A Beautiful Nothing
- Autore: Enrico Terrinoni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Edizioni Atlantide
- Anno di pubblicazione: 2024
Dopo l’ultimo bellissimo saggio La vita dell’altro. Svevo, Joyce: un’amicizia geniale, Enrico Terrinoni è in libreria con il suo primo romanzo, A Beautiful Nothing, dedicato all’indimenticabile Shane MacGowan.
Professore ordinario di Letteratura Inglese all’Università di Perugia, scrittore e traduttore tra i più prestigiosi di Joyce e di Wilde, Orwell, Shaw, Bobby Sands, dopo saggi e numerosi scritti, ci regala un romanzo intenso dalle sfumature di un giallo.
Un vecchio professore darà in lascito una cartella con i suoi appunti e abbozzi a un giovane professore, uno dei suoi tre allievi: una storia mai raccontata piena di misteri sul periodo trascorso a Roma dallo scrittore irlandese James Joyce.
Un romanzo seduttivo, di rimandi letterari, una storia noir raccontata in pub fumosi tra pinte di birra e note struggenti, e tutta la magia di un grande enigma.
Alla Facoltà di lettere, in un’aula che era la vecchia cappella di un ex manicomio, il giovane protagonista era in attesa con i due amici e gli altri studenti del loro professore. Esile, spalle larghe, giacca nera, berretto logoro scozzese in testa e una borsa di pelle scura piena zeppa di libri.
“ Vi dirò di come i libri ci aiutano a vivere e quindi a morire...anche del modo in cui le opere letterarie, che sono morte e sepolte se non le leggiamo, possono ogni tanto risorgere e plasmare la nostra memoria. È quello che io chiamo il ciclo del memorare, dei ricordi, ma anche del memorire.”
Due erano per il professore gli scrittori a confronto, così diversi eppure così in parallelo: il grande scrittore irlandese e il rivoluzionario dell’IRA, James Joyce e Brendan Behan (Confessioni di un ribelle).
Due città, Dublino e Roma, attraversate dal fiume: il Tevere dove venivano fatti sparire cadaveri che nessuno reclamava, e il Liffley dal nome di donna, un fiume di vita.
L’eredità di scritti e lettere era da sempre sulla scrivania del giovane professore, un omicidio irrisolto a Roma, un pensiero sempre vivo e che forse colpevolmente aveva creato la separazione dalla sua compagna, dagli occhi bellissimi, caotica, che amava i concerti, le mostre e incontrare sempre nuova gente.
Tutto quello che invece lui detestava e le loro strade prima parallele, si erano via via divaricate. La morte del professore aveva prodotto un cambiamento, le sue giornate erano diventate più grigie, immerso nei pensieri oscuri, con le sue fughe nel nulla.
Non gli piaceva insegnare, non si sentiva adatto. Voleva pensarsi ancora un giovane ricercatore tra biblioteche e archivi proprio come il suo vecchio professore.
“Ma nel suo mentore aveva visto anche altro. Un tentare sempre d’afferrare quel che pareva, a tutti gli effetti, svanente e impalpabile. Un sospettare continuamente segreti. Questo credeva di aver ricevuto, quale eredità da lui.”
Non era altro che un giovane professore “con un libro aperto e ora chiuso davanti”. Aveva imparato a prestare attenzione ai piccoli dettagli, anche alle parole più insignificanti, perché leggere significava divinare tracce. Insieme al suo amico dei tempi dell’università, detto il magiaro, cercherà risposte a quei misteri indecifrabili e inestricabili. Il magiaro, famoso per il suo seguito di ragazze innamorate, dopo aver abbandonato l’Università, faceva altro nella vita. Era uno scrittore, sempre in giro a presentare i suoi romanzi. Ripresero quella vecchia storia fatta di incroci ancora sconnessi: il caos può resistere tale, se lo vogliamo, era la frase che spesso ripeteva il vecchio professore.
Qual era il senso di quegli anni passati a inseguire tracce sfuggenti, percorsi indicati da un sospetto o da un indizio che era sembrato promettente ma poi non aveva portato a nulla?
La storia che gli era andata incontro e raccontava in parte anche la vita del suo professore che dopo aver insegnato a Dublino ed essere rientrato a Roma, era alla ricerca di notizie su un fattaccio accaduto nella capitale, tra articoli enigmatici raccolti dal Roman Herold e le paure maturate da Joyce nel suo periodo romano come il ritrovamento di un teschio con due fori in testa.
Senza mai dimenticare l’irresistibile interesse dello scrittore irlandese per l’eroico Giordano Bruno; Joyce abitò a Roma a pochi passi dal luogo che aveva ospitato l’ultima prigione del filosofo.
Nella sua casa piena di libri, per terra, in cucina, sui mobili, sul divano, l’anziano professore ricordava Joyce e Behan e che la rivoluzione, quella vera, la si fa con le parole, le vere armi di chi non vuole usare la forza.
E poi il nothing il nulla, che al contrario era il tutto; il nome Nessuno di Ulisse o forse il nothing declinato da Joyce era per il “bellissimo niente” accanto in mille avversità nella sua vita?
Un grande romanzo è A beautiful nothing, che racchiude quel “bellissimo niente” che, come scrive il nostro autore, è nel ritrovamento delle “trame che non si vedono”.
Un’opera letteraria piena di fascino, esoterica, colta e coinvolgente non solo per i suoi misteri nascosti, ma anche per la profondità politica e religiosa delle grandi idee.
A beautiful nothing
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A Beautiful Nothing
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