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Recensioni di libri

Le spose della Luna di Emma Fenu

Officina Milena, 2020 - Emma Fenu approfitta di fatti storicamente accaduti per costruire una storia lontana, dall’atmosfera mitica e dalla lingua evocativa e ricca di suggestioni.

Maria Antonietta Macciocu Pubblicato il 16-03-2020

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Le spose della Luna

Le spose della Luna

  • Autore: Emma Fenu
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Paska Devaddis fu una bandita sarda degli inizi del ’900, all’epoca in cui Orgosolo era teatro della faida tra le famiglie Cossu e Corraine che insanguinò il paese per 12 anni. Accusata di omicidio nonostante fosse poco più di una bambina, per sottrarsi alla vendetta o alla cattura fu costretta alla latitanza sul Gennargentu.
Morì di tubercolosi poco tempo dopo, vergine, e la famiglia, sfidando i nemici e le forze dell’ordine, riuscì a riportarla in paese, per far sì che potesse essere ricomposta nel letto di casa, evitandole il disonore perpetuo della morte in latitanza.

Nel processo sulla disamistade di Orgosolo, che si tenne a Sassari due anni dopo, non fu individuato nessun colpevole della lunga catena di omicidi e la storia della giovanissima Paska fu solo un nome tra i tanti delle numerose faide barbaricine.

Emma Fenu usa una traccia storicamente ininfluente come spunto per entrare e farci entrare in un mondo lontano e appartato, nel quale l’immaginazione racconta la realtà trasfigurandola senza alterarla, anzi ripercorrendola nella sua essenza più intima e plausibile.

Le spose della Luna (Officina Milena, 2020) ci racconta la realtà di un mondo regolato dalle leggi eterne della vendetta, tutt’uno con quelle dell’onore, che passano in eredità di generazione in generazione e di cui le madri sono le vittime custodi. Un mondo in cui, scremate le famiglie dalla presenza degli uomini, vuoi perché pastori sempre agli ovili, vuoi perché latitanti in quanto mani armate di giustizia privata, vuoi perché uccisi, sono le donne a riempire l’ordito della quotidianità di passioni, odi, amori, tradizioni.

Donne depositarie di saperi e di storie antiche che tramandano attraverso il racconto e il rispetto di codici secolari, che niente hanno a che vedere con quelli della legge ufficiale. Donne che imparano da subito a non piangere, a saper accettare il destino di fatica e di morte che incombe su mariti e figli, che sanno consolare con mani di miele, ma anche vendicarsi con artigli di streghe. Donne reali e immaginarie, che si muovono tra la vita e la morte come nel realismo magico sudamericano, che tremano di freddo e fremono di passioni ma non conoscono gli stimoli della paura, calate in un destino precario di presenze e assenze. Donne forti.

Paska-Franzisca dorme al freddo, marcia per sentieri impervi, sfiora di notte gole e burroni, affronta la malattia senza lamenti e la morte senza disperazione, non le fanno paura fucili e animali selvatici, ma è anche la tenera sentimentale che ha nostalgia della fanciulla che non sarà più, dei balli, del primo incontro con l’amato, del rito di fare il pane, dell’abito da sposa che chissà se indosserà mai, della casa in cui torna di notte al buio ogni tanto, per respirarne gli odori e i tepori.
E parla con la morticina, bambina di sogno, ricordo, o solo desiderio della figlioletta che vorrebbe avere da Istevani e che forse non avrà?
È cuore di pietra e di luna, come le donne di quel lembo di terra scansato dalla Storia, che sta intorno senza capire, che impone leggi senza riuscire a renderle accettabili al di là di codici repressivi e gendarmi avvezzi solo alla minaccia e alla derisione; la storia di conquistatori nazionali che vogliono rimanere tali.

Emma Fenu ci offre un romanzo complesso, una sfida in questi tempi di semplificazione letteraria, in cui si accavallano voci, persone, situazioni, realtà storiche e leggende.

Ci vuole la complicità emotiva del lettore per convogliarle in un unico filo che restituisca sensazioni, ambienti, usi costretti e usi introiettati nei tempi e negli spazi. Perché la Fenu non ci chiede di analizzare, ma di sentire, di entrare nella dimensione mitica, o meglio onirica, in cui il tutto si snoda, incubo di un destino segnato nei secoli a cui nessuno, e soprattutto nessuna, vuole o sa sottrarsi (forse la ragazzina, alla fine).
Ci coinvolge, avvalendosi di una lingua evocativa (di usi, modalità, sentimenti, dolori) più che descrittiva, contratta a volte come poesia ermetica, ricca di parole musicali, analogie e metafore ardite, a cui si è costretti ad abbandonarsi come a una nenia attorno al fuoco, subendone la suggestione.

E mi sento straniera in casa mia anch’io, che pure sono sarda. Sarda del primo libero comune, della prima università, dell’ardore risorgimentale e del patriottismo bellico, del ponte teso sul Continente, come è sempre stata la città di Sassari. Figlia di un’altra storia a poche centinaia di chilometri da quei luoghi, dai quali da bambina mi arrivavano racconti lontani come fiabe, esotismi di terre remote che non mi appartenevano. O suggestioni letterarie di scrittori di altri tempi.

E mi chiedo cosa spinga una giovane donna moderna, per di più di Alghero, a riproporre quei luoghi e quelle storie, quelle donne, con un taglio al limite tra l’arcaico e la partecipazione empatica, che risulta tanto trascinante.
Le spose della Luna è uno straziante lamento funebre, a cui il lettore partecipa con rispetto e pena fino all’ultima sillaba.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le spose della Luna

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