Perché siamo così ipocriti sulla guerra
- Autore: Fabio Mini
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2012
Aldilà delle belle parole di Stato che spacciano per sante crociate di esportazione violenta di democrazia e missioni di pace gestite a mano armata (sic!), l’atto della guerra rimanda di per sé a una mistificazione, a motivazioni recondite e sottaciute (senza grandi sforzi di fantasia si può intuire afferiscano, per lo più, a interessi economici).
Il pamphlet che Fabio Mini pubblica per la collana Reverse di Chiarelettere (“Perché siamo così ipocriti sulla guerra?”, 2012) ha un titolo rivelatore proprio della doppiezza dei governi in tema di conflitti militari: da un lato le giustificazioni ufficiali dall’altro le verità nascoste. Scrive senza parafrasi Mini:
“Ogni guerra si è procurata i pretesti sia facendo appello a motivi giusti e veri, sia fabbricandone di falsi. Dalla guerra di Troia alle “operazioni umanitarie” di oggi”.
Amen, e come smentirlo, del resto? L’assunto è lapalissiano, se a sostenerlo è un generale di lungo corso (quale Fabio Mini), cento volte di più. Nella fattispecie soprassiedo persino all’irritazione che mi viene dalla “moda” di scrivere male del piatto in cui si è mangiato (ultimo venne il corvo in Vaticano) e auguro a questo j’accuse lunga e fortunata vita anti-war: hai visto mai possa servire ad aprire occhi e coscienza ai creduloni o ai succubi agli interessi di stato. La disamina del suo autore parte dunque dal presupposto della diffusa ipocrisia in fatto di guerre, suffragando la tesi attraverso cinque “ragioni” (cinque “perché”, cinque stazioni di un articolato campionario di bugie): menzogna, affari, arte dell’ipocrisia, il gusto della guerra, l’ipocrisia della normalità; per un’ottantina di pagine atte a smascherare gli altarini bellici della storia (e) delle nazioni, aldilà dei luoghi comuni e degli atteggiamenti giustificazionisti a prescindere (ad ogni morto inutile nella guerra in Afghanstan, per esempio, quanti patetici tutori della ragion di stato, sulla stampa e in tv). Cantava De Andrè: "Era partito per fare la guerra/ per dare il suo aiuto alla sua terra/ Gli avevano dato le mostrine e le stelle/ e il consiglio di vendere cara la pelle/ (…) ora che è morto la patria si gloria/ di un altro eroe alla memoria”. E, saltando di palo in frasca, scrive il generale Mini:
“(…) I tribunali internazionali per i crimini di guerra non riescono a processare equamente nessuno. O sono asserviti a chi li finanzia e alle esigenze dei vincitori, o non hanno neppure gli strumenti giuridici adatti alle circostanze”.
Amen 2: i casi recenti di giustizia sommaria perpetrati contro Saddam Hussein, Bin Laden e Gheddafi (gli ultimi due, peraltro, in tribunale non ci sono nemmeno arrivati), sono la prova (alquanto “disturbante”) della veridicità di quanto sostiene Mini in questo saggio dal contenuto demistificatorio. Dati i tempi, direi quasi salutare.
Perché siamo così ipocriti sulla guerra?
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