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Storia della letteratura

“Maggio” di Giorgio Caproni: testo e analisi della poesia

Celebriamo l'inizio del maggio odoroso, il tempo delle rose e capitolo conclusivo della primavera, con una bella poesia di Giorgio Caproni dedicata proprio a questo mese. Scopriamo testo e analisi del componimento.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 02-05-2022
“Maggio” di Giorgio Caproni: testo e analisi della poesia

Maggio è una poesia di Giorgio Caproni contenuta nella raccolta d’esordio dell’autore livornese Come un’allegoria (1936).
La poetica di Caproni si fa ancora una volta tramite di una verità universale che si esplicita nell’uso di un lessico semplice, quotidiano, di una sintassi breve e scandita che si mescola alla trasfigurazione in chiave allegorica della realtà.

Il mese di maggio narrato dal poeta si trasforma quindi in un eterno inno alla vita e all’amore, diventando la stagione per eccellenza del risveglio dei sensi e del desiderio.

Scopriamo testo, analisi e significato della poesia.

Maggio di Giorgio Caproni: testo

Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all’odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall’osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di maggio! E come alle folate
calde dall’erba risollevi i prati
ilari di chiarore, alle briose
tue arie, sopra i volti illuminati
a nuovo, una speranza di grandiose
notti più umane scalda i delicati
occhi, ed il sangue, alle giovani spose.

Maggio di Giorgio Caproni: analisi

Una poesia in rime “chiare” ed “elementari”, rime baciate come “fieno” e “pieno”, “sereno” e “ameno”, che mantengono il ritmo interno della lirica e al contempo ne dilatano il significato in una prospettiva più ampia e metaforica.
Giorgio Caproni propone al lettore un componimento che riflette appieno lo stile della sua poetica: un linguaggio essenziale fatto di parole semplici e pulite, rigorosamente in rima, che dipingono la quotidianità nella sua essenza più pura.
La descrizione del mese di maggio è accurata e nei primi versi procede con una sinestesia di tipo visivo-olfattivo-tattile: alla luce dorata che scalda la pelle si accosta l’odore pieno del fieno che riempie le narici. L’immagine visiva è definita, ma si accompagna a una composizione che sembra investire tutti i sensi proprio come il nuovo ardore portato dall’avvento del mese di maggio. Viene raffigurato un soffio di vento caldo - metafora di un nuovo inizio - che conduce alla rinascita dei campi e, infine, il calore più tiepido del sole che si prolunga sino a tarda sera. Via via che si prosegue nella descrizione maggio assume un significato riposto, allegorico: è il mese del risveglio dei sensi, dell’amore e del desiderio. Il maggio odoroso si dilata nel petto, sembra schiudere uno spazio umano infinito, aperto alla speranza, alla gioia, offerto all’amore come su un altare.
Ecco dunque che maggio, nei versi di Caproni, diventa una celebrazione metaforica dell’esistenza e del desiderio che pare sbocciare, profumato e insistente, come le fioriture nei prati.
I raggi più caldi del sole si accompagnano alle allegre cantate nelle osterie e a un bisogno umano condiviso di rinascita: una fame di vita che diventa urgente e incontrollabile. Il calore che porta a rifiorire i campi fa ribollire anche il sangue nelle vene, riaccendendo il desiderio.

Nella conclusione Caproni fa riferimento, non a caso, alle notti delle “giovani spose” tramite una similitudine esplicitata dall’uso di “come” che lega inestricabilmente il fiorire dei prati allo sbocciare dei sensi. Mediante l’accostamento l’autore vuole intessere un elogio all’amore giovane, nuovo come un fiore appena nato, che scopre se stesso proprio nell’enfasi della primavera giunta all’apice del suo massimo splendore e rigoglio.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Maggio” di Giorgio Caproni: testo e analisi della poesia

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