

Fino a quando esisto
- Autore: Letizia Dimartino
- Genere: Storie vere
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2021
Fino a quando esisto (A&B Editrice, 2021) è una silloge della scrittrice Letizia Dimartino assai armoniosa, anche nella caducità della vita che forse rimpiangeremo, anche per gli oggetti che ci sono appartenuti e che restano, mentre noi andiamo via.
Letizia Dimartino non ha paura delle parole, perché sono il metronomo di una vita dove sono ormai necessarie le medicine e al contempo la vitalità dei ricordi di un amore lontano o solo immaginato.
La verità è che i versi dell’autrice sono già gesti di amore, anche se in alcune confessioni che la Dimartino vuole che i suoi lettori sappiano che un amore c’è stato, ma la malattia presente copre tutto, investe i rapporti interpersonali, ci lascia con oggetti che più non usiamo o usiamo fin troppo. Come chi sta a letto e stenta a dormire e prende il porta-pillole, ma le vertebre fanno male e le notti sono eterne, sempre uguali.
Indubbiamente gli stati d’animo della scrittrice sono esacerbati da dolori continui e il parlare d’amore è forse il ricordo di un corpo pieno di vitalità e di gioia che non c’è più
E lei tremò. Era una fine. / Sorreggeva qualcosa - la sua testa che si sposta? - / il mattino che addormenta, una tazza un bicchiere / il silenzio della stanza / scuote i capelli / stringe le dita e crede che tutto / avrà fine fra le coperte e il lino del letto / invece è come fare un viaggio lungo / col respiro nascosto. / Lei non aveva un amore. Era in una casa. / La casa girava intorno. Le sue braccia intorno al letto./ Le dita con le dita / Le labbra solitarie, da tempo. E tempo.
In questi pochi verso possiamo trovare addirittura la poetica della Dimartino, la sua cifra stilistica. Questa ossessione per gli oggetti che restano inermi, lì dove li abbiamo appoggiati, anche quando saremo morti, ci sarà una tazza e un bicchiere, magari in cucina, ma sono lì, inutili perché non saranno più usati per anni e anni, per sempre?
E poi c’è la stanza da letto, col letto e le coperte e il lino dove tutto avrà fine, con la morte o anche solo con la smemoratezza per cui non farai più caso se sei in lenzuola di lino o altro. Il viaggio è una cesura per dire che la donna che abita in quel letto perché ha una casa, non ha un amore.
Il non avere amore, potrebbe darsi, che è la condizione della solitudine più che dell’amore come eros. In questi versi chi scrive non trova traccia di nostalgia erotica, salvo un accenno, ma i dolori e l’età passata non sembrano far rimpiangere alla donna che dorme - ma il più delle volte è sveglia - delle braccia intorno al corpo. Lei che dorme nel lino, e la casa le gira intorno. Le sue braccia intorno al corpo sono le braccia della casa, chi ci vede le maschie braccia di un uomo che le cinge il corpo fa solo delle congetture, ma forse la poesia di questo millennio si rivitalizza con le congetture e quindi le labbra solitarie sono quelle che dovrebbe baciare questo uomo ipotetico:
che le cinge il corpo e non labbra solitarie perché non può muoverle per parlare con qualcuno che le abbia fatto visita, una vicina, un figlio lontano, perché lei è da tempo che passa o giorni al letto quando i dolori le attanagliano il petto.
Ma poi è anche giusto fare congetture sulle parole, significa che uno scritto poetico è letto da più persone e ognuno ci vede quello che maggiormente ama o detesta.
I veri poeti come Letizia Dimartino avrebbero piacere a dibattere su quello che hanno scritto, come i narratori e i saggisti e i filosofi.
Per questo motivo si fanno le presentazioni di un libro appena pubblicato, per ascoltare le parole dei lettori, ognuno con le sue personali congetture. Mentre, di questi tempi, siamo stanchi di pensare e crediamo alle verità di chi è sempre sui giornali.
Invece, in questo caso, mi sembrano importanti le parole di Roberto Amato nella postfazione di questa bella e tormentata poesia di Letizia Dimartino, Il dolore:
Fa precipitare il testo in un letto di contenzione. Potrebbe semplicemente sembrare il letto della malattia. Il cerchio magico dei farmaci. La corolla salvifica dei medicamenti. Invece si scende ben oltre il livello dei lenzuoli. Verso una zona sotterranea dove la Sconfitta sembra l’ultima realtà possibile.
Ma anche in questo caso è una congettura, nemmeno Letizia Dimartino sa cosa voleva scrivere esattamente, perché scrive poesie.

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