

Padri e fuggitivi
- Autore: S. J. Naudé
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2025
Che sorpresa trovare uno scrittore sudafricano che pubblica in inglese; ai lettori italiani sono noti per lo più J.M. Coetzee e Nadine Gordimer, e quindi il romanzo di S. J. Naudé Padri e fuggitivi (Edizioni e/o, 2025, trad. di Silvia Montis) è proprio una bella scoperta. L’autore, nato nel 1970, ha vinto per due volte il premio Hertzog come unico sudafricano.
La storia raccontata in questo libro a volte spiazzante ha per protagonista lo scrittore Daniel, che vive a Londra; è in crisi d’ispirazione, ha lasciato Capetown, dove è nato e dove vivono il padre, uomo autoritario da cui ha preso le distanze, e sua sorella, sposata e lontana dai suoi orizzonti. La storia dunque inizia a nella capitale inglese, in una caffetteria dove Daniel incontra due uomini serbi, Oliver e Yugo; inizia tra i tre uno strano rapporto di amicizia, tanto che Daniel, che è gay, accetta di ospitare in casa propria i due personaggi che si rivelano a dir poco ambigui.
Dopo aver intrattenuto un rapporto anche fisico molto passionale con i due, insieme e separatamente, improvvisamente scompaiono senza lasciare traccia. Ricompariranno, altrettanto misteriosamente, per convincere Daniel a seguirli prima in Germania, poi nella desolata periferia di Belgrado, dove Daniel troverà situazioni drammatiche.
Il romanzo, diviso in capitoli, prosegue con il ritorno di Daniel a Capetown: suo padre si è ammalato, sta perdendo memoria e facoltà cognitive, e lui si presta a soccorrerlo, stabilendosi con lui in un appartamento in città. Comincia uno strano rapporto tra un padre sconosciuto e un figlio che lo osserva da vicino, cercando di capirne la vera identità e la qualità del loro rapporto, se mai ne avevano avuto uno. Dopo la morte del padre, il suo strano testamento obbliga Daniel a prendersi cura di un cugino, che lui aveva incontrato una sola volta da adolescente, e solo in quel caso riuscirà ad ottenere la metà dell’enorme patrimonio accumulato dal padre. L’incontro tra Daniel e suo cugino Theon, che vive in una sperduta fattoria insieme ai suoi lavoranti, è la parte centrale di questo libro insolito e molto coinvolgente. I due, dopo un approccio difficile, finiranno per unire i loro destini: Theon trascinerà il cugino a Tokyo, per curare un bambino ammalato, unico erede di una famiglia di contadini che hanno lavorato con durezza la terra di famiglia.
La storia di Daniel e Theon segue mille rivoli inaspettati e il lettore si troverà a guardare a rapporti insoliti che lo scrittore descrive in modo magistrale. Uno stato, il Sudafrica, sterminato, dove cresce erba altissima, una sorta di mare che tutto copre, tutto sommerge, uomini, donne, padri, figli, amori, parentele, in una società che cerca di tenere uniti bianchi e neri, grandi ricchezze e miserabili povertà, lingue diverse, origini separate, eredità sconcertanti. Il romanzo è tradotto da Silvia Montis con un linguaggio scorrevole ma molto incalzante.
Interessante la visione del mondo del giornalista-scrittore-viaggiatore Daniel, che dialogando con il cugino afferma:
Credi che la mia esistenza – fosse – sia l’ideale? Che vivere in una città del mondo a casaccio sia affascinante, prestigioso? Fare la spola tra città e continenti? Condurre una vita raminga, alla deriva? Tutto inizia a sembrarti distante, astratto, come se guardassi il mondo attraverso un cannocchiale ma dal lato sbagliato.
Questa metafora, il cannocchiale a rovescio, mi è sembrata l’immagine più significativa di un romanzo che, come ha scritto Publishers Weekly, “Conserva una stupefacente aura di mistero”.

Padri e fuggitivi
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