
Averroè, un filosofo all’Indice
- Autore: Pasquale Hamel
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Con il suo tratto accattivante e la scrittura sempre piacevole e scorrevole, Pasquale Hamel in questo suo ultimo lavoro ci narra del grande Averroè, personaggio controverso, malamente compreso e interpretato di un’epoca e di un mondo islamico da non pochi liquidato con superficiale approssimazione.
Averroè è stato il nome con cui nell’Europa medievale venne conosciuto Abū al-Walīd Muḥammad ibn Aḥmad Ibn Rušd, in lingua araba: أبو الوليد محمد ابن احمد ابن رشد poi latinizzato in Aven Roshd e infine in Averrhoës o Averroës che nacque a Cordova il 14 aprile 1126 e morì a Marrakech il 10 dicembre 1198. Di questo grande esponente di un Islam lontano anni luce dagli Jihadisti dell’Isis, abbiamo avuto una prima conoscenza nei banchi di scuola da Dante Alighieri che lo denomina come colui
“che ‘l gran commento feo” (Inferno, c. IV , v.144)
Ma è un indicazione sommaria e riduttiva di un intellettuale che ricoprì le vesti di filosofo, traduttore o, meglio, commentatore e giurista che svolse anche funzioni pubbliche di prestigio quale quella di Qāḍī (in arabo: قاضى). In lui si manifesta quello che nell’Islam potrebbe assimilarsi all’Umanesimo ed al Rinascimento in Occidente ma che quivi ebbe dinamiche e tempistiche diverse. Il rapporto di Averroè con il mondo islamico, in ragione dei suoi orientamenti culturali, fu estremamente complesso come accade sovente agli uomini di cultura quando devono rapportarsi con il Potere. Anche per lui ad un periodo di grande apprezzamento e di sfruttamento delle sue notevoli capacità di intellettuale, seguì un periodo di allontanamento e di declino.
“Averroè, un filosofo all’Indice” si apre passando in rassegna le dinastie islamiche che si susseguirono in quel tempo, tutte diverse le une rispetto alle altre. E questa differenza contraddice quello che si sostiene ai giorni nostri sul pensiero arabo senza evoluzione ma non vi è niente di più falso, essendovi stata in realtà una continua evoluzione sia nelle arti che nella filosofia, nella scienza, nell’architettura nella poesia e nella musica. Averroè concentra la sua filosofia su Aristotele che è alla base del nostro pensiero moderno secondo le odierne categorie di riferimento ma comprende come deve cautelarsi dalla pericolosità del Potere costituito. Si dice che gli Arabi tradussero Aristotele ma erano invero popolazione di religione islamica tra cui anche Nestoriani, appartenenti a culture ellenistiche che si erano trapiantate in quelle zone portandosi dietro il loro sapere. Questa cultura ellenistica traduce e importa Aristotele come fece con il pensiero neoplatonico Avicenna e lo conduce a vette supreme in quasi quaranta volumi, commentandolo ed ampliandolo.
Averroè aveva messo per iscritto che la rappresentazione coranica era la perfezione assoluta ma era suo compito farla approssimare al pensiero aristotelico tuttavia tale posizione possedeva una tale forza dirompente che non riuscì a salvarsi e fu condannato per eresia, sebbene la libertà del filosofo sia sempre eretica.
L’obiettivo di Averroè è totalmente laicizzante: mettere al riparo il pensiero umano da ogni interferenza e contaminazione che sia limitante in quanto dal momento in cui la ragione accetta l’intromissione e il filosofo accetta di essere guidato, non lo è più e diviene un teologo, un grande pensatore che però non sarà più un filosofo libero.

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