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Storia della letteratura

Perché leggere oggi “Gli indifferenti” di Alberto Moravia

Il 26 settembre 1990 moriva lo scrittore Alberto Moravia. Lo ricordiamo attraverso il suo capolavoro assoluto “Gli indifferenti”, scopriamo perché è un libro che oggi tutti dovrebbero leggere. Cosa rende un'opera scritta nel lontano 1929 ancora così profondamente attuale?

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 26-09-2022
Perché leggere oggi “Gli indifferenti” di Alberto Moravia

La mattina del 26 settembre 1990 lo scrittore Alberto Moravia venne trovato morto nel bagno del suo appartamento romano sul Lungotevere della Vittoria. Se ne andava una mente ricca di ingegno e spirito critico, il pioniere del romanzo borghese e della narrazione esistenzialista, colui che aveva narrato con lucido realismo e inedita capacità introspettiva la crisi esistenziale della società italiana dall’ascesa del fascismo al secondo dopoguerra.

I suoi romanzi possono essere considerati tuttora come opere di estrema attualità, prima tra tutti il suo esordio Gli indifferenti (1929), autentico capolavoro della letteratura del Novecento, considerato il primo romanzo esistenzialista italiano.

Scopriamo perché Gli indifferenti è un libro che tutti dovrebbero leggere e analizziamo più a fondo le ragioni della sua stringente attualità.

“Gli indifferenti”: il romanzo di esordio di Alberto Moravia

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Alberto Moravia iniziò la stesura de Gli indifferenti giovanissimo, appena diciottenne, mentre trascorreva un lungo periodo di convalescenza presso la clinica svizzera di Bressanone. Sin dalla tenera età Moravia soffriva di una forma di tubercolosi ossea detta “Morbo di Pott”, che lo privò dei divertimenti e dei giochi dell’infanzia costringendolo a trascorrere molte ore in solitudine. Fu proprio la malattia, con tutte le sue drammatiche conseguenze, a rafforzare la sua vocazione di scrittore ponendo sugli occhi di Alberto quella lente peculiare che in futuro gli avrebbe consentito di sviscerare a fondo le dinamiche sociali.

Il giovane Alberto Pincherle decise di pubblicare il libro a sue spese, a un costo di circa cinque mila lire, presso la casa editrice milanese Alpes. Lo firmò con lo pseudonimo di Alberto Moravia, in omaggio al cognome da nubile della propria nonna. Gli indifferenti, sin dalla sua prima pubblicazione in un numero ancora ridotto di copie, fu accompagnato da una certa aura di scandalo. La critica lo considerò da subito come uno degli “esperimenti più interessanti della narrativa italiana.”
Quel giovane scrittore ventenne puntava il dito contro una società ipocrita e bigotta, ne smascherava il conformismo e l’inettitudine con un stile asciutto ed essenziale che finalmente aveva l’ardire di chiamare le cose con il loro vero nome. Nelle sue pagine Moravia metteva in scena la tragedia grottesca dell’umanità moderna che si consumava nell’angusto palcoscenico delle mura domestiche.

I protagonisti del romanzo sono una tradizionale famiglia borghese, gli Ardengo, che vive nel quartiere più rinomato della capitale: i Parioli. Tramite le vicende dei quattro personaggi principali: la ragazza Carla, il fratello Michele, la madre Mariagrazia e il ricco Leo Merumeci, Alberto Moravia riesce a dar voce a un’umanità profondamente egoista e avida che guarda soltanto ai propri interessi. “Gli indifferenti” del titolo delinea infine una vera e propria condizione esistenziale che ciascuno dei protagonisti subisce, ognuno a proprio modo.

Nel libro si possono già cogliere tutte le tematiche fondanti della narrativa moraviana: la noia, il conformismo borghese, l’incapacità dei giovani di imporsi nel mondo attraverso le proprie scelte. Attraverso Gli indifferenti Moravia rivelava al pubblico il vero volto dell’uomo moderno, compiendo un’attenta analisi in chiaroscuro della società che appare ancora incredibilmente attuale.

