Con il termine Vociani ci si riferisce al gruppo di intellettuali, la maggior parte dei quali poeti, che fece parte e collaborò con “La Voce”, un’importante rivista culturale fondata a Firenze nel 1908 da Giuseppe Prezzolini, con l’intento dichiarato di proporre una nuova idea di lirica e di focalizzare l’attenzione sull’attualità e le novità del presente, superando una volta per tutte gli schemi e le tematiche ottocentesche.
Nel corso degli anni la pubblicazione modificò in parte i propri obiettivi senza mai perdere tuttavia lo slancio propulsivo degli inizi, ma mutandone, semmai, solo la direzione.
Vediamo chi erano, cosa facevano e cosa pensavano i Vociani.
“La Voce” di Prezzolini: intento programmatico e tematiche
Il contributo che “La Voce” e i Vociani diedero alla cultura italiana di inizio XX secolo fu enorme.
Fondata da Prezzolini nel 1908, la rivista si proponeva di dibattere approfonditamente, con vivacità e attraverso un sollecito scambio di vedute, le questioni societarie dirimenti del nostro Paese. In origine, dunque, essa si occupava non solo di letteratura ma anche di economia, filosofia, politica e costume, nonché delle problematiche più stringenti dell’attualità.
Ne fecero parte alcuni dei nomi più importanti dell’epoca, dai filosofi Croce e Gentile agli economisti Einaudi, Salvemini e Amendola, dai critici Pancrazi e Cecchi a scrittori e poeti come Papini, Boine, Slataper, Jahier e Ungaretti.
Ciascuno di loro, attraverso le colonne de “La Voce”, si impegnò in un serrato dibattito di idee e di esperienze che durò sino alla fine del 1914, quando il nuovo direttore De Robertis decise di restringere il campo alla sola letteratura, in particolare la poesia.
Sotto la guida di Papini e Prezzolini, invece, “La Voce” si era occupata spesso di tematiche sociali importanti fra cui, solo per fare qualche esempio tra i più significativi, la questione meridionale, l’istruzione pubblica, il divorzio, la possibilità di voto per le donne e la nascita della psicoanalisi di Sigmund Freud.
Dal punto di vista filosofico e politico, l’esperienza vociana fu piuttosto contrastante, aperta a diverse suggestioni ma incapace di fonderle in una sintesi unitaria ed organica; di fatto i vociani accettarono il nuovo idealismo di Croce e Gentile, nonché un impetuoso nazionalismo basato sul culto e sul mito dell’Italia, che alla fine sfociò nell’interventismo.
“La Voce” e la sua influenza in ambito letterario
L’importanza maggiore “La Voce” la raggiunse in ambito letterario, dove si propose, riuscendoci con successo, di fondere arte e realtà, volgendosi con interesse alla poetica del Decadentismo francese e, in particolare, al Simbolismo.
Come sopra accennato, la direzione derobertisiana si occupò di gettare le fondamenta di un nuovo gusto poetico. Accettando l’estetica crociana in forma eterodossa e contaminandola con richiami a Rimbaud e Mallarmé, i vociani proposero
un’idea della poesia come pura liricità, intuizione rapida e balenante, valida, di là dai contenuti per la sua suggestione di canto, per magia dello stile. (Pazzaglia)
Si concretizzava così la fortuna del frammento lirico, della “illuminazione”
affidata a una suggestiva musica verbale, all’immateriale incanto dei suoni. (Pazzaglia)
Si rifaranno a questo concetto di poesia, fra gli altri, gli ermetici.
Per quanto riguarda i maggiori esponenti vociani, citiamo:
- Camillo Sbarbaro, noto per il suo sofferto esistenzialismo;
- Clemente Rebora, le cui liriche si contraddistinguono per una personalissima quanto sofferta ricerca di verità e per il linguaggio espressionistico;
- Dino Campana, la cui opera più celebre è costituita dai quasi indecifrabili Canti Orfici, caratterizzati da un simbolismo visionario ai limiti della paranoia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I Vociani: caratteristiche essenziali e principali esponenti del movimento novecentesco
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