Caro Michele di Natalia Ginzburg letto da Nanni Moretti
- Autore: Natalia Ginzburg
- Genere: Audiolibri
- Anno di pubblicazione: 2016
Per celebrare il Centenario della nascita di Natalia Ginzburg, nata Levi (Palermo, 14 luglio 1916 - Roma, 7 ottobre 1991), Nanni Moretti offre una lettura inconfondibile di uno dei testi da lui più amati, “Caro Michele”, pubblicato presso Einaudi nel 1973 e dal quale è stato tratto nel 1976 il film omonimo diretto da Mario Monicelli e interpretato da Mariangela Melato e Lou Castel.
In questo romanzo mezzo epistolare e mezzo narrativo, Natalia Ginzburg, eminente figura della letteratura italiana del XX Secolo, torna a indagare nelle complessità e le fitte trame delle dinamiche famigliari, qui rese ancora più evidenti grazie all’intensità delle sfumature della voce di Moretti, uno dei più grandi registi del nostro Paese.
“Ma non si amano soltanto le memorie felici. A un certo punto della vita, ci si accorge che si amano le memorie”.
Una donna di quarantatré anni che si chiamava Adriana si alzò nella sua casa nuova, mentre fuori nevicava. La casa era in aperta campagna, sullo sfondo si vedeva il paese distante due chilometri, situato su una collinetta. Adriana che si trovava nella sua abitazione da dieci giorni, dopo essersi infilata una vestaglia di velo color tabacco, scese in cucina dove si fece una tazza di orzo Bimbo e ci inzuppò diversi biscotti. Dopo aver fatto colazione Adriana andò nel soggiorno e spalancò le imposte. Nello specchio che era dietro il divano, salutò e contemplò la sua alta persona, i suoi corti e ondulati capelli color del rame, la testa piccola e il collo lungo e forte, gli occhi verdi, larghi e tristi. Poi Adriana sedette alla scrivania e scrisse una lettera al suo unico figlio maschio.
“Caro Michele, ti scrivo soprattutto per dirti che tuo padre sta male. Vai a trovarlo. Dice che non ti vede da molti giorni”.
Continuava a nevicare fitto e Adriana scriveva a quel figlio “balordo”, che il padre invece considerava una stella e lo preferiva alle figlie gemelle.
“Da quando tu esisti, s’è cacciato in testa che sei l’unica cosa al mondo che sia degna di tenerezza e di venerazione”.
C’era una cosa importante che la madre voleva comunicare al figlio: Adriana aveva ricevuto una lettera da una certa Mara Castorelli che le chiedeva aiuto per trovare lavoro.
“Dice che ha avuto un bambino e vorrebbe venire da me per farmi vedere questo bel bambino”.
Sul momento Adriana non aveva dato peso a questa lettera ma “a un certo punto mi è venuto il dubbio che il bambino sia tuo”. Se il dubbio di Adriana aveva fondamento “cosa farai tu che non sai far niente?”. La lettera proseguiva con alcune considerazioni della donna sulla sua solitudine, anche se le gemelle vivevano insieme alla madre, ma “scappavano via tutto il giorno” e da tre giorni era arrivata “la tua zia Matilde”. Era giunto il momento di smettere di scrivere,
“do la lettera a Matilde che va a fare la spesa e me ne sto a guardare nevicare e a leggere i Pensieri di Pascal. Tua madre”.
Durante un arco temporale che va dal dicembre del 1970 al settembre di un anno dopo, attraverso alcune lettere che la madre, la sorella e una sua ex fiamma spediscono ai vari indirizzi, dove nei mesi Michele abita, Ginzburg racconta la storia di una famiglia dispersa e divisa senza alcun motivo apparente, nell’Italia dei primi anni Settanta. Anni di libertà, di lotte politiche e sociali, di conquiste civili. In queste pagine l’atmosfera perfettamente evocata dalla scrittrice viene esaltata dall’interpretazione di Moretti, che presta la sua voce per delineare quell’intreccio di vite
“che sono il frutto di una lunga e ininterrotta catena di passi sbagliati”
come scrive Cesare Garboli nell’Introduzione del testo.
“Cara Mara, Ti faccio sapere che mi sposo”.
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