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Storia della letteratura

Pace non trovo, et non ò da far guerra: parafrasi e analisi della poesia di Petrarca

Scritto probabilmente tra il 1336 e il 1374, il sonetto "Pace non trovo, et non ò da far guerra" è uno dei più noti componimenti del Canzoniere petrarchesco. Fitti di figure retoriche, i versi presentano il tormento dell'innamorato, costantemente in bilico tra speranza e delusione. Ecco testo, parafrasi e analisi della poesia.

Eleonora Daniel
Eleonora Daniel Pubblicato il 15-11-2020
Pace non trovo, et non ò da far guerra: parafrasi e analisi della poesia di Petrarca

Pace non trovo, et non ò da far guerra è un sonetto di Francesco Petrarca composto tra il 1336 e il 1374 e presente all’interno del suo Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta). Si tratta di uno dei componimenti più noti del poeta trecentesco: ricchi di artifici retorici (e in particolar modo di antitesi), i suoi versi descrivono gli effetti che l’amore per Laura, la donna amata, hanno sull’io lirico, combattuto tra speranza e disperazione, tra amore e morte.
Scopriamo insieme testo, parafrasi e analisi di Pace non trovo.

Testo

Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra;
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.

Parafrasi

Non trovo pace, ma non ho nemmeno modo di combattere; e temo e spero; e ardo (d’amore) e mi sento gelare (per il timore); e volo sopra al cielo e sprofondo a terra; e nulla stringo e tutto il mondo abbraccio.
Così mi tiene prigioniero l’amore, che non mi libera né mi rinchiude del tutto, né mi trattiene ma neppure scioglie le mie catene; e non mi uccide, ma neppure mi vuole vivo o mi salva dalle sofferenze.
Vedo senza occhi e non ho lingua e grido; e desidero morire e chiedo aiuto; e ho in odio me stesso e amo un’altra persona.
Mi nutro di dolore, rido piangendo; ugualmente disprezzo la vita e la morte: e sono ridotto in questo stato, donna, per voi.

Analisi e figure retoriche

Lo schema metrico di Pace non trovo è quello di un sonetto tradizionale, composto da 14 endecasillabi suddivisi in quartine a rima alternata e terzine a rima ripetuta (con schema ABAB ABAB CDE CDE).

Fin dal primo verso del componimento è reso evidente, tramite il forte gioco di opposizioni, il dissidio interiore dell’io lirico, incapace di districarsi tra l’amore per Laura e il tormento che questo sentimento gli infligge. Si alternano così, tra i versi, il fuoco della passione e il gelo della disperazione, slanci speranzosi di entusiasmo e disillusione, amore e morte.
La condizione dell’innamorato è paragonata a quella di un prigioniero di Amore, sentimento talmente potente da vincolare l’uomo (vincolare in senso etimologico: ridurre in catene), senza mai liberarlo realmente, ma senza nemmeno ucciderlo.
Indecisione e incertezza sono le uniche certezze concesse all’innamorato, a cui non resta che nutrirsi del proprio dolore e allo stesso tempo gioirne, provare a gridare senza voce il proprio amore e il proprio dolore un giorno e il successivo affidarsi alla speranza — ammutolire di fronte all’amata è un motivo tipicamente stilnovistico: accade lo stesso, per esempio, nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare di Dante.

Le figure retoriche della poesia

Questo tormento dell’io lirico è tutto fuorché spontaneamente (o sinceramente) trasmesso dai versi: la tramatura retorica della poesia è molto fitta. In particolare è insistito l’uso di antitesi, che riportano il dissidio interiore del poeta anche sul piano formale. L’intero sonetto, come detto, si regge su un continuo gioco di immagini contrapposte, che costruiscono geometrie studiatissime, in cui ciascun verso è occupato da una o da due espressioni tra loro opposte. Solo nella prima quartina, per esempio, appaiono i seguenti termini: pace-guerra, timore-speranza, fuoco-ghiaccio, cielo-terra, nulla-tutto, apre-serra.
Altra figura ricorrente è l’anafora, soprattutto delle congiunzioni "e/et" e "né".

Questo continuo conflitto tra immagini opposte è inoltre arricchito da chiasmi e parallelismi, che si sommano alle antitesi. Facciamo qualche esempio:

  • chiasmi: "Pace non trovo, et non ò da far guerra" (v. 1: complemento-verbo X verbo-complemento); "Veggio senza occhi, e non ò lingua et grido" (v. 9: verbo-organo sensoriale X organo sensoriale-verbo).
  • parallelismi: "et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra" (v. 3: verbo-complemento // verbo-complemento); "e nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio" (v. 4: complemento-verbo // complemento-verbo).

Ancora, ad aumentare le continue opposizioni sono le cesure presenti tra i versi: ben 11 endecasillabi su 14 complessivi sono spezzati da un segno di interpunzione (virgola o punto e virgola) prima della congiunzione che introduce il secondo termine dell’antitesi. I segni di interpunzione tornano anche al termine di ogni verso e, di conseguenza, in tutto il componimento non è presente nessun enjambement.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Pace non trovo, et non ò da far guerra: parafrasi e analisi della poesia di Petrarca

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