SoloLibri.net
  • News
    • News dal mondo dei libri
    • Ultime uscite in libreria
    • Concorsi e premi letterari
    • Fiere del libro e festival letterari
    • Dal libro al film
    • Ti presento i miei... libri
  • Recensioni
    • Recensioni di libri
    • Novità libri
    • Uno scrittore ci racconta un libro...
    • Indice libri - autori - editori
  • Rubriche
    • Approfondimenti
    • Libri da leggere e regalare
    • Storia della letteratura
    • Consigli per scrittori
    • Come si scrive?
    • Parole, proverbi e modi di dire
    • Aforismi e frasi celebri
    • Lavoro con i libri...
  • Speciale Scuola
    • News scuola
    • Esame di maturità
    • Università
  • Chi siamo
  • Collabora
    • Scrivi una recensione
    • Diventa un collaboratore
    • Scrittore? Promuoviti con noi

CONTINUA A SEGUIRCI

Facebook Twitter Instagra, Flipboard Google News RSS

Storia della letteratura

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare”: da quale poesia è tratto il celebre verso di Gabriele D’Annunzio

Il principio di settembre porta inevitabilmente con sé un celebre verso di Gabriele D’Annunzio che recita: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare.” Ma da quale lirica è tratto? Scopriamone testo, parafrasi, analisi e commento.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 01-09-2022
“Settembre, andiamo. È tempo di migrare”: da quale poesia è tratto il celebre verso di Gabriele D'Annunzio

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare.” Il primo giorno di settembre porta con sé la promessa di un nuovo inizio, il che si collega direttamente all’idea di movimento e alla prospettiva di avanzare in una direzione ben precisa.
In un solo verso Gabriele D’Annunzio, il poeta vate, è riuscito ad esprimere entrambe queste sensazioni tipicamente settembrine: l’inizio e il movimento, tramite l’accostamento di due verbi “andare” e “migrare” che appaiono quasi sinonimici, eppure esprimono due moti differenti. L’uso dell’imperativo “andiamo” riflette la necessità di muoversi, di spostarsi, appare come una chiamata alle armi: levatevi, alzatevi, sottintende un incitamento. L’infinito “migrare” invece rimanda all’idea dell’erranza e al proposito della ricerca di un luogo più accogliente, quindi, in breve, al cambiamento.

Nel verso di apertura della lirica I pastori, D’Annunzio esprime una sorta di “passaggio di stato”: dalla stasi al moto, dalla pace alla irrequietezza, tutte sensazioni che, a ben vedere, la fine dell’estate porta con sé.
Settembre è iniziato, è tempo di andare; ciascuno torni alle attività consuete nella stagione che porta il profumo dell’uva matura evocando il tempo della raccolta e della vendemmia.

La poesia I pastori (il cui titolo originale era I pastori d’Abruzzo, Ndr) fu scritta da Gabriele D’Annunzio nel 1903 ed è contenuta nell’ultima sezione dell’Alcyone intitolata Sogni di terre lontane. La raccolta Alcyone rappresenta il vertice massimo della poetica d’annunziana e si presenta come un’autentica celebrazione della natura: nelle cinque sezioni dell’opera infatti il poeta descrive il trionfo della primavera sino all’arrivo dell’autunno. I pastori, ambientata nel tempo mite di settembre che preannuncia l’imminenza della stagione autunnale, rappresenta una delle liriche conclusive.

Scopriamo testo, parafrasi e analisi del componimento.

I pastori di Gabriele D’Annunzio: testo

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

I pastori di Gabriele D’Annunzio: parafrasi

Settembre è arrivato, è ora di partire.
Adesso, in Abruzzo, i pastori, miei conterranei, lasciano i pascoli montani e scendono verso il mare:
si dirigono verso il mar Adriatico in burrasca che appare verde come i pascoli montani. Lungo il cammino hanno assaporato la dolce acqua delle montagne che ha il sapore delle loro terre e resterà nei loro tristi cuori di migranti per confortarli, affinché la loro nostalgia (della terra natia) sia meno dura.
I pastori hanno fabbricato nuovi bastoni di legno di nocciolo e ora camminano per il sentiero antico che conduce verso la pianura, quasi fosse un fiume d’erba silenzioso, seguendo le orme lasciate dai loro antenati.

È gioiosa la voce di colui che per primo scorge in lontananza il tremolio delle onde del mare. Ora il gregge procede lungo la costa. Il vento tace, mentre il sole si riverbera dorato sul mantello delle pecore, rendendolo di un colore simile alla sabbia.
Il movimento delle onde si accompagna al lento calpestio del gregge, sono rumori dolci.
Ah, perché io non sono con i miei pastori?

