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Recensioni di libri

Mujeres. Frammenti di vita dal cuore dei Caraibi di Raúl Zecca Castel

Arcoiris, 2020 - Storie di infanzie rubate, gravidanze precoci, maternità complicate, prostituzione e razzismo, di amore per i figli e speranza sono quelle raccolte dall’antropologo italiano Raúl Zecca Castel in questo suo secondo libro.

Claudia Putzu Pubblicato il 17-06-2022
Mujeres. Frammenti di vita dal cuore dei Caraibi

Mujeres. Frammenti di vita dal cuore dei Caraibi

  • Autore: Raúl Zecca Castel
  • Genere: Raccolte di racconti
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2020

La bachata aiuta a soffrire, a volte parla anche d’amore e altre volte, aggiunge Anabel, una delle sette donne che si racconterà in Mujeres. Frammenti di vita dal cuore dei Caraibi, il secondo libro dell’antropologo italiano Raúl Zecca Castel (Edizioni Arcoiris, 2020), viene in aiuto perché "è difficile dire ciò che si sente nel cuore". "Dovresti dedicare una bachata alla tua compagna […]. Ce n’è una ad esempio di Ramón Torres che dice così":

“Tú eres bonita como no hay mujer, tus ojos tienen el azul del mar; tiene el perfume de una linda flor, lo que la envidia quisiera apagar”.

Questa canzone è probabilmente solo una delle tante che rompono il silenzio nel batey Ciguapa, una tra le circa cinquecento comunità invisibili che sorgono nell’entroterra della Repubblica Dominicana, a di distanza da qualunque centro urbano, dove gli abitanti, haitiani o di discendenza haitiana, vivono in condizioni di estrema povertà: gli uomini vengono sfruttati come bracciantato agricolo; le donne non hanno accesso a nessun servizio e a nessuna fonte di reddito e per sopravvivere sono costrette a lavorare nelle piantagioni dove ricoprono ruoli marginali (non meno faticosi) come quello della semina o come domestiche o sarte nelle zone franche, ricevendo trattamenti disumani, che si traducono in violenze fisiche e psicologiche, oppure ad affidarsi all’unica cosa che gli appartiene davvero, il loro corpo.

Quella che si consuma lontano dalle spiagge paradisiache della Repubblica Dominicana, tra le piantagioni di canna da zucchero – parafrasando padre Hartley – germogliate sul dolore di questi migranti irregolari e tra quelle baracche costruite con materiali di recupero e tetti in lamiera, è una vera e propria emergenza sociale, le cui vittime sono rimaste per troppo tempo inascoltate: è proprio questa la volontà di fondo di Mujeres, abbattere quel silenzio a cui queste realtà relegate in una condizione di marginalità subalterna sono state condannate.

Volontà che si esprime nella scelta di Raúl Zecca Castel di dare voce diretta alle protagoniste. Citando Clifford Geertz, scrive: "Avete tra le mani […] ’un’etnografia sulla stregoneria, scritta da una strega’": questa frase è fortemente esplicativa, in quanto il lettore, una volta superata la pregevole introduzione, si troverà faccia a faccia con le toccanti storie delle sette donne che si sono raccontate all’autore, definizione che l’antropologo, in relazione a questo libro, fatica a sentirsi addosso.
Queste pagine accolgono semplicemente le loro esperienze, le loro testimonianze, il loro dolore, senza alcun filtro o distorsione "e non è poco". Molto umilmente ve le presento.

C’è Célestine con la sua gentilezza: lei è andata a scuola, ha i documenti, eppure ha paura di uscire dal batey; a volte vende il pane; ha lavorato come domestica e come sarta nella zona franca.
Flor, che non sa né leggere, né scrivere, ma ha con sé la sua Bibbia e la sua intramontabile fede; a volte piange, perché non riesce a pagare il debito alla bottega, ma sa che Dio non la lascerà sola.
Yvette, che dice di essere invecchiata troppo in fretta. Non sa neanche fare la sua firma. Da piccola aveva una bambola, con la quale non aveva il permesso di giocarci, e la osservava lì, appesa a un chiodo irraggiungibile.
Nora e la sua meravigliosa lucidità, pagata a caro prezzo. Da piccola pensava che la felicità coincidesse con il momento in cui la gallina deponeva il suo uovo, per mangiarlo; da adulta è stata costretta a vedere persone morire di fame.
Anabel e la sua caparbietà. Ha sempre lavorato, sin da quando era bambina. Si è vista costretta a vendere il proprio corpo, per guadagnare il necessario, per comprare il latte ai suoi figli.
Arielle che ha paura e di quella vita ne sente tutto il peso. Lavora nelle piantagioni, ma il salario non è chiaro e la metà viene trattenuta dai suoi “datori di lavoro” e questo è un destino comune delle tante donne che lavorano insieme a lei, ma sarebbe inutile scioperare, non le ascolterebbe nessuno.
Liliane e la sua disarmante fierezza. Il suo unico desiderio per il futuro è quello di trovare lavoro e riuscire a far studiare i suoi figli.

Sono storie di infanzie rubate, gravidanze precoci, maternità complicate, prostituzione e razzismo, e il futuro, parafrasando Anabel, non c’è tempo per pensare al futuro. Sono storie di dolore; allo stesso tempo sono storie pregne dell’amore per i figli, per cui queste donne hanno fatto tanti sacrifici e per cui si augurano una vita diversa, magari anche lontano da loro, che ripaghi quelle speranze disilluse.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mujeres. Frammenti di vita dal cuore dei Caraibi

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