Settembre è un volo di rondini in fuga nella poesia in rima di Luigi Pirandello. L’opera del Pirandello poeta è poco considerata nel mondo delle lettere, ma meritevole di menzione. Conosciamo il Pirandello scrittore, autore di capolavori come Uno, nessuno e centomila; il Pirandello drammaturgo che rivoluzionò il teatro con opere futuristiche come Sei personaggi in cerca di autore; ma poco sappiamo delle sue poesie. Una di queste è Settembre, un componimento in rima, che tuttavia non apparve in una raccolta poetica, fu pubblicato su rivista.
“Settembre” di Luigi Pirandello: testo
Le speranze se ne vanno
come rondini a fin d’anno:
torneranno?
Nel mio cor vedovi e fidi
stanno ancora appesi i nidi
che di gridi
già sonaron brevi e gaj:
vaghe rondini, se mai
con i raj
del mio Sole tornerete,
le casucce vostre liete
troverete.
“Settembre” di Luigi Pirandello: analisi
Il verso iniziale di Settembre sembra descriverci un evento naturale, atmosferico, la migrazione delle rondini, ma sin da subito lo pone in stretta relazione con il nostro sentire con una similitudine:
Le speranze se ne vanno
come rondini a fin d’anno:
torneranno?
Gli uccelli in volo diventano astratti e impalpabili, quasi si dissolvono nell’etere rendendo vano il nostro stesso sperare.
Chiara e limpida come una filastrocca, Settembre di Luigi Pirandello si struttura su un uso sovrabbondante di rime e suona melodiosa e armonica come una musica. Eppure, malgrado l’impianto giocoso e irriverente, la poesia sprigiona un sentimento di nostalgia ineffabile.
Nelle parole di Pirandello il mese di settembre si annuncia con un senso di perdita, con un abbandono languido che instilla nel cuore una malinconia dolorosa. Tutto ha inizio con un vorticoso volo di rondini che lascia una domanda sospesa, come una promessa non mantenuta: “torneranno?” Non c’è risposta.
Allora lo sguardo del poeta, mantenendo l’orchestrazione vivace della rima, si sposta sull’immagine lacerante - quasi pascoliana - dei nidi vuoti rimasti nel tetto delle casa. Tra quei nidi abbandonati sembra di udire ancora il garrire stridulo e vivace delle rondini. Se tornerete con i raggi del sole, conclude l’autore, ritroverete le vostre case confortevoli che avete abbandonato.
Attraverso la metafora della partenza delle rondini, che abbandonano i loro nidi in cerca di un altrove non meglio specificato, Pirandello evidenzia tutto il senso di abbandono che il mese di settembre porta con sé. Dopo la fulgida estate tutto si prepara a sfiorire, a spegnersi lentamente nell’arrivo dell’autunno. Le rondini se ne vanno con l’ultimo sole e con loro sembra partire anche la gioia, lasciando l’autore a confrontarsi con il silenzio dei nidi vuoti.
Luigi Pirandello riesce a comunicarci una nostalgia struggente, senza mai smettere di farci sorridere - con l’esercizio giocoso delle rime e l’uso vivace dei vezzeggiativi che rammentano quasi una poesia infantile. Il potere del Pirandello poeta è quello di farci ridere tra le lacrime: in Settembre ci comunica sin dal primo verso una sensazione drammatica “le speranze se ne vanno”, ma infine ci fa piegare le labbra in un sorriso con l’immagine delle “casucce liete”.
Leggendo bene tra le righe sembra che Luigi Pirandello in Settembre stia facendo la parodia di Giovanni Pascoli e alle sue poesie di nidi vuoti (si veda la rima nidi/gridi, Ndr), di rami scheletrici, di sussurri del vento tra le piante. In questi versi Pirandello riprende il mito pascoliano del nido e lo fa proprio, sfruttando lo stesso simbolismo della natura pascoliana per descrivere il mese di settembre. Però l’autore siciliano non rinuncia al suo coup de théâtre ribaltando la situazione con l’immagine confortevole delle “casucce liete”; dunque i nidi non sono vuoti e desolati.
Infine rimane sospesa quella domanda: “Torneranno?” il suo prolungarsi in un’attesa inespressa ci comunica tutta la malinconia di settembre, delle giornate che si accorciano, della luce che si dirada come in una fuga improvvisa.
Il Pirandello poeta
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La poesia settembrina di Luigi Pirandello fu pubblicata il 16 agosto 1910 sulla Nuova antologia, il periodico trimestrale di lettere, scienze e arti fondato nel gennaio 1866 a Firenze, una tra le più longeve riviste letterarie italiane. Su quelle stesse pagine era stato pubblicato a puntate, tra l’aprile e il giugno 1904, il romanzo Il fu Mattia Pascal, stampato sei anni dopo per i Fratelli Treves.
Ecco che, nell’agosto 1910, la voce poetica di Pirandello si affacciava dalle pagine della Nuova Antologia allegra, giocosa e scanzonata come una filastrocca. Se il Pirandello poeta non è studiato a scuola probabilmente è perché si distaccava dal canone poetico del primo Novecento: non era il vate D’Annunzio, né il fanciullino pascoliano. Nonostante l’autore siciliano avesse scritto, a soli vent’anni, diversi quaderni di poesie, oggi non lo ricordiamo per le sue liriche. Alcune sue poesie furono raccolte in Fuori di chiave, edita nel 1912 dall’editore Angelo Fortunato Formiggini, ma nel volume non era contenuta Settembre . Il titolo della raccolta poetica di Pirandello, Fuori chiave, rimandava al linguaggio musicale: una musica dissonante, priva di senso, proprio come il mondo novecentesco che stava vivendo una crisi di ideali, di valori, di significato.
Dissonante e “fuori chiave” era, del resto, lo stesso Pirandello e il suo sentire di poeta: in contrasto con il canone classico e persino con quello a lui contemporaneo, in aperto dialogo con la musica disarmonica e scostante della vita, narrandoci anche in versi le maschere della società, le identità molteplici e stratificate e persino una natura fatta di un ciclo non di rinascita, ma di laceranti abbandoni, come il volo delle rondini nel cielo di settembre.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Le speranze se ne vanno come rondini”: la poesia “Settembre” di Luigi Pirandello
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