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Recensioni di libri

Disastro capitale. Roma al bivio di Mario Ajello

Rubbettino, 2016 - Alla vigilia dei ballottaggi Mario Ajello pubblica un saggio impietoso che attraversa il passato recente e il presente, disastroso, di Roma, la sua grande bellezza e la speculare bruttezza, l’istinto di sopravvivenza dei suoi abitanti, gli unici in grado di salvarla.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 17-06-2016

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Disastro capitale. Roma al bivio

Disastro capitale. Roma al bivio

  • Autore: Mario Ajello
  • Genere: Politica ed economia
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Rubbettino
  • Anno di pubblicazione: 2016

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“Roma al bivio”, recita la didascalia in copertina a “Disastro capitale”, il saggio che il giornalista Mario Ajello, che segue sul Messaggero con attenzione e competenza le vicende romane, ha appena pubblicato per l’editore Rubbettino, proprio nei giorni precedenti l’appuntamento elettorale, i ballottaggi, che decreteranno il nuovo sindaco della capitale italiana, dopo i danni incommensurabili che le precedenti amministrazioni hanno lasciato all’ultimo inglorioso sindaco, l’ineffabile chirurgo Ignazio Marino, nei cui confronti Ajello è durissimo, raccontando nel suo libro molto di ciò che noi romani sapevamo, ma anche molto di quanto ignoravamo.

Il libro di Ajello contiene trentatre piccoli capitoli, preceduti da una prefazione di Virman Cusenza, che dichiara che questo purtroppo non è il tempo dei miracoli, ma tuttavia è il

“Tempo di fare gli straordinari, di dedicare un surplus d’impegno a una metropoli che ne ha urgente necessità”.

Ed ecco che l’autore, pur preciso ed estremamente severo nel raccontare cosa sono stati gli ultimi disastrosi anni nel sistema amministrativo del Campidoglio, sembra offrirci chiavi di lettura in positivo, confidando forse nel carattere dei romani, nella loro capacità di ripartire:

“Saranno le persone a liberare Roma. Perché tutto si può pietrificare, tranne l’istinto di sopravvivenza”.

Sono le parole con le quali Ajello conclude il suo violento pamphlet, nel quale però si respira anche l’ironia, la cultura, la capacità di guardare in alto, la presenza di tanta bellezza di cui c’è estrema consapevolezza e urgente bisogno. Roma, sembra dirci lo scrittore, non è solo Buzzi e Carminati, la banda della Magliana, Mafia Capitale, il funerale del padrino Casamonica, il rogo di Fiumicino, la metropolitana più brutta del mondo, i Tredicine e i loro camion parcheggiati davanti a monumenti, i finti gladiatori, la distruzione selvaggia della Barcaccia di piazza di Spagna ad opera di tifosi di calcio olandesi, e quella ancora più grave della scalinata del Colosseo Quadrato all’Eur, ad opera di teppisti nostrani praticamente impuniti...
No, Roma è anche la Grande Bellezza, è la città pasoliniana, quella raccontata nei film più famosi, da Vacanze Romane a I soliti ignoti, da Moretti a Sorrentino e Garrone. Con la sua tagliente ironia e le sue vaste letture Mario Ajello sa citare al momento giusto il sindaco Argan, che affermò che

“Nessuna città sa peggiorare meglio di Roma”

o, a proposito della sceneggiata che fu messa in atto prima delle dimissioni di Ignazio Marino, la frase di Baltasar Graciàn,

“E’ regola dell’uomo avveduto abbandonare le cose che lo abbandonano. Cioè non aspettar di essere un astro al tramonto”.

Mario Ajello ha girato moltissimo Roma, sullo scooter, sui lentissimi autobus, sulle disastrate metropolitane, sul trenino Roma-Viterbo; ha parlato con i tassinari, con gli autisti dell’Atac, con le hostess all’aeroporto, con i vigili urbani, specie rarissima sulle strade di Roma, ha visto le buche, crateri ormai divenuti leggendari che deturpano gran parte delle strade cittadine, ha constatato il degrado totale nel quale versa Colle Oppio, a cui dedica una rovente ed indignato capitolo dal titolo esplicito: “la mutande di Colle Oppio”, che racconta con un linguaggio colto, pieno di anafore, di accumulazioni, di neologismi:

“Mutande e coperte buttate sul prato che puzza, mutande e resti di cibarie tutt’intorno, mutande e bottiglie rotte, mutande e frammenti di frutta sbucciata, mutande e lattine di benzina o pipì. Mutande e mutande e mutande. La terrazza che affaccia sul Colosseo è così. La Grande Bruttezza eccola qua.”

Mi accingo a votare per il nuovo sindaco, come altri milioni di romani, sapendo che i danni, che così bene l’autore ci racconta, danni fisici, morali, economici, ambientali, un sacco di Roma prodotto da moderni Lanzichenecchi, dai nuovi barbari, sarà difficilmente risarcibile, soprattutto se la classe dirigente capitolina continuerà i suoi atteggiamenti gattopardeschi, se il governo centrale non sarà in grado di comprendere che salvare Roma dal degrado è una scommessa politica che segnerà il futuro dell’intero paese.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Disastro capitale. Roma al bivio

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