77, e poi...
- Autore: Oreste Scalzone
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2017
Il 1977 si apre con una fine prodroma: l’uno gennaio va in onda per l’ultima volta Carosello. L’Italia in bianco & nero – quella che andava a letto presto, quella di Calimero, dell’Olio Sasso (“la pancia non c’è più”), della pubblicità messicana del Caffè Paulista – smette i calzoni corti e si scopre adulta. È un accadimento simbolico. Un presagio di fine innocenza.
Il 1977 non è il Sessantotto (come si scrive, all’epoca, sui muri delle città), ma rimane pur sempre un anno nodale, spartiacque, durissimo, illividito ma basilare. Disoccupate le strade dai sogni di Claudio Lolli, ne raccatta su disco le fiamme e i cocci, di quell’anno: dalla presa diretta dei fatti di Bologna all’implodere per asfissia progettuale degli slanci movimentisti. Al cinema si proiettano Guerre Stellari e La febbre del sabato sera. Fuori dai cinema c’è chi spera ancora nel sol dell’avvenire (ma è un sole sempre più avulso dal PCI) e chi spara. Una guerriglia senza soluzione di continuità, l’anno più cupo: duemilacentoventotto attentati, trentadue persone gambizzate, undici assassinate.
Per arrivare al sodo di “77, e poi...” (Mimesis, 2017), questo memoriale poderoso - una “rapsodia autobiografica", come lo definisce il suo autore, Oreste Scalzone - che vi segnalo, va detto in primo luogo che arriva dove deve, con passo da diario (collettivo/generazionale?) e taglio e peso specifico da memento storico. Del resto Scalzone lo scrive da subito, senza troppi giri di parole: il suo Settantasette è stato, fra l’altro,
“insurrezionalista”, “operaio e operaista”, “illegalista”
soffermandosi con dovizia sui diversi come mai. Uno fra questi: c’era uno Stato in evidente metastasi e colpirlo al cuore sembrava a molti il male minore, prima che il cancro potesse diffondersi a tutto il corpo sociale. Affilata e puntualissima la nota introduttiva al volume di Enri De Luca (un altro che ai tempi del Settantasette, c’era e faceva):
“Oreste Scalzone – scrive tra l’altro – è torrentizio ma implacabile, non concede sconti. Riepiloga, divaga, poi acciuffa la sintesi. Mette il lettore in condizione di impugnare un punto della storia, agitarlo per reagire, insieme o contro. Non è uno storico, è parte in causa di un periodo storico. Lo nomina con passione, ma senza il dolcificante della nostalgia”.
E dunque il racconto ha una caratura duale - personale e politica -, il focus che serve per inquadrare le ragioni dell’inturgidirsi e il ripiegare al tempo stesso dell’azione movimentista, parcellizzata tra scuole, fabbriche, piazze, le famiglie stesse. Era in corso una “guerra civile di bassa intensità” come si disse ai tempi. Tra le pagine chiare e le pagine scure di questo saggio-cronistoria del Settantasette, dunque non si (rim)piange ma nemmeno si rinnega.
Il libro inquadra per flashback, divagazioni, campi lunghi e altri stringenti, nemmeno si trattasse dello story board per un film di azione e di politica. “77, e poi...” si avvale, inoltre, di una genesi articolata, sedimentata nel tempo. In occasione del trentennale del 1977, il libro era stato concepito come conversazione tra il giornalista specializzato in anni di piombo Pino Casamassima e lo stesso Oreste Scalzone. Come si legge nella Nota Editoriale
“Avrebbe dovuto uscire come per i tipi di Rizzoli (…) Per complessi motivi, anche di natura politico-editoriale, il libro non vide mai la luce, ma si è recentemente arricchito di altri contributi di Scalzone che lo hanno riformulato con delle appendici sull’attualità politica in un continuo rimando tra passato e presente, che lo rende una sorta di work in progress”.
La formula dialogica ha lasciato il posto a una narrazione in prima persona: dell’acuto Pino Casamassima sopravvive nel testo l’articolato intervento che prelude alla chiusura del volume, Come una (possibile?) spiegazione, si intitola e viene buono, come il resto del libro, per riflettere e ricordare.
'77 e poi...: Da una conversazione con Pino Casamassima
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