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Recensioni di libri

La congiura dei monaci maledetti di Carmelo Nicolosi De Luca

Newton Compton, 2017 - Il giornalista catanese mette a frutto la passione di sempre per il giallo, confezionando un poliziesco alla Dan Brown che mescola storia, mistero, azione e un testamento scomparso.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 17-11-2017

10

La congiura dei monaci maledetti

La congiura dei monaci maledetti

  • Autore: Carmelo Nicolosi De Luca
  • Genere: Gialli, Noir, Thriller
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Newton Compton
  • Anno di pubblicazione: 2017

Scheda e prezzo libro:

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Il giornalista catanese che ha sempre amato il giallo è tornato al primo amore. Dopo 23 anni di cronache per il Corrierone, Carmelo Nicolosi De Luca è tornato alla passione per la scrittura e dopo “L’Italia degli inganni” (2014) si è finalmente dedicato al genere preferito, con un thriller insaporito di storia, intrigo e mistero. Per le edizioni romane Newton Compton ha firmato “La congiura dei monaci maledetti”, in circolazione da fine settembre (pp. 352, al costo sorprendente per un libro cartonato di euro 7,50 euro, e-book euro 2,99).
Da giornalista di vaglia, il De Luca romanziere scrive bene, scrive facile. Periodi secchi, pagine che viaggiano sicure, coerenti con gli obiettivi narrativi. Una goduria per gli appassionati di plot danbrowneschi, brutto ma efficace neologismo per definire la natura del romanzo.

È un giornalista, sia pure solo nella finzione narrativa, anche Sergio Nato, 26 anni, pure lui siciliano e cronista per passione, ma che di nera non è che ne abbia masticata tanta. Un solo caso, in sei anni di lavoro nel quotidiano palermitano dove gli tocca soprattutto la cronaca di tutti i giorni, niente a che vedere con il “caso dei casi” nel quale si troverà impelagato in questo titolo del collega Carmelo Nicolosi De Luca.
Un delitto, a Palermo. Un anziano libraio antiquario, ucciso nella sua vecchia libreria ad archi, una specie di grotta strapiena di testi rari. Trafitto al cuore, con un pugnale dal manico rosso, a forma di croce.
L’omicidio è stato commesso certamente di notte. Che strano, pensa Sergio, perché gli hanno detto che l’uomo era abitudinario e non si fermava oltre la chiusura.
Il cronista fiuta aria di segreti. La notte dopo, ripassando pensieroso davanti al negozio del delitto, è sorpreso da un movimento rapido, Una figura attira la sua attenzione: indossa un saio, ha il capo coperto da un cappuccio e si muove in maniera strana, come se i piedi non toccassero terra.
Gli torna in mente il frate notato la notte prima, sui gradini della chiesa di San Domenico, il pantheon palermitano. Incedeva incorporeo, quasi danzasse. Aveva distolto lo sguardo un attimo e l’ombra non c’era più, scomparsa al di là del portone, certamente chiuso. Fatto sta che Nato è il solo ad aver visto quella sagoma. Un monaco, apparso e scomparso, due volte, nel giro di 48 ore.
Per seguire l’omicidio del libraio, Sergio segue le tracce della Omicidi di Palermo, si mette alle costole dell’ispettore capo Paterna e ancora più della sovrintendente Laura Novelli, bionda, occhi azzurri, sangue normanno in una siracusana affatto bruna e mediterranea.
A proposito di donne, c’è anche la nipote dell’ucciso, Isabella, cardiologa a Varese, mora, sulla quarantina, piuttosto bella, molto elegante.

La storia accelera ancora, una scheggia, alla notizia di un altro delitto. Reggiani, proprietario di un negozio di testi antichi, è stato trovato nel retrobottega, su Ponte Vecchio, con una lama nel cuore. Stesso modus operandi e stessa arma, d’antiquariato, con l’impugnatura rossa a forma di croce. Non può essere una coincidenza.
Firenze: un anziano si sofferma davanti a un dipinto, in San Marco, la chiesa dove predicava Savonarola. Manifesta silenziosamente commozione per il domenicano e rabbia per la città dei papi, che giudica empia e sui cui invoca la punizione di dio.
Il conte Ramponi vive in una casa piena di libri fino al soffitto. Colleziona lame e armi d’epoca. Due uomini gli consegnano con riverenza un documento, maneggiandolo delicatamente. La prima parte dello scritto è stata recuperata, ora tocca all’altra: quei fogli per lui sono una reliquia,

“chissà se dopo tanti anni c’è traccia delle impronte del Maestro e del meraviglioso domenicano che l’ebbe tra le mani”.

Di certo, ci sono le impronte di chi ha trovato il manoscritto nei lavori di restauro e del libraio che voleva lucrare. Il problema era Reggiani, il solo che poteva capire, esperto di storia e reperti datati.

Gran bell’esordio per il giornalista catanese appassionato di thriller. Ha metabolizzato il genere: si capisce dalla disinvoltura con cui sviluppa il racconto mettendo a frutto il palato giallo affinato in decenni di consumo di polizieschi. La capacità professionale di scrittura ha fatto il resto.
Ma il libraio palermitano era davvero un rapace, come lo ha considerato il conte fiorentino? Da una lettera alla nipote si riterrebbe altro.
Nel lancio editoriale, “La congiura dei monaci maledetti” di Carmelo Nicolosi De Luca è presentato

“enigmatico come il Nome della Rosa”.

Bello l’accostamento, ma non ci siamo. Questo thriller non è in trattato di filosofia cristiana medievale, è un giallo avvincente e ben sviluppato, tutt’altro che un rompicapo per i lettori.
I colpi di scena portano fino in Vaticano. Chiesa, religione e fanatismo si rendono protagonisti dell’intreccio. Entra in scena una setta centenaria, ancora all’opera: i Frateschi, affiliati che si ricollegano al Savonarola. A fine 1400 erano conosciuti come Piagnoni, seguaci fanatici del domenicano. Prima di morire, scomunicato, torturato, impiccato e arso in Piazza della Signoria Fra’ Girolamo ha lasciato un messaggio, un testamento…


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La congiura dei monaci maledetti

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