Muro di nebbia di Michele Catozzi

Muro di nebbia (TEA, 2021) di Michele Catozzi è il quarto romanzo della serie del commissario Aldani, iniziata con Acqua morta e proseguita con Laguna nera e Marea tossica.

In questa avventura la squadra di Nicola Aldani si trova ad affrontare un serial killer, quello a cui tecnicamente si riferiscono come “omicida seriale” e che l’opinione pubblica chiama “mostro”.

«Mostro?» [...] Aveva sperato fino all’ultimo di non sentire certi appellativi, già si prefigurava il terribile passaparola mediatico, ma non aveva fatto i conti con la strana razza dei giornalisti. [...] «Piantala, Schinco, non parlare di mostro.»
«Non sono io a decidere, è l’opinione pubblica.»

Le vittime sono studentesse universitarie, la firma del mostro numeri incisi sulla pelle.
Ad aiutare Aldani viene chiamato da Roma il commissario Dalia Santoro, psicologa, criminal profiler dell’UACV, unità per l’analisi del crimine violento.
Oltre agli indizi concreti saranno gli studi del comportamento a risultare essenziali per l’indagine. Chiunque potrebbe diventare un assassino, è l’inquietante spiegazione della psicologa.

“Sono sempre stata affascinata dagli eccessi umani. Indagare su un omicida seriale è una discesa negli abissi della psiche. Potrei semplificare dicendo che c’è una sottile linea rossa che divide la normalità dalla follia, ma non è così. È più calzante l’immagine di una terra di nessuno che divide i due territori: in quel lembo di terra siamo in tanti e siamo tutti potenziali assassini. Per passare al di là basta davvero un nonnulla”.

Come sempre, protagonista è anche Venezia, stavolta immersa nei nebbioni di novembre, il “caìgo venessian”, spesso nemico ma anche suggestivo.

“L’aria immobile rendeva più tangibile il gravare della foschia che ristagnava densa sull’acqua annullando i confini tra riva e canale”.

“Gli odori di laguna, assottigliati dall’umidità pregnante, solleticavano le narici. Il silenzio era surreale e gli echi lontani della città [...] non riuscivano a infrangerlo, ma ne venivano come risucchiati”.

Come dice la nota dell’autore alla fine del volume, le atmosfere cupe in cui la storia è immersa risentono del periodo in cui il romanzo è stato scritto:

“È dunque in questo scenario fosco e, per fortuna, irripetibile che il romanzo ha preso la forma che ha. In verità, la figura dell’omicida seriale era già comparsa in uno dei primissimi racconti che scrissi con protagonista Aldani, ma non c’è dubbio che l’atmosfera straniante e cupa del lockdown abbia avuto la sua parte nella genesi di Muro di nebbia”.