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Storia della letteratura

“Maggiolata”: il mese di maggio tra luci e ombre nella poesia di Giosuè Carducci

Il poeta Giosuè Carducci si serve del mese di maggio per comporre un intenso inno alla primavera: “Maggiolata”, che letteralmente significa 'cantata di maggio'. Ma l'idillio viene infranto da un presentimento funesto. Scopriamo testo, parafrasi e analisi della poesia.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 03-05-2022
“Maggiolata”: il mese di maggio tra luci e ombre nella poesia di Giosuè Carducci

Maggio è il mese delle rose e delle poesie, dell’amore e della rinascita. Più che un mese è uno stato d’animo. Giosuè Carducci ha dedicato proprio a questo mese la lirica Maggiolata contenuta nella raccolta Rime nuove (Zanichelli, Bologna, 1887).

Maggiolata letteralmente significa ’cantata di maggio’ ed è un inno alla primavera che fiorisce al massimo del suo splendore. Nei tempi antichi si celebrava il principio del mese con il Calendimaggio, la festa dedicata alle giovani fanciulle in età da marito che festeggiava la rinnovata fecondità della natura e l’inizio di un tempo propizio.
Con il tempo la tradizione del Calendimaggio si è affievolita, e ad essa si è sovrapposta la Festa dei Lavoratori. L’inizio del mese di maggio comunque non ha cessato di essere percepito come un momento di gioia condivisa, una ricorrenza popolare che omaggia l’abbondanza, l’amore e la fortuna.

In Maggiolata Carducci festeggia il risveglio festoso della natura, ma non manca neppure di sottolineare i lati oscuri che la nuova stagione porta con sé.

Scopriamo testo, parafrasi e analisi della poesia.

Maggiolata di Giosuè Carducci: testo

Maggio risveglia i nidi,
maggio risveglia i cuori;
porta le ortiche e i fiori,
i serpi e l’usignol.

Schiamazzano i fanciulli
in terra, e in ciel li augelli:
le donne han ne i capelli
rose, ne gli occhi il sol.

Tra colli prati e monti
di fior tutto è una trama:
canta germoglia ed ama
l’acqua la terra il ciel.

E a me germoglia in cuore
di spine un bel boschetto;
tre vipere ho nel petto
e un gufo entro il cervel.

Maggiolata di Giosuè Carducci: parafrasi

Il mese di maggio risveglia gli uccellini nei nidi, così come i cuori della gente. Fa crescere le ortiche e sbocciare i fiori.
Torna a cantare l’usignolo e il serpente si risveglia dal letargo.
Sulla terra bambini strillano felici, mentre gli uccelli cantano nel cielo.
Le donne si adornano i capelli con le rose appena colte e hanno il sole negli occhi. Sulle colline, nei prati e sui monti si può ammirare un tappeto di fiori bellissimo come un ricamo, mentre gorgoglia l’acqua nei torrenti, nascono a nuova vita la terra e il cielo.
Intanto a me germoglia nel cuore un boschetto di spine, sento esplodermi nel petto pensieri e umori oscuri. E un cattivo presagio adombra la mia mente.

Maggiolata di Giosuè Carducci: analisi

Nella poesia di Carducci la parola si fa simbolo di un risveglio collettivo, che investe la natura tanto quanto gli esseri umani. La luce calda del mese di maggio sembra infatti avvolgere, in un’aura di beatitudine, i fiori nei campi così come i giochi dei bambini e gli occhi delle donne. Tutto il mondo è in fermento, travolto da una forza superiore, come il desiderio.
I bambini sulla terra urlano e cantano proprio come gli uccelli nel cielo: c’è questo accostamento tra i due emisferi, quello celeste e quello terrestre, che vengono come a sfiorarsi, trovano un punto di contatto. Tutto è splendore e l’universo si fa specchio di se stesso.
Il verso “di fior tutto è una trama” racchiude una metafora particolarmente riuscita che sembra legare la primavera al mondo in un abbraccio esclusivo, primigenio. Sotto il sole di maggio ogni cosa fiorisce, in cielo come in terra: le piante germogliano, e l’uomo ama.

Carducci tuttavia intesse l’intera poesia su una contrapposizione che mette in evidenza i lati positivi così come quelli negativi del mese di maggio. Il calore più tiepido del sole risveglia i fiori e gli uccelli nei nidi, ma desta anche le serpi dal loro letargo invernale, fa spuntare le ortiche infestanti nei campi.

La bellezza nel momento del suo massimo fulgore sembra quindi spaccarsi in due, come un frutto: da un lato c’è la gioia, dall’altro l’angoscia. Carducci rende evidente questa frattura e addirittura la ampia per mostrare meglio le due facce della stagione novella. Ciò è particolarmente evidente nel chiasmo che il poeta inserisce nella prima strofa, dove si trovano posti in perfetto parallelismo tra loro: le ortiche e i fiori; le serpi e gli usignoli.

Nel quadro bucolico, idilliaco di una natura in rinascita Carducci inserisce anche un elemento cupo, una proiezione oscura che getta un’ombra sull’intero componimento. L’ultima strofa della poesia sembra infatti distaccarsi da tutte le altre, come una nota stonata, stridente in una composizione perfetta.
Dopo aver cantato l’idillio festante del mondo esterno il poeta si concentra sul proprio cuore, in perenne subbuglio. I versi finali si concentrano sull’interiorità descrivendo il cuore dell’uomo che sembra tendere sempre a un anelito insaziabile di felicità, ma non soddisfarlo mai del tutto. Il mese di maggio sembra risvegliare anche questa inquietudine umana, una sorta di sete di amore inappagata. Nella dimensione interiore l’animo del poeta appare infestato da serpi - una metafora che sottintende i cattivi pensieri - e da presagi funesti. Le serpi e il gufo si fanno dunque allegoria di queste sensazioni.

Proprio come nella celeberrima Pianto antico, Giosuè Carducci sembra qui contrapporre il “sol” e il “calor” alla terra “dura” e “negra”. Il risveglio della natura, allegoria di vita, fa da contraltare alla certezza di un limite: la propria mortalità.

Maggiolata di Giosuè Carducci: commento

Il mondo, sembra dirci il poeta nel finale, è fatto di contraddizioni: e anche maggio, il mese delle rose e dell’amore, non è esente da questi contrasti. L’infelicità talvolta oscura la mente umana come una nuvola di pioggia passeggera, forse il presentimento del limite, della fine di tutte le cose. Persino nella fulgida primavera è possibile cogliere un presagio d’inverno, il rovescio del sole, ma poi quest’ultimo torna a brillare come la benedizione di un istante infinito.

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