I pastori di Gabriele D’Annunzio: analisi e commento

Amazon

Vedi su Amazon

Nella lirica I pastori, Gabriele D’Annunzio compone un idillio pastorale che sembra riflettere lo schema classico, seguendo la tradizione delle Bucoliche virgiliane. Come non associare ai pastori cantati da D’Annunzio, Titiro e Melibeo, i protagonisti della prima ecloga di Virgilio? Anche i pastori abruzzesi di D’Annunzio, proprio come Titiro, sono costretti a partire: ma il loro non sarà un esilio senza ritorno.
La lirica d’annunziana è pervasa da un sentimento di struggente nostalgia, che sembra ben accostarsi ai dolci moti dell’aria di settembre che segna la fine dell’estate. L’imminenza dell’autunno rievoca nel cuore del poeta vate la nostalgia e l’affetto per la propria terra natale, l’Abruzzo. Riportando in vita una delle tradizioni più antiche della propria terra, la pratica della transumanza, D’Annunzio sembra rispondere a questo nostalgico richiamo d’amore.

In quattro strofe in versi endecasillabi il poeta ritrae passo passo il cammino dei pastori che come ogni anno, seguendo una pratica antica, con l’arrivo del vento d’autunno abbandonano i pascoli montani per dirigersi verso le aree costiere. La lirica è chiusa significativamente da un endecasillabo finale, che appare isolato e distaccato dagli altri versi, e ci restituisce intatta la nostalgia del poeta tramite l’emergere della voce dell’Io lirico che improvvisamente si intromette nel canto con un grido accorato: “ah, perché io non sono con i miei pastori?”.

La poesia si apre con un’esortazione: l’invito a partire è dato dall’imperativo “andiamo”. Seguono quindi tutte le varie fasi del viaggio: dalla preparazione (i pastori si abbeverano alle fonti montane e forgiano i bastoni, Ndr) sino al cammino dai monti verso il mare. L’arrivo dei pastori alla meta viene descritto come un momento di quiete, riflette una pace idilliaca: il sole risplende sul manto delle pecore e il loro lento scalpiccio si accompagna allo sciacquio delle onde marine.
D’Annunzio evoca una serie di suoni onomatopeici che si riflettono nelle orecchie dei lettori come dolci rumori familiari, suoni che ci restituiscono l’atmosfera accogliente e piena di grazia di settembre. Ogni nuovo inizio possiede un suono dolce, d’altronde, e ci ricorda che la vita è un continuo “incominciare”.

I pastori di Gabriele D’Annunzio: figure retoriche

  • Apostrofe: la poesia si apre con un’esortazione “Settembre, andiamo”
  • Allitterazioni: numerose le allitterazioni dei suoi r e l che danno il ritmo alla poesia. Nel primo verso in particolare la ripetizione del suono “r” produce una ripetizione confortante che suggerisce la presa mnemonica del verso “settembre; migrare; ora; terra”.
  • Personificazione: il mare Adriatico viene definito “selvaggio” come un uomo straniero o un animale non ancora domato.
  • Similitudini: il mare è verde come i pascoli dei monti; la lana del gregge è dorata come la sabbia.
  • Metafora: “erbal fiume silente”, l’erba calpestata dai pastori appare come un fiume silenzioso in cui non s’ode neppure il lento sciabordio dell’acqua. Nel componimento sono frequenti i simboli e le analogie tra i pascoli e il mare.
  • Onomatopee: “isciacquio; calpestio” sono espressioni che evocano suoni.
  • Sinestesia: l’espressione “dolci rumori” produce l’accostamento di due sfere sensoriali diverse, quella uditiva e quella del gusto.
  • Epifrasi: nell’endecasillabo finale, definito dalla domanda retorica “perché io non sono con i miei pastori?” è racchiuso il senso dell’intero componimento, ovvero la nostalgia del poeta che ha dato origine al canto.
Facebook
Twitter
Linkedin
Flipboard
Whats app
email

© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare”: da quale poesia è tratto il celebre verso di Gabriele D’Annunzio

Naviga per parole chiave

Approfondimenti su libri... e non solo Gabriele D’Annunzio Poesia Storia della letteratura News Libri

Lascia il tuo commento Leggi commenti

Commenti: 1

  • ADRIANA
    26 febbraio, 17:28

    Molto interessante e bello il tutto

Segui Sololibri sui social

Facebook Twitter Instagram Flipboard Google News Youtube

Segui Sololibri sui social

Facebook Google News Instagram Twitter Youtube Flipboard

Tutte le Recensioni e le novità dal mondo dei libri nella tua casella email!

ISCRIVITI SUBITO
Ami leggere?

Seguici, commenta le recensioni e consiglia i libri migliori da leggere

Novità libri

Scrivi una recensione

Diventa un collaboratore

Sei uno scrittore?

Segui i nostri consigli e promuovi il tuo libro gratis con Sololibri.net

Consigli per scrittori

Ti presento i miei... libri

Uno scrittore ci racconta un libro

Link utili

Informazioni generali

Condizioni di pubblicazione

Privacy

Preferenze pubblicità

Chi siamo

Segui Sololibri sui social

Pagina Facebook Profilo Twitter Profilo Instagram Flipboard Google News Youtube Telegram RSS

Sololibri.net / New Com Web srls
C.F./P.Iva 13586351002