Leopardi
- Autore: Margherita Centenari
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Ancora Leopardi, l’intramontabile e mitico. I giovani, come ha scritto il critico Mario Rigoni, si riconoscono nel suo "disorientamento cosmico" tipico della loro età e non temono di porre sul tappeto la eterne domande sul senso e la finalità della vita.
Ma non è stato sempre così.
Nell’Ottocento Leopardi fu un isolato ed incompreso, con il suo “pensiero poetante” così ben definito da Antonio Prete.
Ne dà testimonianza Margherita Centenari con il saggio Leopardi, incluso nella collana "I grandi della letteratura italiana" di Mondadori (pp. 167, 2023) curata da Giorgio Rivieccio.
Le Operette morali, pubblicate nel 1827, lo stesso anno dei Promessi sposi, furono messe all’indice, considerate amorali e, cosa oggi inaudita, nel 1856 un barbiere di Reggio Calabria, Pietro Merlino, subì l’arresto e fu condannato al pagamento di mille ducati perché possedeva una copia dei Canti, giudicati:
opera pregiudizievole, che nel suo contenuto offende la Religione ed il buon costume.
Con l’indiscusso apprezzamento del De Sanctis e poi di Carducci, Leopardi venne riabilitato dalla critica e inserito nel "gotha" dei più grandi poeti del secolo e non solo. È anticipatore della modernità in quanto a stile e tematiche. Fra i moltissimi estimatori, basti ricordare la devozione leopardiana di Umberto Saba e di Eugenio Montale. Quest’ultimo, nella poesia dell’Agave sullo scoglio che resiste ai marosi (sta in Ossi di seppia) si rifà alla Ginestra, fiore del deserto, in cui il poeta esprime lo scopo etico umano, la formazione della "social catena" come difesa dalla natura matrigna.
Alcuni amici totalmente affezionati al poeta vanno menzionati, Pietro Giordani, scopritore dell’adolescente filologo geniale, (autodidatta nell’apprendimento del greco), di cui ebbe a scrivere nel 1819:
[...] non si parlerà più di nessun ingegno vivente in Italia: egli è di una grandezza smisurata, spaventevole.
Il 1819 è l’anno della grande crisi: Leopardi ventunenne è affetto da una malattia agli occhi che lo porta quasi alla cecità e gli impedisce ogni lettura; manifesta per la prima volta il sentimento della noia metafisica, culminante in fine vita nella “infinita vanità del tutto”, (in A se stesso), il noto "pessimismo cosmico" giunto al compimento. Non è forse un’eco dell’ Ecclesiaste biblica? ("Vanità delle vanità, tutto è vanità").
Nello stesso anno scrive l’idillio L’infinito di evidente sapore mistico. Centenari non ne fa cenno, ma la lirica può senza dubbio essere accostata alla "teoria del tutto" dei fisici David Bohm e Stephen Hawking, tanto più che Leopardi scrisse una "Storia dell’astronomia" a 15 anni, nel 1813. Sempre del 1819 data il suo maldestro tentativo di fuga da Recanati, sventato dal padre. Fu un anno di autentica disperazione, tra malattia e reclusione.
Amici sinceri furono: l’editore Stella di Milano, il quale gli commissionò la cura dell’opera completa di Cicerone, Vieusseux a Firenze; in seguito Antonio Ranieri a Napoli lo assistette per 7 anni con la sorella Paolina.
Schopenhauer apprezzò e si sentì affine a Giacomo, così pure in seguito Nietzsche.
Suo nemico acerrimo fu Niccolò Tommaseo, per questioni ideologiche e dogmatismo. Manzoni si mostrò tiepido nei giudizi, mentre la figlia Matilde lo adorava.
Lascio al lettore la rilettura dell’iter artistico, filosofico e umano del Nostro.
Per lui cade anche l’ultima illusione amorosa, forte ma distruttrice (vedi il ciclo Aspasia, nome “senhal” come usavano fare i poeti provenzali, che nascondevano l’identità del loro soggetto erotico). È l’amore spasmodico non corrisposto per la nobile fiorentina Fanny Targioni Tozzetti.
Margherita Centenari lo definisce nichilista e materialista, confondendo forse materia e natura. Personalmente non condivido queste definizioni troppo semplicistiche. Secondo la scienza la materia è caratterizzata solo da due proprietà: la massa e l’inerzia. La natura leopardiana invece è viva, sa di essere eterna nel processo creazione-distruzione, come il dio Shiva e la sua sposa Shakti (dialogo con “l’islandese” delle “Operette”; la “giovinetta immortal”, la luna del “pastore errante nell’Asia”). Possiede quindi le caratteristiche della divinità.
L’impossibilità del piacere irraggiungibile, il male di vivere culminante con la morte, l’ostilità della natura non fanno di Leopardi un rinunciatario alla vita, tutt’altro. Egli sviluppa la teoria dell’eroe, capace di grandi imprese come contrappeso alla noia, una forma di vitalismo perpetuo; approda alla compassione e alla consolazione del riso (vedi "La ginestra" e poi l’operetta morale Dialogo di Timandro e di Eleandro, nome che in greco significa "colui che ha pietà degli uomini"); denuncia i danni della scienza e della tecnica nell’operetta "L’accademia dei sillografi" (scrittori di testi poetici satirici) dove:
inscenava una strana competizione alla ricerca (impossibile) dell’uomo perfetto, che nel secolo delle macchine non poteva che coincidere con un automa detentore di tutte le qualità ormai perdute dai viventi.
Impressionante e modernissimo. La stessa critica alla società industriale verrà ripresa da Rilke nei Sonetti a Orfeo.
In tutta la sua vasta opera, compreso lo Zibaldone (4526 pagine), i “Paralipomeni della Batracomiomachia” (satira antiliberale) e le mille lettere scritte, Leopardi non sposa nessuna idea del suo tempo. Definisce la sua visione psicologica "scienza dell’anima umana". Procede per antinomie: ragione/natura, vero/illusioni, antichi /moderni. Non le risolve, volutamente, è antisistematico. Forse anzi senza forse, la sintesi si trova nel potere dell’immaginazione:
La sola immaginazione ed il cuore, o le passioni stesse; o la ragione, non altrimenti che colla loro efficace intervenzione hanno scoperto e confermato le più grandi, più generali, più sublimi, profonde, fondamentali, e più importanti verità […] (Zibaldone)
Scrive Rivieccio in prefazione:
[…] il Recanatese era molto in anticipo sui tempi o, per meglio dire, era talmente fuori dagli accidenti del suo tempo storico da rendersi imperituro.
E non si finirebbe mai di parlare di lui. Il libro contiene una splendida selezione di testi leopardiani. Sarebbe più godibile se per la stampa fossero stati adottati caratteri non tanto minuscoli.
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