Beat Generation. Passaggio in Italia
- Autore: Enzo Eric Toccaceli
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Il poeta Gregory Corso aveva la mole di un Grizzly, sembrava un Grizzly col ciuffo spettinato. Difficile pensarlo adesso nell’urna del cimitero acattolico di Roma che ne accoglie le ceneri. Il poeta Allen Ginsberg era decisamente più guru, una strana specie di santone ribelle, il cui sguardo lasciava intravedere qualcosa degli studi zen intrapresi negli anni Sessanta e Settanta. E poi c’era - e c’è - Lawrence Ferlinghetti: da poco ha licenziato un secolo di vita e un nuovo libro, un romanzo sui generis, evocativo e sbieco, come riesce ancora a scriverne. Ruminare a memoria questa santa trinità significa liberare associazioni poetico-culturali sulla scia di Bomba (Corso) e Urlo (Ginsberg), per esempio oppure di cenacoli controtendenti come la libreria-editrice City light di San Francisco amministrata da Ferlinghetti.
Alla luce della miope attualità quasi non ci si crede, ma c’era una volta in Italia una sensibilità prossima a rivolta & libertà in versi beat. Era l’Italia di cui Corso-Ginsberg-Ferlinghetti incrociavano le sponde. Potevi vederli (e ascoltarli) live, oracolanti per palchi, festival, reading e, perché no, anche cantine e caffè.
È un fatto che Fernanda Pivano fosse il loro mentore italiano imprescindibile: ne traduceva i testi e ne condivideva i tour. Gli scatti fotografici che Enzo Eric Toccaceli ha raccolto di quei pellegrinaggi, fatte salve le barbe brizzolate, la immortalano come l’altro, autentico, filo rosso degli excursus peninsulari dei tre. Come annota Toccaceli, a introduzione del suo “Beat Generation. Passaggio in Italia” (Stampa Alternativa, 2019):
“Per anni migliaia di giovani hanno condiviso i vari “passaggi italiani” di tre fra i poeti più importanti della Beat Generation (…) Dopo anni di innamoramento letterario, Ginsberg, Corso, Ferlinghetti, Burroughs, John Giorno, ecc., li incontrammo di persona nel ’79, all’ormai storico Festival Internazionale dei Poeti, sulla spiaggia di Castelporziano. A partire da quell’anno ho iniziato a realizzare le prime loro foto nel nostro paese, tutte personalmente a me care, comprese le poche rimaste di quei primi anni, dopo la perdita dei negativi nei vari traslochi: un Ginsberg sul palco che poi crollò nell’ultima serata, appena finito il reading, per il peso dei troppi spettatori (…) c’è anche il cagnolino che era là sotto, ma che per fortuna si salvò (…) Gregory Corso il più lirico dei poeti beat (…) capace come pochi di restituire in versi moderni l’antica arte italiana. Chi fu più originale di lui, nell’evocare Giotto, o Paolo Uccello, o Botticelli con struggente estro visionario? (...) Lawrence Ferlinghetti, l’unico dei tre che sopravviva, ha raggiunto la veneranda età di 100 anni, e malgrado la cecità, rilascia ribelli e profetiche interviste” (pag. 7-12).
“Beat generation” è dunque un volume fotografico da groppo in gola, un volume evocativo e quasi propedeutico, di grande formato in cui i corpi e le facce dei padri della patria beat (si) raccontano per sguardi, rughe, posture, smorfie, sorrisi. Incrociate - eternizzate - “dal vivo” tra cene e microfoni (Ginsberg); tra le rovine del Foro romano o davanti Palazzo Vecchio di Firenze (Corso); alle prese con tele, pennelli, quadri e colori, o a spasso come un qualsiasi turista americano con cappello (Ferlinghetti). Il focus di Enzo Eric Toccaceli si rivela ancora una volta nitido, eloquente, realista, riepilogativo di una storia – ci piace pensare in parte anche italiana – fatta di sperimentazione, ribellione e slanci artistici come oggi si fatica a rintracciare.
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