Calibano n. 7 - The turn of the screw. Dove abita la paura
- Autore: Autori vari
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2025
Calibano è figlio di una strega e di un diavolo. Un aborto della natura. Uno schiavo. Il reietto “non onorato con forma umana” scaturito dalla penna di William Shakespeare per La tempesta. Calibano (l’Opera e il mondo) da qualche anno è anche il nome di un quadrimestrale diretto da Paolo Cairoli. La rivista con cui il Teatro dell’Opera di Roma e l’editrice effequ sfidano le acque impervie della pubblicistica periodica. Lo fanno da sette numeri in qua. Del deforme shakespeariano da cui trae la testata, Calibano mantiene l’impronta ideale, e - perché no? - l’autonomia del punto di vista: taglio monografico ma declinato per ambiti culturali-sociali e nessuna tentazione patinata, anche se illustrato a colori. Ricordate il periodico Panta di Bompiani? Una specie. Soltanto stampato in formato grande. A4, più o meno. Uno spazio libero di critica e sperimentazione, dove Opera e arti performative incrociano il pensiero critico contemporaneo, questi gli intenti in pillole di Calibano.
Il numero 7 da poco in libreria si esprime ad ampio raggio sulla paura. Lo fa a partire da un titolo – The turn of the screw. Dove abita la paura – che offre la stura ai saggi brevi che lo compongono. Una vasta esplorazione delle sedi dell’orrore (conradiano, ma non solo), coniugato al gotico letterario, l’horror fantascientifico, la nera televisiva, il body horror femminista, e svariate altre espressioni – filmiche, artistiche, musicali, architettoniche persino – per mapparne le ricadute disturbanti sul presente. Dal folgorante incipit di David Bering-Porter (tradotto da Valentina Rapetti) che dai fantasmi domestici di Henry James passa agli invasamenti dell’Esorcista per giungere infine a individuare il discrimine fondamentale tra persecuzione e possessione in tempi di liberismo globale, si passa alla figura femminile attentata tra le pagine della letteratura horror ottocentesca (Carmen Gallo). E poi – ancora – alla moda del lutto, sempre nell’Ottocento, amabilmente esplorata da Fabiana Giacomotti.
Le stazioni del terrore attraversate da questo numero di “Calibano” sono cospicue, procedo a memoria, dunque a saltare. Rumble, rumble... vediamo se riesco: c’è l’intervento di Nicolò Palazzetti sul mito culturale del Fantasma dell’Opera. C’è quello (suggestionante) di Filippo Cerri sugli incubi del folk-horror made in Italy (dal Pinocchio di Collodi a Pupi Avati). Per restare alquanto in tema, c’è l’excursus di Marco Malvestio sulle contaminazioni tra orrore e fantascienza (con legittimo occhio di riguardo per la narrativa di H. P. Lovecraft). E Stefano Nazzi che, dal canto suo, traghetta il lettore fra le male bolge esemplari della tv della cronaca nera. Si incrociano ancora tra le pagine: l’articolo di Elvira Del Guercio che specula sul corporeo e il disgustoso nel cinema contemporaneo, Flaminia Beneventano che ammalia il lettore con storie di streghe e ritornanti esumate dalla letteratura proto-orrorifica del mondo antico, e poi...
Mi rendo conto che l’enumerazione va avanti da un po’ ma le stazioni visitate da questo "Calibano" sono tante, e tutte meritevoli se non altro di citazione. Riparto allora verso la tratta finale, composta da Daniele Cassandro, che ci fa da Virgilio tra gli spettri musicali di una tecnologia complice (succube?) della negromanzia; Giuliano Danieli cicerone fra quelli inquietanti del suono acusmatico. L’ottimo Claudio Strinati si confronta, invece, con l’ombra abitata (dal nostro sguardo) della storia dell’arte, e Sergio Pace con gli spazi pensati apposta per la paura. Il racconto inedito ospitato in questo numero è di Letizia Muratori: si intitola Altro al mondo che l’amore, e tiene botta qualitativa con il resto saggistico.
Come si evince a questo punto, “Calibano” non si ferma all’analisi mediale del tema: servendosi di focus e linguaggi frastagliati, tenta piuttosto di coglierne la trans-medialità, consente al lettore la sperimentazione dei mondi in oggetto. Nella fattispecie di affrontare l’orrore. Più ancora che per esorcizzarlo, per farlo proprio, riuscire ad ascoltarlo, accoglierlo quasi, “Calibano - the turn of the screw” annovera anche un’intervista all’infiltrato (ma non troppo) negli ambiti del pertubante, George Saunders, interrogato su fantasmi interiori e potere evocativo della scrittura dal direttore del periodico Paolo Cairoli. Dimenticavo: il patrocinio delle raffinate illustrazioni a colori è di Oona-Ode.
Il periodico è funzionalmente trasversale, eccentrico e interessante. Senz’altro da seguire. Quadrimestre dopo quadrimestre.
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