Trenta giorni e 100 lire
- Autore: Ester Rizzo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Pagine di storia dimenticata, di donne siciliane, madri, mogli e sorelle di uomini chiamati in guerra che nel 1916 furono condannate al carcere per la colpa di aver manifestato contro la guerra all’Impero austro-ungarico del governo del liberale Salandra.
È il racconto dell’ultimo lavoro di Ester Rizzo, giornalista valente e impegnata, che per Navarra Editore ha già pubblicato i saggi Camicette bianche. Oltre l’8 marzo,Le Mille. I primati delle donne, Donne disobbedienti, Il labirinto delle perdute, e Le ricamatrici.
Trenta giorni e 100 lire (Navarra editore, 2023) non è un saggio, non è un romanzo, bensì una documentata ricerca storica presso l’Archivio di Stato di Agrigento, ove sono depositati e custoditi i verbali processuali dell’epoca, dei fatti di Palma di Montechiaro, Ravanusa e Licata.
Fili di una memoria fragile, scrive nella prefazione Rossana Florio, direttrice dell’Archivio, che richiedono sguardi attenti.
È l’entrare in punta di piedi nelle vite degli altri: la storia di intrepide donne siciliane pacifiste la cui protesta è stata recuperata dai fascicoli dell’archivio dopo aver attraversato integri più di cento anni di silenzio.
Il loro coraggio, il ripudio della guerra, il loro dolore lontano dai campi di battaglia non doveva restare sconosciuto.
E la nostra autrice, con caparbietà e impegno che la contraddistinguono da sempre, restituisce voce a queste donne, salvandole dall’oblio, con emozione e suggestione, descrivendo i volti di Felicia, Caterina, Tanina, Pina, Lillina e altre, ricostruendo le loro identità e la dignità ad una memoria che la storia aveva cancellato.
Nella paesi della valle di Agrigento non c’erano più giovani, erano stati tutti chiamati alle armi, erano rimaste solo donne, vecchi e bambini. Felicia e Caterina oltre a piangere i propri figli nelle trincee del nord, erano alle prese con la recessione che aveva fatto aumentare il prezzo del pane e dei primi generi alimentari. Felicia era nata in una famiglia di gran lavoratori dove non era mancato mai nulla, ma da quando Nino era partito per la guerra, non riusciva da sola a lavorare i campi ed era in condizioni di povertà. La guerra aveva portato via i loro uomini, i loro figli e i racconti che arrivavano suscitavano paura e lacrime: parlavano di malattie nei camminamenti, di montagne alte da percorrere per poi combattere, di neve bianca e fridda come la morte e di nubi di gas che uccidevano.
Caterina risparmiava su tutto perché più nulla era reperibile e attendeva notizie dei suoi cari nella sua casa, una stanza dove cucinava, mangiava e dormiva, ricordando quando era entrata in braccio a suo marito il giorno del matrimonio, lì dove aveva fatto l’amore per la prima volta, e lì aveva partorito i suoi figli.
Erano tutti al fronte ed era rimasta sola. Ognuna di loro invogliava le altre donne ad essere presente nel giorno del corteo, lì avrebbero potuto urlare il proprio dolore. Come Tanina che aveva cresciuto da sola il suo unico figlio Amedeo, dopo che il marito l’aveva abbandonata incinta partendo per l’America. L’aveva fatto studiare con la fatica nelle mani e, trovato lavoro come contabile, lui era stato chiamato alle armi. Quel figlio era il suo orgoglio, il riscatto dalla sua miseria.
I cuori delle donne erano solcati da ferite profonde; si consumava una guerra silenziosa senza nessuna eco di combattimenti.
Il 25 marzo del 1916 con le bandiere fatte di canne e stoffe cucite, decine di donne in silenzio, con in testa Felicia arrivarono in corteo sotto il Palazzo Comunale.
“ Basta, basta e basta! Noi abbiamo il sacrosanto diritto di non volere più questa guerra, questa carneficina inutile dei nostri figli e nipoti.”
Allontanate dai carabinieri, presi alla sprovvista, solo alcune di loro vennero condotte in carcere; in un carcere vuoto perché anche i ladri e gli assassini se li era presi la guerra.
Ritornarono libere la sera stessa ma a un anno dalla loro protesta la guerra si era mangiata l’Italia, nel marzo del 1917, esattamente un anno dopo, da Palma di Montechiaro a Licata, stremate dai lutti e dalla miseria protestarono ancora una volta contro la guerra e contro chi aveva reso carne da macello i figli e i mariti.
In quell’occasione ne furono arrestate di più e condannate a trentadue giorni di carcere.
Pochi giorni dopo le donne, per nulla intimorite, continuarono a protestare e le manifestazioni si allargarono in tutta la Sicilia, da Bagheria al Messinese.
La guerra dimostrò il loro coraggio poteva smuovere le coscienze: la Storia è stata poi scritta dagli uomini, che hanno ignorato per lungo tempo l’eroismo delle donne.
Trenta giorni e 100 lire è un libro che celebra la memoria che affiora dal buio, e guarda al futuro. Un’opera notevole, doverosa, una lettura importante nel rendere giustizia alle tante donne che hanno affrontato in solitudine lunghi anni di miseria, di ingiustizie, per un conflitto devastante e lontano. Data l’enormità sconvolgente del numero delle vittime (in Sicilia più di cinquantamila), solo la memoria di ciò che è stato può aiutare tutti noi a rifiutare la guerra.
Trenta giorni e 100 lire
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