È ancora possibile la poesia?, ci chiediamo ancora oggi, a distanza di cinquant’anni da quando Eugenio Montale nella sua Lectio magistralis si poneva questa domanda e ritirava il Premio Nobel per la Letteratura, proprio in quanto poeta. In un mondo che corre velocissimo, attento all’esteriorità, chi sono i poeti e quale spazio occupa la poesia, la più discreta, paziente e silenziosa delle arti? Spesso esclusivamente relegata nelle scuole, ridotta a mera materia di studio, sembra avere ceduto le armi. Ma c’è una poeta che leva ferma la propria voce, ogni giorno, sulle proprie pagine social, pubblicando poesie che regala a noi lettori, usando un canale, se vogliamo, poco poetico e che ha contemporaneamente scelto il più classico e prestigioso dei mezzi, il libro, nella iconica edizione Einaudi con il titolo Non si tocca la frutta nei supermercati però i culi nelle metropolitane (2025).
Alessandra Carnaroli ci cattura con la sua voce chiara e stonata allo stesso tempo, senza punteggiatura, con un ritmo che nasce dalle parole stesse, e ci consegna una poesia del presente, autentica, forte e potente che parla di quel che accade, in presa diretta, quando accade. Sono spesso i titoli dei quotidiani nazionali a trasformarsi in versi che smascherano l’ipocrisia e la superficialità di quanto passa in TV, sui social e nei giornali, e che altro non è se non il nostro presente, il nostro Tempo.
Commentare la realtà con la poesia, trasformarla in un atto politico che nasce dalla condivisione: è una poesia militante che chiede militanza, quella di Carnaroli. Chiede armi sofisticate per combattere gli stereotipi e il politicamente corretto: interesse, partecipazione, desiderio di comprendere e di smontare la realtà risistemando le cose per riporle ciascuna al proprio posto. L’arma più potente che la poeta usa è l’ironia, esasperata al punto di divenire sarcasmo, un pugno fortissimo allo stomaco che non lascia indifferenti, che ci risveglia dal sonno della ragione e ci tiene lì, incollati alle sue parole. Due forze contrarie agiscono in ciascun testo: una forza centripeta che ci attira nell’abisso del male del nostro presente storico, e una forza centrifuga che ci allontana, salvandoci, attraverso l’ironia.
Mettere ordine. Nelle varie sezioni in cui è diviso il libro, leggiamo poesie che a poco a poco fanno questo: mettono ordine. A questo serve la poesia, “prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo”, come affermava Montale: a farci sentire vivi. Questo fanno le poesie della sezione Nomi, in cui riconosciamo le donne vittime di femminicidio, salutate e legate assieme come in un abbraccio, con un Ave:
Ave Martina / morta per scappare / a uno stupro / dicono che è / un po’ tua la colpa / se non avevi / molto equilibrio.
E non possono mancare le poesie dedicate a Gaza:
Le donne/ di Gaza / sono costrette / a partorire / per strada / sulle strisce / o nei parcheggi / rosa.
La poesia di Carnaroli è questo: è antilirismo, è disincanto, è dissacrazione. Prende parola per definire ciò che abbiamo davanti agli occhi e non siamo in grado di nominare.
Non si tocca la frutta nei supermercati però i culi nelle metropolitane
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