Delitto al Palatino
- Autore: Andrea Frediani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2024
Andrea Frediani: grande firma non mente. Bestseller a ripetizione i suoi romanzi storico-thriller-avventurosi. Il più recente, Delitto al Palatino, novità nella collana Nuovi Narratori Newton Compton (giugno 2024, 280 pagine), apre la serie delle inchieste di un giovane investigatore in calzari e sembra avviato all’ennesimo successo, di pubblico, di vendite e di apprezzamento, come sempre (quod plerumque accidit) per l’ispirato narratore capitolino.
“Divulgatore storico tra i più noti d’Italia” lo presenta la casa editrice romana, che si è assicurata i suoi lavori da tanti anni, i saggi di storia antica e recente, le serie Gli invincibili e Roma Caput Mundi, la trilogia Dictator, gli innumerevoli. romanzi. Come si nota dai titoli in catalogo, il genere narrativo resta tipicamente storico, ma l’ambientazione varia da epoca ad epoca, con una certa predilezione di Andrea per le vicende dell’Urbe antica.
Andiamo a Roma anche stavolta, ma siamo nel tardo impero, dopo la svolta religiosa di Costantino nei primi del IV secolo. Il contesto religioso è senza dubbio un connotato rilevante, la fede in Cristo ha libertà di culto nell’Impero dall’Editto di Milano del 313, i suoi proseliti diventano sempre più numerosi e si impongono.
Roma stessa ha subìto un capovolgimento, in termini di rilievo politico nell’Impero. L’ex Caput Mundi è diventata periferica, non è più la capitale del mondo conosciuto, lo sguardo dei successori di Augusto si è spostato ad Oriente, il trono è a Bisanzio, Costantinopoli. Sui sette colli, i nostalgici della grandezza dei secoli passati non nascondono il malumore, l’invidia nei confronti delle “capitali surrogato” preferite dai nuovi Cesari.
Tuttavia, è a Roma che Costanzo II, figlio di Costantino, ha scelto di venire a festeggiare i vent’anni di regno, nella primavera del 357, con un corteo trionfale dell’esercito e dell’imperatore, come non se ne vedevano dalla vittoria del padre su Massenzio e ancora prima dai trionfi dopo le grandi battaglie dei secoli passati. I romani che contano, nobili e quasi tutti esponenti del partito pagano, borbottano che Costanzo non avrebbe niente da celebrare a titolo di successo personale, visto che non ha mai calcato un campo di battaglia. Semmai dovrebbe esaltare le vittorie dei suoi generali sugli avversari, interni ed esterni. Per inciso, anche l’imperatore professa la fede cristiana, sebbene nella variante dell’arianesimo.
Mentre si svolge il trionfo, verso il colle Palatino, si delinea il crimine che dà nerbo, sostanza e ragion d’essere alla nuova e sempre eccellente fatica narrativa di Andrea Frediani.
Una donna si fa largo a stento tra la folla, per raggiungere Orfito, il prefetto dell’Urbe e denunciare un oltraggio subìto. Le lacrime che rigano il volto e l’aspetto affranto non farebbero pensare a un’aristocratica, ma l’abbigliamento e gli schiavi che la scortano, per quanto dispersi nel caos, convincono l’alto funzionario che a presentare un’accorata denuncia è un’aristocratica. Plotina, sorella del senatore Nicomaco, accusa a un altro senatore, Vetto Sossiano, di averle usato violenza, un mese prima. Lui pagano, lei cristiana e votata alla castità.
Non si finisce d’ascoltare le proteste della nobile abusata, che entrano in scena i protagonisti principali del romanzo, due giovani di famiglie aristocratiche, Quinto Aurelio Simmaco e la promessa sposa Livia.
Si direbbe che Roma imperiale sia una città più che sicura, ma non è così. Sorprende apprendere dei rischi inaspettati in agguato nell’Urbe, a quei tempi: mai aggirarsi da soli in mezzo alla folla, per giunta insieme alla bella domina Livia. Uno o più malintenzionati potrebbero approfittare della calca per borseggiare, rapinare, ferire, addirittura rapire la ragazza a scopo di libidine o sequestrare il rampollo della famiglia senatoriale, per pretendere un riscatto.
A sgridare gli incauti, è un soggetto anche lui senz’altro singolare, il goto Wolfram, una montagna d’uomo col petto gonfio di muscoli, guardaspalle del padre di Simmaco. Veste una pelliccia nonostante il clima mite. Capelli e barba sono impiastricciati di calce, l’unica risorsa di pulizia che si concede. Zoppica, per una ferita che dice di aver subito in guerra, da soldato.
Sul Palatino, Simmaco si avvicina, con Livia e Wolfram, al prefetto Orfito e alla moglie, per restituire loro la figlia adolescente, Rusticiana (c’è anche del rosa, in questa trama), rimasta isolata nella confusione tra i plebei più cenciosi. Inaspettatamente, risuona un grido improvviso di spavento, seguito da un altro e un altro ancora. Nei pressi di una domus abbandonata, un uomo giace a terra, attorniato da gente con le mani ai capelli.
Mossi dalla curiosità, Simmaco, Livia e Rusticiana raggiungono quello che si rivela un cadavere, il petto squarciato e pieno di sangue, con inciso un simbolo di Cristo. La figlia del prefetto assicura di aver visto l’uomo litigare poco prima con un senatore, Vettio Sossiano.
Brutta faccenda, un delitto durante il trionfo imperiale: Aviano Simmaco non se ne capacita. Nella loro casa transtiberina del già prefetto dell’annona, il figlio aspira a carpirgli notizie, visto che il padre è di ritorno da una convocazione presso l’imperatore, con i principali senatori, per quanto successo sul Palatino.
Si sospetta un delitto a sfondo religioso. Sembra che Vettio abbia voluto vendicare le divinità tradizionali, colpendo un cristiano, Prisco, capo delegazione della chiesa ariana a Roma. Tutto è contro Sossiano, però ad un aristocratico va concesso di discolparsi. Se in quarantottore non vi riuscirà, niente gli risparmierà la condanna e l’imperatore farà chiudere tutti i templi pagani e proibirà i sacrifici agli dei.
Detective ante litteram, i giovani romani si lanciano in coppia nelle indagini.
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