Lo scorso 8 ottobre Tiziano Rossi ha vinto la III Edizione del Premio Strega Poesia 2025 con Brusio (Einaudi, 2025). Dopo una pausa che lo vede occuparsi esclusivamente alla prosa, il novantenne poeta milanese torna all’espressione in versi arricchita di nuove voci e sperimentazioni in una scrittura raffinata che, con sapiente ironia, si muove al limite tra prosa e poesia per descrivere un mondo intero. Per lo più si tratta del mondo di fuori, un mondo vero e autentico, popolato di presenze spesso anonime, di piccole vite che resteranno sconosciute al grande mondo della Storia, vite che si affaccendano e contribuiscono, con il loro fare, al gran brusio del mondo.
Ogni poesia si configura come la descrizione dell’anonima umanità urbana, del vitalismo che diviene il rumore di fondo della nostra esistenza, un “brusio”, appunto, al quale troppo spesso non sappiamo prestare orecchio. Il tessuto sonoro dei versi e le scelte lessicali muovono in questa direzione dove tutto è movimento, tutto è divenire nel flusso continuo che è l’esistenza. Il movimento della vita che inevitabilmente travolge chi viene lasciato indietro, superato da chi resiste e prosegue la propria corsa; è il caso della ragazza “riversa” sulla “via ferrata”, senza più voce per ricambiare i passeggeri che la salutano proseguendo il loro viaggio della vita.
L’uso della terza persona mette le distanze tra chi legge e la materia stessa della poesia, non porta alcuna forma di consolazione se non la consapevolezza che, nel grande movimento della vita, ognuno di noi, indistintamente, è a volte attore, a volte spettatore; unico segno di fratellanza risulta la nostra debole voce, il piccolo brusio del nostro vivere quotidiano che si somma in quel brusio corale di tutte le vite cui forse allude il titolo della raccolta, un coro di voci dissonanti e stonate che per qualche istante produce una lieta armonia sonora; è il caso del bambino che dal suo seggiolone “guarda allegro e ride” o la comparsa di una Luna meravigliosa nel cielo che ci tiene tutti lì, a contemplarla.
Siamo “come mille bestioline dentro un prato” con l’istinto speciale di tutte le bestie che si muovono nel tempo della vita con il nostro brusio individuale: impareremo mai ad accordarlo in un suono d’orchestra che li sappia comprendere, riconoscere, valorizzare e armonizzare tutti quanti?
Il nostro pianeta fabbrica e disfa / e già comincia l’enorme baraonda: / così senza vedere / Sole né Luna, / si cade leggeri come le piume / per nuovi equilibri e compensazioni.
E mentre si ode il brulicante rumore di fondo che il vivere produce, emerge il divino silenzio della Natura: “Però certi alberi ancora / fogliano in silenzio”, e mentre creiamo la grande baraonda ci perdiamo il Sole e la Luna e soltanto pochissimi sanno vedere la “pioggerellina / quella della poesia” come forza ristoratrice, mentre il mondo canta “una ignota rabbiosa canzone”.
Ci era mancata la Poesia di Rossi.
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