

Senectus
- Autore: Alfonso Sciacca
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2025
Il saggio di Alfonso Sciacca che ha come titolo Senectus (Qed, 2025) è un testo prezioso per quel suo riprendere il concetto di vecchiaia come lo aveva formulato Cicerone, nell’antica Roma, con il libro De Senectute.
Prima di addentrarci nei pensieri ciceroniani, ne prendiamo uno che riguarda essenzialmente solo il desiderio e la voracità del sesso. Anche nella Roma di Cicerone c’erano vecchi che non lasciavano in pace mogli e fantesche. Ebbene il nostro autore, del desiderio sessuale in vecchiaia, ne scriveva il peggio possibile. Come si fa a mettere a soqquadro ragionevolezza e saggezza, per un desiderio ormai morto, che dovrebbe solo essere ricordato?
Chi scrive ricorda la vita di Giacomo Leopardi, che non arrivò nemmeno alla piena maturità per morire e che era stato flagellato dal desiderio del sesso in modo così febbrile addirittura da provarci col suo migliore amico, Antonio Ranieri, che l’ospitava nella sua casa a Napoli. Tutte bugie e cattiverie per un uomo geniale, che visse nell’infelicità, sempre. Dopo questa notizia che è un piccolo capitolo nel libro e dove il romano antico di De Senectute scrive il necessario sui mali della vecchiaia, si arriva alle gioie della vecchiezza. Né più ansie, né più ambizioni, né più lussuria, il vecchio di Cicerone ha trovato il suo periodo migliore all’approssimarsi dell’età che avanza. De Senectute è un libro poderoso e bello. Certo, i seguaci di Michel Houellebecq lo potranno trovare mortifero, ma esiste da secoli ed è il libro latino con italiano a fronte più venduto. Quindi le persone non accettano sempre i motti di spirito né le cattiverie di questo millennio.
La verità è che Cicerone, mentre scriveva, aveva la pace nella testa e nel cuore - e pace ai novantenni dell’epoca romana, di cui si parla poco, quando, entrati nei cinquant’anni, non eri più giovane, perché le persone morivano presto. Ma c’era anche la vecchiezza estrema, mentre gli dei, immortali, giovani e bellissimi sfrecciavano nei cieli di Roma, combinando scherzi inammissibili se hai duemila anni di età. Cicerone trovava nella conversazione e nella riflessione le attività migliori, ma anche in quei tempi antichi c’era chi aveva dimenticato tutto e non sapeva dove si trovava. È azzardato parlare della malattia dell’Alzheimer, perché non c’è nessuna prova. Poi le persone non più giovani, ai tempi, erano molto più strutturate e mandavano i figli maschi in guerra senza eccessivi piagnistei. C’è poi la categoria degli invidiosi: inutile dire che in vecchiaia la loro vita sarà vuota, perché all’accrescimento morale e civico non hanno mai pensato e l’invidia li porterà via lontani da tutti.
È imbarazzante per noi tanta saggezza secolo dopo secolo. Cicerone ci avrebbe trovati impauriti, noi del nuovo millennio, ma anche con vite vuote, in caccia di un nuovo e potente cellulare. Per dire due parole oggi, l’anziano dell’antica Roma avrebbe dovuto andare nei centri anziani per parlare delle mille bollette, del carovita, dei politici incapaci. Facciamo che lo scrittore si sia svegliato, e avrebbe detto a tutti del sogno-realtà.
Senectus, in ogni caso, è un libro estremamente interessante, scritto con mano felice in italiano, perché chi scrive non si ricorda nemmeno o quasi di aver studiato latino.

Senectus
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