

Ignazio Silone è stato un caso umano, politico, letterario. Le cose, come vedremo, si intrecciano indissolubilmente.
Fu innanzitutto un caso umano (non nel senso dispregiativo e massmediatico odierno) perché sopravvisse al terremoto in Abruzzo, perché divenne orfano nell’adolescenza, perché fu tubercolotico, perché i fascisti uccisero suo fratello, Romolo Tranquilli.
Fu un caso letterario perché Fontamara fu conosciuto e letto in tutto il mondo, anche se in Italia venne pubblicato solo nel 1947.
Silone fu un caso politico perché accusato ingiustamente di essere la mente dell’attentato di Milano al re del 12 aprile 1928, perché fu perseguitato dal fascismo, perché fu accusato di essere una spia dei fascisti, infiltrata nel partito comunista italiano, di cui era stato uno dei fondatori.
Ignazio Silone fu una spia fascista?


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A proposito di Silone presunta spia fascista, recentemente sono stati pubblicati dei libri: c’è chi lo accusa e ritiene di portare prove inoppugnabili, come Dario Biocca e Mauro Canali (L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia, Milano, Luni, 2000; M. Canali Le spie del regime, Bologna, il Mulino, 2004; D. Biocca, Silone. La doppia vita di un italiano, Milano, Rizzoli, 2005) e chi smonta il castello accusatorio, come Giuseppe Tamburrano (Il caso Silone, Utet).
La questione è complessa e articolata riguardo al presunto spionaggio. Ammesso e non concesso che Silone fosse una spia fascista, bisognerebbe contestualizzare, riportare tutto alla temperie di quell’epoca.


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Come ammise onestamente Bobbio, ci fu la compromissione della stragrande maggioranza del popolo e degli intellettuali con il fascismo per conformismo, adesione ideologica, paura. Furono solo 12 i professori universitari che non giurarono e si opposero a Mussolini. Pochi furono coloro che contrastarono il regime a parole. Pochissimi coloro che vi si opposero con i fatti. Ma al di là del revisionismo e delle ricostruzioni storiche, Silone fu uno scrittore che con la sua attività letteraria e saggistica (il suo saggio sul fascismo è ancora oggi studiato nelle università americane) denunciò i soprusi, le malefatte, le ingiustizie del regime mussoliniano. Difficile distinguere tra verità storica e strumentalizzazione politica.
Ignazio Silone: un comunista che divenne socialista


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Alcuni comunisti non gli perdonarono la metanoia politica, cioè essere diventato socialista e aver rinnegato il comunismo. Ma ebbe una ragione validissima, aveva cioè intuito le malefatte e le falsità di Stalin. Non solo, ma Silone aveva intuito che nel partito comunista non si potevano fare allora delle critiche costruttive, neanche all’interno. Il comunismo allora era considerato una fede e allo stesso tempo una scienza. I comunisti si consideravano allora di maggiore spessore etico e intellettuale rispetto agli altri.
Silone non trovò nel partito comunista di allora, che era fatto anche da stalinisti, la capacità di mettersi in discussione. Il comunismo e i comunisti non si dovevano mettere in discussione! Così venne considerato un eretico e al contempo un traditore. La beffa fu che Silone, comunista che divenne socialista, fu emarginato e ostracizzato artisticamente da ex fascisti che nel dopoguerra divennero comunisti.
La critica letteraria e Silone


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Le stroncature dei romanzi di Silone furono quindi pretestuose e faziose, arrivando persino alla denigrazione e all’insulto. Era in atto una critica letteraria, che si fondava sull’argomentum ad hominem. Questo pregiudizio diffuso di fondo, basato sul dogmatismo, sul settarismo comunisti e sull’egemonia gramsciana, caratterizzarono sempre l’attività letteraria di Silone, che trovò pochi critici obiettivi e lungimiranti, come Geno Pampaloni, Piovene, Bruno Corbi, Carlo Bo.
Il caso Silone la dice lunga sull’intolleranza e sull’oscurantismo di alcuni comunisti. Erano lo stesso oscurantismo e la stessa intolleranza che fino ai primi anni del duemila causava il negazionismo per quanto riguardava le foibe e il negazionismo per quanto riguardava i crimini dei partigiani comunisti nell’immediato dopoguerra (la volante rossa, il triangolo della morte in Emilia etc).
Ancora oggi lo scrittore viene sottovalutato. Il Guglielmino gli dedica poche righe e liquida l’efficace diglossia che gli permette di far narrare ai cafoni (termine non usato in senso dispregiativo, ma per indicare i contadini abruzzesi analfabeti) le vicende come stile in un certo qual modo grossolano e denotato da rozzezza. Il Ceserani gli dedica una scheda di lettura di Fontamara, appunto, e niente più. Walter Pedullà e Nino Borsellino, nella loro eccellente e accuratissima Storia generale della letteratura italiana, gli dedicano una sola pagina. Giacinto Spagnoletti, nella sua Storia della letteratura italiana, gli dedica tre pagine, ma minimizza sul suo caso politico, accennando solo ai suoi contrasti con i burocrati di partito.
Non solo, ma nell’Oscar Mondadori, pubblicato nel 1980, di Fontamara, c’è un brevissimo accenno sul caso Silone, mentre le critiche negative a Silone vengono spiegate dalla sua irregolarità in ambito letterario e al fatto che fosse un autore non collocabile secondo gli ismi dell’epoca (neanche gli si riconosce di essere stato un precursore del Neorealismo). Più onesta intellettualmente e più obiettiva invece l’introduzione a Fontamara nell’edizione di Famiglia cristiana.
Cosa resta oggi di Silone?


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Silone comunque oggi è poco letto, nonostante la sua religiosità autentica e la sua voglia di giustizia. Silone a ogni modo fu un instancabile cercatore di verità. Come lui stesso scrisse in Uscita di sicurezza:
La libertà [...] è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica.
Ma oggi lo scrittore è quasi dimenticato, al di fuori dell’Abruzzo. Come si suol dire: “Calunniate, calunniate che qualcosa resterà”.
Cosa resta oggi di Silone? La storia e le opere, poco amate oggi, di un ragazzino salvato da Don Orione, di un “socialista senza partito e di un cristiano senza chiesa”, come lui stesso si definì, e una tomba senza epigrafe, come lui volle, nel suo paese d’origine.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sul caso Silone: dalle accuse di spionaggio all’ostracismo letterario
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