Chi se ne frega della musica?
- Autore: Enrico Deregibus
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Eugenio Finardi, a pagina 93 di “Chi se ne frega della musica?” (Enrico Deregibus. NdA, 2013), a proposito della nuova leva cantautorale:
“(…) li seguo veramente poco, anche perché li trovo quasi tutti omologati su modelli. Manca l’originalità. Ci sono i figli di De Gregori, quelli di Capossela…tantissimi figli di Capossela. E poi i figli del pop sanremese, che temo sia quello che rimarrà della musica italiana purtroppo.”
E alla domanda di Deregibus se sia più difficile sfangarla adesso che in passato:
“Ora, sicuramente. Magari ora emergi per 15 minuti ma poi riaffondi. A meno che non vai a Music Farm e a cose simili. Ormai devi essere un pirla per emergere, un uomo per tutti i valori. Questi personaggi che escono magari hanno pure la voce, ma poi devono anche ballucchiare, fare il cretino in tv, avere la fidanzata che piange, queste cosa qua.”
Ecco, personalmente al cospetto di parole sante e benedette così, potrei arrivare persino ad abbracciare i voti e restare finardiano a vita, che nel mio piccolo il nocciolo del discorso sulla canzone ho sempre creduto fosse questo: dopo i cantautori degli anni Settanta, più o meno il diluvio, inutile girarci attorno con le parole. Non sono bravo come Deregibus - io - a mandar giù nel contempo Guccini e Pausini, Vecchioni e Pino Marino, “Storia di un impiegato” (Fabrizio De Andrè) e “Cattive Abitudini” (Massimo Volume). Al contrario di Deregibus non sono rispettoso parimenti del “vecchio” e del “nuovo”, dell’alto e del basso che ci suona dintorno, e darmi del fissato coi cantautori d’antan è il più grande complimento che mi si possa fare (c’è anche il fatto che Deregibus vive esclusivamente di musica e io no, posso dunque concedermi qualche pregiudizio in più e diverse conferenze stampa in meno).
Per venire al nocciolo vero di questo libro, mi verrebbe da scrivere (e lo scrivo) che rappresenta lo zibaldone dentro al quale il giornalista piemontese raccoglie vent’anni di ritratti, elzeviri, sfoghi, interviste, note, riflessioni su cantanti, canzoni e dintorni molto prossimi: un modo come un altro per compendiare il compendiabile e farne al contempo - perché no - un "come eravamo" e "come siamo diventati" ascoltando più o meno solo musica italiana.
Deregibus scrive benissimo - per sua fortuna “senza paletti, senza generi, senza soggezioni, senza tifoserie” - dimostrando (qualora ce ne fosse bisogno) di conoscere a menadito la materia in oggetto. “Chi se ne frega della musica?” risulta dunque un titolo ironico/provocatorio (mutuato da un brano di Caparezza), a Deregibus frega eccome della canzone italiana. E’ da trent’anni e passa che gliene frega, scrivendoci, sudandoci, organizzandoci sopra, si tratti di Baglioni, 883, Pooh, Patty Pravo, Fossati, Baustelle, Gang, Lolli, Luci della Centrale Elettrica (l’elenco dei nomi, noti e meno noti, contenuti nel testo è letteralmente copioso).
Dimenticavo: a irrobustire l’insieme c’è anche, qua e là, il controcanto sapido dello scrittore Gianluca Morozzi. In definitiva: il libro è solido e risulta accessibile anche ai meno adusi alle cose di musica, e neanche questo mi pare merito da poco.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi se ne frega della musica?
Lascia il tuo commento