Lo scrittore tedesco Thomas Mann, premio Nobel nel 1929, e autore di tante opere ritenute capolavori fra cui I Buddenbrook e La montagna magica, dopo la Prima guerra mondiale e la caduta dell’impero prese posizione a favore della democrazia.
Nel 1933, quando Hitler vinse le elezioni, Mann si trovava in Svizzera. Benché in Germania avesse ricchezza e onori decise di non rientrare in patria, consapevole che gli sarebbero state tolte. Ad aggravare la sua posizione, oltre alle sue opinioni politiche, c’era il fatto che Mann fosse sposato con un’ebrea.
Lo scrittore perse così la sua bella casa di Monaco, la sua ricca biblioteca e poi gli venne revocata la laurea honoris causa dell’università di Bonn, i suoi libri vennero messi al bando e infine gli venne tolta la cittadinanza. Per fortuna si era premunito e la Repubblica cecoslovacca, paese con una nutrita presenza di cittadini di lingua tedesca, gli aveva conferito la cittadinanza e rilasciato il passaporto.
Prima dello scoppio della guerra ricevette un invito dagli Stati Uniti ad assumere una cattedra in America.
Invito che accettò.
L’opinione di Thomas Mann sulla Germania nazista
Negli Stati Uniti accettò anche la proposta di pronunciare diversi discorsi radiofonici che erano rivolti al popolo tedesco durante la guerra. Possiamo immaginare che per una parte dei tedeschi lui fosse un traditore.
Ne riportiamo uno:
Ascoltatori tedeschi! Vi parla uno scrittore tedesco, la cui opera e la cui persona sono proscritte dai vostri potentati, e i cui libri, anche se trattano del più tedesco dei Tedeschi, di Goethe per esempio, non possono più rivolgersi nella propria lingua che a popoli stranieri e liberi, mentre per voi debbono rimanere muti e sconosciuti. L’opera mia ritornerà a voi un giorno, lo so, anche se io personalmente non potrò più tornare. Ma fin che vivrò, e anche come cittadino del Nuovo Mondo, sarò un Tedesco che soffre della sorte della Germania e di tutto quello che essa da sette anni moralmente e fisicamente ha causato al mondo, per la volontà di violenti criminali. L’incrollabile convinzione che ciò non può finir bene mi ha ripetutamente indotto in questi anni a dare pubblici avvertimenti, alcuni dei quali, credo, sono arrivati fino a voi. Nella guerra attuale non c’è più possibilità per la parola scritta di sfondare il baluardo che la tirannia ha eretto intorno. Perciò colgo volentieri l’occasione, che le autorità inglesi mi offrono, d’informarvi di tanto in tanto di quello che vedo qui, in America, nel grande e libero Paese in cui ho trovato asilo.
Per Thomas Mann la guerra condotta dalla Germania con l’occupazione di buona parte dell’Europa fu una sorta di patto con il diavolo. La Germania che lui considerava fortemente identitaria, ma anche cosmopolita, aveva manifestato il suo cosmopolitismo con l’invasione.
Nel 1945 mentre era in Svizzera ricevette un invito a ritornare in Germania da parte di uno scrittore tedesco, Walter von Molo. Rispose dicendo che si vedeva costretto a rifiutare.
La sua risposta suscitò molte polemiche, anche perché in Germania per gli scrittori le vicende durante il nazismo furono complesse. E Walter von Molo probabilmente fece parte della cosiddetta emigrazione interna, scrittori rimasti in Germania ma completamente isolati. E non è detto che Mann lo sapesse.
Il suo scritto sul Perché non ritorno in Germania venne pubblicato e poi tradotto anche in Italia.
Ne riportiamo uno stralcio che ci sembra significativo non solo per i contenuti, ma anche per uno stile che oggi potremmo definire desueto, ma che è caratterizzato da un linguaggio ricco di espressioni.
Si possono forse cancellare dalla lavagna questi dodici anni, con tutto ciò che hanno portato, quasi non fossero mai esistiti? Fu ben difficile, fu ben angosciosa nel 1933 la scossa che mi fece perdere la fida base dell’esistenza, casa e Paese, libri, ricordi e patrimonio, mentre in patria si succedevano le manifestazioni meschine, le defezioni e i rifiuti. Non dimenticherò mai più la campagna analfabeta e brutale organizzata a Monaco dalla radio e dalla stampa contro il mio saggio su Wagner, campagna che mi fece comprendere che ogni via di ritorno mi era preclusa; non dimenticherò mai più il mio sforzo per trovare le parole, i miei tentativi di scrivere, di rispondere, di spiegare, quelle che Renè Schickele, uno dei molti amici perduti, per dare un nome ai miei monologhi soffocati, definì: ´Lettere nella notte’. Fu ben difficile ciò che seguì poi: la vita randagia di terra in terra, le complicazioni di passaporto, l’esistenza nei vari alberghi, mentre all’orecchio echeggiavano le vergognose notizie provenienti ogni giorno dal Paese ormai perduto e inselvatichito, ormai fattosi estraneo. Tutto questo, Loro che hanno giurato fedeltà al ´carismatico Führer’ (orrenda, orrenda questa cultura ubriaca!), Loro che hanno coltivato le lettere al seguito di Goebbels, non l’hanno sofferto. Io non dimentico che Loro più tardi hanno subito ben più aspre prove alle quali io sfuggii; ma una cosa almeno Loro non conobbero: lo spasimo dell’esilio, lo sradicamento, il terrore nervoso dei senzapatria.
Thomas Mann e le due Germanie
Per capire meglio bisogna tenere presente che l’invito che lui rifiuta proviene da uno scrittore che durante i dodici anni di nazismo era stato, secondo Mann, dalla parte del nazismo e a guerra finita con la Germania distrutta e divisa in due, dopo aver perduto almeno il trenta per cento dei territori e aver ricevuto milioni di profughi tedeschi dai territori perduti non era nemmeno uno stato, era sotto occupazione e poteva solo sperare in un aiuto dagli americani, che a Thomas Mann avevano dato una cattedra e la cittadinanza.
Thomas Mann si recherà in Germania nel 1949 per un viaggio in cui parlerà sia nella Germania dell’Ovest che in quella dell’Est di Goethe. La Germania era ritornata a essere uno stato, anzi due, e dagli americani aveva ricevuto consistenti aiuti, almeno quella dell’ovest.
La popolazione lo accolse entusiasta, ma lo scrittore ricevette anche tantissime lettere di persone che lo minacciavano e lo consideravano un traditore.
Dovette viaggiare sempre sotto scorta. Le critiche poi gli vennero mosse nella Germania dell’Ovest per essersi recato anche in quella dell’Est. Ma per lui la Germania era una sola; e voleva soltanto che le sue opere venissero lette. Le fece ripubblicare in entrambi i paesi, anche se in Germania dell’Est non ricevette mai i diritti d’autore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Perché Thomas Mann finita la guerra non ritornò in Germania
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