Milton Place
- Autore: Elisabeth de Waal
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2025
Garzanti ripesca un altro capolavoro del passato: Milton Place è il titolo di un romanzo e il nome di un’imponente tenuta nella campagna inglese. Pagina dopo pagina, Elizabeth de Waal, autrice viennese di inizio ’900, di recente riscoperta dalla letteratura internazionale, disegna una metafora della quotidianità e tratta il tema attualissimo delle seconde opportunità. Scritto nel 1922 (qui tradotto da Sara Caraffini), il libro è una prima edizione italiana.
Sappiamo che siamo in febbraio e che il freddo invernale lascia spazio a timidi sprazzi di primavera. Il proprietario, Barlow, ha 75 anni, un passato da consigliere governativo in Africa e Birmania e un futuro su cui pende la minaccia di una residenza per anziani.
La casa di Milton Place è troppo grande, troppo costosa, troppo isolata. Barlow però resiste ai suggerimenti di abbandonare i ricordi, le stanze e il giardino con gli alberi che gli sono familiari. Abita il grande edificio assieme al fido maggiordomo Sims e alla di lui moglie Alice, entrambi avanti negli anni. Giardinieri, chauffeur e personale di fatica si occupano delle incombenze pratiche e visitano raramente l’edificio principale. Come le figlie di Barlow, la distaccata Cecilia e l’efficientissima Emily, troppo prese dalle vicende personali per partecipare a quelle paterna. In un crescendo di isolamento e incomunicabilità generazionale, la quotidianità prosegue in un lento scorrere di giorni sempre uguali e di abitudini consolidate, mentre la grande casa, che custodisce passioni e ricordi, sembra lentamente scivolare nell’abbandono. Sempre più stanze restano chiuse, i corridoi risultano freddi, le cene vengono servite nello studio su un tavolo pieghevole, in una concessione all’efficienza e alla praticità.
Ma Elizabeth de Waal introduce l’elemento di rottura indispensabile al procedere della narrazione. L’imprevisto è travestito da una lettera dal passato. E racconta il dilemma tra la confortante e confortevole esistenza abitudinaria e il brivido della novità. Inutile dire che vince la seconda.
Ignorando il parere contrario della figlia, le difficoltà pratiche e la stessa prudenza, il protagonista decide di offrire ospitalità a una sconosciuta in nome di un ricordo che si tinge di rimpianto. Anita arriva a Milton Place direttamente dal passato del signor Barlow: ricorre a lui per una raccomandazione come governante in nome dell’amicizia che sembra legarlo alla defunta madre. Barlow, da parte sua, oscilla tra eccitazione e dubbio:
Aveva invitato una sconosciuta a condividere la casa con lui, senza specificare per quanto tempo.
Abitudini, piccoli vezzi, manie rischiano di essere sconvolti da una nuova presenza. E così accade, ma in maniera inaspettata. O forse no. E questo è il bello. Il rumore dei passi di Anita sul sentiero in giardino diventano colonna sonora di una promessa di felicità a portata di mano per il padrone di casa. Che scopre, una volta di più, di non voler rinunciare alla sua casa, al giardino. E alla vita.
E vivere significa che nulla è deciso, nulla è concluso, perché oltre ogni fine c’è sempre un nuovo inizio.
Milton Place è un inno all’imprevedibilità della vita e alla capacità di lasciarsi sorprendere. E un’ulteriore prova della capacità dei grandi classici di parlare a ciascuno di noi di temi di portata universale, al di là del tempo e delle trasformazioni sociali.
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