“Gli indifferenti” di Alberto Moravia: la trama

Gli indifferenti è una tragedia che si consuma nello spazio chiuso, quasi claustrofobico, delle pareti domestiche. È la casa l’ambiente nel quale i quattro personaggi si muovono come burattini guidati da un abile prestigiatore. La crisi dei valori si consuma proprio nell’ambito dell’incorruttibile famiglia tradizionale, che diventa teatro della crisi di un’intera società.

I fratelli Carla e Michele Ardengo vivono in compagnia della madre vedova, Mariagrazia. Un giorno il ricco signor Leo Merumeci, amante di Mariagrazia, inizia a rivolgere le proprie attenzione alla figlia di lei, la giovane Carla. Inizia così un complesso gioco di triangoli amorosi governati da un’ipocrisia di fondo. Non è l’amore né il sentimento a guidare le azioni dei personaggi, ma l’egoismo dell’interesse personale.
Carla vede in Leo uno strumento utile per sfuggire dal destino del “buon matrimonio” che la madre le ha creato su misura, cucendoglielo addosso come un vestito; mentre Leo vede nella ragazza un nuovo divertente passatempo con cui dilettarsi. Dal canto suo, anche la borghese Mariagrazia è legata all’uomo da puro interesse, poiché è lui a consentirgli di continuare a condurre una vita agiata nonostante la vedovanza. Poi c’è Michele, emblema del giovane inetto e ammalato di noia, che si serve dell’amore per Lisa per dimostrare a sé stesso di provare ancora un sentimento autentico in un mondo che invece appare finto come una scatola di cartone. Persino l’azione finale compiuta da Michele - che dovrebbe essere la conclusione risolutiva dell’intera vicenda - è destinata a fallire ignominiosamente.

Tutti i personaggi abitano bene lo spazio della propria indifferenza tessendo una rete di diaboliche menzogne che, infine, fanno ben comodo alla vita di ciascuno. Il finale rimane volutamente sospeso, perché Alberto Moravia non vuole mostrarci un mondo in cui la verità sia rivelata, ma l’inscalfibile perbenismo borghese che tende maliziosamente ad occultare, a nascondere, a rimodellare la realtà per perseguire i propri fini di successo, carriera, realizzazione.

Recensione del libro

Gli indifferenti
di Alberto Moravia

Nel suo ritratto spietato della borghesia Moravia mostra al lettore personaggi imprigionati nel ruolo che la società ha cucito loro addosso, incapaci di vivere davvero, ma impegnati unicamente a perseguire i loro scopi, intrappolati in una serie di obblighi e apparenze. L’indifferenza dunque assume la veste di un malessere sociale opprimente da cui nessuno prova davvero a liberarsi. Sotto la patina di questa indifferenza che abita le cose vediamo un mondo sempre più materiale che ha trasformato le persone in oggetti, i sentimenti in merce di scambio collettiva. Gli indifferenti è la narrazione spietata di una società che ha perso il suo valore umano.

Perché Gli indifferenti è un romanzo attuale

L’epoca storica è mutata, eppure la condizione dell’uomo contemporaneo non è poi molto diversa da quella degli anni Venti del Novecento: l’indifferenza, anzi, è un sentimento che si è aggravato sviluppandosi come un cancro nella società sino a divenire una malattia silente e inguaribile.
Nella sua narrazione esistenzialista Moravia ci presenta il prototipo dell’uomo moderno che, una volta soddisfatti tutti i suoi bisogni primari, non trova più alcuno scopo nella vita. L’uomo borghese descritto dall’autore appare incapace di provare emozioni e sentimenti che siano veri, autentici, sottratti alla freddezza del calcolo e dell’opportunismo sociale. L’incomunicabilità è l’unico collante che lega tra loro tutti i protagonisti del romanzo, che vivono in un’atmosfera di perenne menzogna, incapaci di essere sinceri l’uno con l’altro.

