

Castelli di rabbia
- Autore: Alessandro Baricco
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2022
Con Castelli di rabbia, pubblicato per la prima volta nel 1991 e ora nel catalogo Feltrinelli, Alessandro Baricco firma un esordio letterario sorprendente, visionario, pieno di poesia e invenzione. È un romanzo che sfugge alle classificazioni: non è realismo, non è fantasy, non è steampunk, eppure è un po’ di tutto questo. È Baricco, semplicemente.
Il cuore della narrazione è Quinnipak, una città immaginaria che non esiste su nessuna mappa e che, nonostante questo, pulsa di vita, invenzione e follia. A Quinnipak esistono una locomotiva di nome Elizabeth, lo strumento musicale chiamato umanofono, e personaggi che sembrano usciti da un sogno lucido o da un esperimento di fisica.
Il romanzo non segue una trama lineare ma si costruisce attraverso una molteplicità di storie e destini intrecciati. C’è Rail, l’uomo delle locomotive, innamorato della velocità e del futuro. C’è Pekish, l’inventore dell’umanofono, alla ricerca del suono che restituisca senso al mondo. C’è Jun, la donna venuta da altrove con un passato misterioso e struggente. Intorno a loro ruotano figure che incarnano il desiderio, la malinconia, la rabbia e la speranza. Ogni personaggio ha una ferita, un sogno, una parte di storia che sembra vivere al confine tra il possibile e il meraviglioso.
I personaggi di Castelli di Rabbia non sono mai del tutto “reali” nel senso tradizionale. Sono archetipi poetici, esagerati, surreali. Tuttavia, sotto la loro stranezza vibrano di una grande intensità emotiva. Rail incarna il mito del progresso, Pekish l’ossessione artistica, Jun il dolore e la memoria. Anche i personaggi minori sembrano scolpiti con una penna-cesello: ognuno porta un bagaglio che è fatto di perdita, illusioni e voglia di altrove. Baricco non costruisce persone, costruisce simboli. Ed è proprio questa ambiguità – tra l’umano e l’astratto – a rendere i suoi personaggi così affascinanti.
Il vero punto di forza del romanzo è lo stile: Castelli di rabbia è scritto con una prosa musicale, ricercata, a tratti visionaria. Baricco sperimenta con il linguaggio, sfida la struttura narrativa classica, si concede divagazioni, salti temporali, frammentazioni. Il risultato è un libro che più che letto, si ascolta.
La costruzione di Quinnipak come luogo dell’anima è straordinaria: la città diventa un microcosmo dell’immaginazione, un laboratorio esistenziale dove si mescolano ingegno e disperazione, desiderio e rovina. La rabbia del titolo non è furia cieca, ma tensione vitale, energia compressa che cerca sbocco nel sogno, nell’invenzione e nella fuga.
Castelli di rabbia è un’opera prima audace e originale, capace di creare un mondo intero con la sola forza della scrittura. È un romanzo che non si dimentica, ma non è un romanzo per chi cerca risposte o trame solide. È un libro per chi ama perdersi nelle domande, dove Baricco ci invita a guardare la realtà da un’altra prospettiva: più fragile, più visionaria, più poetica.
Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand’è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell’immagine, da quel suono, da quell’odore. Alla deriva.

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