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Storia della letteratura

Ermetismo: cos’è?

Non si può conoscere davvero la poesia del Novecento senza sapere cos'è l'Ermetismo, una corrente che ha influito profondamente sulla letteratura italiana.

Simone Casavecchia
Simone Casavecchia Pubblicato il 31-08-2016

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Ermetismo: cos'è?

Non è possibile comprendere a pieno la poesia italiana del Novecento e la letteratura della prima metà del secolo senza sapere cos’è l’Ermetismo, una corrente letteraria vasta, composita, complessa, estremamente feconda di conseguenze nello scenario letterario italiano.

Sapere cos’è l’Ermetismo è importante anche per arrivare preparati agli esami di maturità: un inquadramento esaustivo di questa corrente viene spesso trascurato durante l’ultimo anno delle scuole superiori mentre spesso gli studenti, durante gli esami di maturità hanno incontrato questo termine o i nomi – Ungaretti, Montale, Quasimodo – di esponenti dell’ermetismo o di autori che a questa tendenza letteraria possono essere accostati e collegati.

L’ermetismo come corrente letteraria

Nato tra gli anni Venti e gli anni Trenta del Novecento, nel vivace ambiente culturale fiorentino, l’Ermetismo può essere considerato, almeno all’inizio, una corrente letteraria piuttosto che una scuola, un atteggiamento di alcuni autori nei confronti della poesia, delle sue possibilità espressive, dei suoi temi e dei suoi stili.
Un primo connotato di questo movimento è quello di essere una forma di reazione al dominio culturale fascista e agli anni del Ventennio: estranei e disgustati dalla propaganda del regime, alcuni intellettuali, gravitanti intorno alla rivista «Solaria», scelsero una forma d’arte non compromessa, che ignorasse il regime stesso, ignorando la Storia.
Il termine “Ermetismo” deriva da un saggio del 1936, dal titolo “Poesia ermetica”, dove l’autore, il critico letterario Francesco Flora, lo utilizzò, con chiaro riferimento alla figura mitica di Ermete Trismegisto, per indicare una poesia oscura e complessa, che, con chiara ripresa dei canoni del decadentismo francese, e in particolare di Mallarmé, privilegiava l’analogia e altre figure retoriche di difficile interpretazione, era connotata da una forte componente simbolica ed esprimeva una condizione storica ed esistenziale segnata dall’angoscia e dalle difficoltà di cui l’atmosfera soffocante del regime era la causa principale.

I capisaldi della poetica ermetica

La poesia che si afferma con gli Ermetici è una poesia nuova, frutto di un lungo lavoro di ricerca e di sperimentazioni precedenti; una poesia che si concretizza in una produzione esigua dove la coscienza critica si fa intima ed è espressa in modo sfumato e ambivalene
La lezioni dei maestri immediatamente precedenti – i Crepuscolari – è trascurata, così come la discorsività che li aveva contraddistinti, a favore di una nuova musicalità della parola e della più generale ripresa dei canoni poetici del Decadentismo francese.
Gli ermetici puntano sull’essenzialità della parola, posta in stretta simbiosi con il gioco analogico; tendono a realizzare un’espressione raggrumata che dia luogo a folgorazioni liriche, capaci di esprimere l’inesprimibile, portando alla luce, attraverso frammenti, indizi, corrispondenze, la sostanza segreta del reale.
Proprio per questo è privilegiata l’analogia, una figura retorica che realizza l’essenzialità, contro un procedimento logico-discorsivo.
Assieme all’anologia l’altra figura che maggiormente contribuisce a spiegare il procedimento stilistico dell’Ermetismo è la sinestesia, con cui sensazioni di diversa origine sensoriale e immagini tra loro lontane sono fuse e collegate.
Il rifiuto di esperienze contemporanee o appena precedenti è evidente anche nei contenuti refrattari a fiducie ottimistiche e a mitologie consolatorie.
Il rifiuto dei modelli espressivi tradizionali va, comunque, sempre inteso come una scelta etica prima che stilistica: non ci sono più certezze da affermare, da gridare con un canto spiegato, resta solo una sensazione di deserto e di naufragio.
In modo simile, privilegiare il valore noumenico della parola, la sua perfezione geometrica, una rigorosa autocoscienza del poeta, scegliere di riprendere il frammentismo vociano e richiamarsi alla pura letteratura, non sono solo tratti comuni dell’esperienza creativa ma una soluzione etica al problema che gli Ermetici si trovano di fronte: isolandosi nella difficile distillazione della parola ci si salva dalla contaminazione con la retorica fascista (una scelta, però, non condivisa da tutti se si pensa all’iniziale vicinanza di Ungaretti con Mussolini).

Gli autori principali e la scuola ermetica

Oltre al motivo centrale dell’angoscia esistenziale sono comuni alla produzione poetica e alla prosa il vagheggiamento memoriale, la trasfigurazione del reale in una dimensione arcana e simbolica, la scelta di realizzare pagine assorte e levigate. Lo dimostrano bene i casi di “Gente in Aspromonte” di Corrado Alvaro, o del più tardo “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini dove la descrizione di realtà sociali dolorose avviene in un clima remoto e arcano (che mimetizza la volontà di opposizione al Fascismo) o il caso di Dino Buzzati che sceglie la strada del fantastico.
È però nella produzione poetica che l’Ermetismo trova la sua espressione naturale: nei temi della solitudine esistenziale, della ricerca del valore della parola essenziale e dei rapporti analogici, presenti nella poesia nuova di Giuseppe Ungaretti e, con soluzioni diverse, di Eugenio Montale.
Già nell’ambito di «Solaria» (che esce a Firenze dal 1926 al 1936) si afferma un movimento intimamente collegato con la produzione di Ungaretti, che assume le tipiche caratteristiche di una scuola, attraverso l’utilizzo insistito di moduli esemplari, con effetti artificiosi. Si tratta di autori accomunati dall’ascetismo della parola, dal preziosismo criptico e rarefatto, dal compiacimento élitario dell’oscurità e da un intellettualismo cifrato (nel caso dei critici che affiancano tale scuola) che accresce il divario con il grande pubblico e riserva questo genere di poesia ai soli cultori raffinati e agli addetti ai lavori.

Tra di loro si possono citare:

  • Carlo Bo (1911-2001), autore di “Letteratura come vita”, testo considerato il manifesto dell’Ermetismo;
  • Mario Luzi (1914-2005), che pubblica “La barca” (1935);
  • Alfonso Gatto (1909-1976),
  • Salvatore Quasimodo (1901-1968), con la raccolta “Acque e terre”
  • Vittorio Sereni (1913-1983).

Ognuno di loro, come Ungaretti e Montale, concepiscono la poesia come impegno etico-metafisico, come un’attività totalizzante in cui l’autore gioca tutto se stesso, una ricerca di assoluto che trova la propria espressione in una parola scelta con dedizione quasi ascetica e in una dimensione simbolica.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ermetismo: cos’è?

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