L’aria che si respira nella dimora degli Ardengo non è molto diversa che quella che tira oggi nelle nostre città. La Roma degli anni Venti che Moravia racconta: una Roma afflitta dalla crisi economica, che assiste all’ascesa implacabile del fascismo, non è poi molto diversa dalla Roma di oggi.

Il giovanissimo Moravia scrisse un romanzo neorealista fortemente calato nello spirito politico dell’epoca: ricordiamo che, quando l’autore iniziò a porre mano al manoscritto, il delitto Matteotti si era appena compiuto e il fascismo era agli albori. La società degli anni Venti scivolava verso una forma di tacito consenso e - attraverso la penna - Alberto Moravia ne smascherava l’ipocrisia ben celata dietro la bella maschera del perbenismo.

L’indifferenza rappresenta il primo segnale di egoismo, il primo campanello di allarme e Moravia decise di farne il titolo del proprio romanzo d’esordio che esplose come una bomba nell’ambiente socio-culturale degli anni Venti connotato dall’ascesa del fascismo.
Gli indifferenti oggi assume un significato ben più ampio e appare con un indice puntato di condanna: indifferenti non lo siamo anche noi? Non lo siamo forse tutti? Quanto siamo colpevoli dei nostri silenzi, delle nostre menzogne, delle nostre piccole meschinità? Indifferenti sono tutti coloro che non cercano di cambiare le cose e le accettano così come sono per quieto vivere, che preferiscono abitare una realtà desolante anziché lottare per una vita migliore, che attraverso la propria indolente apatia rimettono sempre la decisione nelle mani degli altri.
Alberto Moravia parla di quel sentimento di aridità morale che pervadeva una borghesia capace di rinnegare l’individualità personale a favore di un ipotetico superiore buonsenso comune, oggi come allora. Nel subbuglio di quel piccolo microcosmo familiare dell’agiata borghesia romana si agitava intanto, non visto ma onnipresente, lo spettro della Storia.

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Commenti: 1

  • Vincenzo Mazzaccaro
    26 settembre 2022, 22:14

    Sono molto colpito da questa analisi del romanzo di Alberto Moravia Gli indifferenti. Colta, piena di riferimenti all’attualità, scritta benissimo peraltro, da chi vive mangiando pane e libri. Una sola postilla, magari anche sbagliata che mi viene da fare. Noi, uomini e donne del nuovo millennio purtroppo non siamo così indifferenti e apatici. Scrivo purtroppo non perché l’indifferenza sia uno stato d’animo positivo, ma perché può diventare altro. Il romanzo di Moravia non è chiuso a chiave per sempre. Anzi ha spinto molti lettori a trovare un senso a questa apatia, a rispedirla al mittente come un sentimento borghese del primo Novecento che non ci appartiene già più.
    In epoca social altro che indifferenti, molti di noi sono dei narcisisti compulsivi che pensano che la loro vita non è poi così male e la riproducono fedelmente sui social, soprattutto Instagram. Magari gli utenti di questo social fossero apatici e indifferenti. Farebbero meno guai. Invece il narcisista egoista che narra la sua storia tra foto e video adatte a Instagram pensa che sia già un bel biglietto da visita ricevere uno stock di mutande gratis, basta solo metterle in bella vista su una foto. Il profilo Instagram per le persone più belle, più cliccate, con più follower, diventa una specie di lavoro, anzi un lavoro a tempo pieno. Il narcisista individualista è tutto tranne che indifferente, e paradossalmente i personaggi di Moravia sembrano migliori dopo quasi un secolo dalla scrittura del libro. Mentre molti di noi sono mostri veri. Carla ora sarebbe una addetta alla moda online e una influencer, mentre Michele urlerebbe su Twitter tutto il suo disagio, per poi calmarsi per dare spazio alla pubblicità del suo corso yoga.

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