinelli.
Ebbe un grande successo e venne tradotta e pubblicata in circa quaranta paesi.
Link affiliato
L’opera, che è ambientata in un immaginario villaggio chiamato Macondo, è per così dire senza spazio e senza tempo. Infatti non ci sono date né elementi che contraddistinguono la collocazione geografica del paese.
Tuttavia si è propensi a collocarlo in Colombia in un periodo che va dal 1830 a secolo scorso.
Il villaggio nasce per iniziativa del protagonista seguito da una ventina di seguaci e dalle loro famiglie. È un paese povero in cui l’unica novità e rappresentata da un gruppo di zingari che vi si reca una volta l’anno con una attività di tipo circense. Portano ogni volta una novità della tecnica e si fanno pagare per mostrarla: la prima volta si tratta di due grosse calamite, la seconda di un cannocchiale. I pochi abitanti del villaggio sono interamente isolati e per loro ogni cosa è una novità.
Il romanzo segue la vicenda del protagonista e della sua famiglia per sette generazioni. Cento anni appunto in cui il piccolo villaggio rimane isolato.
I protagonisti invece non sono affatto isolati e vivono di fede cattolica, di credenze, di ignoranza, di qualche tentativo di conoscere meglio le cose. Ricorda opere italiane come Il deserto dei tartari o Il barone rampante.
In Sudamerica segue un filone preciso: è quello del realismo magico. Si tratta di un filone letterario diffuso in America latina, dove la cultura è un mix di fede cattolica, tradizione dei tantissimi emigranti europei, cultura e racconti fantastici delle popolazioni indigene locali.
Il realismo magico ha i suoi precursori nel romanticismo tedesco che fu caratterizzato dalla riscoperta di fiabe e che aveva attenzione per il mondo magico.
Cent’anni di solitudine fu anche un’opera che per prima fece conoscere in Europa e in Italia gli scrittori sudamericani, sconosciuti ai più.
Si può supporre che dati i tempi in cui venne pubblicata in Italia - maggio del 1968 - e l’editore che la pubblicò - Feltrinelli, attento alla cultura di sinistra - il successo sia dovuto alla ventata di cambiamento portato dalle manifestazioni di quegli anni di studenti che divennero i suoi fan. Lettori che di fronte a un partito comunista un po’ paludato erano alla ricerca di alternative.
Infatti l’idea che esistesse un luogo al di fuori del tempo dove l’autorità non è presente e le persone costruiscono una libera società sicuramente poteva piacere, con una visione un po’ utopica e un po’ anarchica.
L’opera alterna un linguaggio elaborato nei momenti descrittivi e semplice nei dialoghi. Usa tecniche narrative come quella del flashback o quella che potremmo definire del flashforward (prolessi).
L’incipit per esempio vede il protagonista davanti al plotone di esecuzione, ma poi si va a ritroso nel tempo e il lettore rimano con l’animo sospeso.
Da molti è considerato una sapiente opera di marketing, per altri un romanzo difficile da leggere proprio perché non segue un ordine cronologico.
Cronaca di una morte annunciata
Link affiliato
Molto più lineare invece è Cronaca di una morte annunciata, che narra una vicenda che probabilmente rispecchia la mentalità antica e ormai superata dell’omicidio d’onore. Lo scrittore enfatizzando tutti i vari aspetti crea una trama avvincente e ricca di pathos. Dal romanzo è stato tratto un film che rispecchia la trama del romanzo. È più che una denuncia del delitto d’onore: è una storia d’amore che sa resistere al tempo.
Il romanzo, pubblicato nel 1981, si basa su una storia vera, avvenuta trent’anni prima. Lo scrittore ne era rimasto colpito, ma per rispetto dei parenti della vittima aveva pubblicato il suo romanzo solo quando erano tutti scomparsi.
Lo ambienta a Macondo. Una ragazza sposa un ricco e affascinante straniero, ma quando lo straniero scopre che non è più illibata la ripudia. L’intera famiglia della ragazza ne risulta disonorata. I due fratelli della ragazza devono obtorto collo uccidere il colpevole.
Dicono a tutti quanto stanno per fare nella speranza che qualcuno lo avverta e l’interessato fugga. Ma non avviene. E così il delitto si realizza, per un insieme di circostanze sfortunate, alle quali lo scrittore sembra dedicare più attenzione che non alla tradizione del delitto d’onore.
Nella vicenda vera, la vittima fu un italiano, nel romanzo è un giovane possidente di origine araba.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rileggere Gabriel García Márquez, a dieci anni dalla morte del maestro del realismo magico
Lascia il tuo commento