Le prove di esilio
- Autore: Michele Caccamo Franz Krauspenhaar
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Ci sono lacrime e lacrime, prigioni e prigioni. Ci sono poeti e poeti, c’è dolore e dolore, giustizia e giustizia. Ci sono uomini e uomini e destini e destini. Michele Caccamo e Franz Krauspenhaar vivono (subiscono) entrambi l’esperienza della detenzione. Quella fisica e quella psicologia. Cosa peggiore la subiscono da innocenti, perché non siamo in un romanzo di Edward Bunker. Il loro “Le prove di esilio” (Sillabe di sale Editore, 2015) è il libro di sangue nel quale tracciano-contano-affrescano una a una le ferite della loro ontologia in ostaggio.
Catturata da una giustizia sommaria (l’uno) e della depressione (l’altro): per chi crede nel destino, una specie di doppia faccia – interna ed esterna – della stessa medaglia. Due degli infiniti modi possibili di trovarsi a (soprav)vivere da morti viventi. Di fare i conti con asfissia & afasia, anime salve – anime dal “sentire” poetico – faccia a faccia con le sbarre: quelle reali delle celle di una prigione e quelle metaforiche, ma altrettanto lancinanti, dell’anima.
Vite costrette, sogni intirizziti, la scrittura come ultima possibilità di salvezza, un messaggio dentro a una bottiglia. Michele Caccamo, a pagina 20 di questo libro:
“In carcere l’idea comune che si ha della libertà si snatura: si divide in migliaia di frammenti che girano in aria, e davanti agli occhi, come fossero residui esplosi da una palla di polvere. Quel risucchio dà la dimensione esatta dell’offuscamento della realtà. Nessuna cosa si riconosce, per quella che esattamente è, non assume forma concreta; si rimane svaniti per giorni, e si pensa solo a come sfuggire a quell’incubo a quel sequestro (…)Quelle figure che mi stanno attorno potrebbero essere uomini o esistenze spaziali, non cambierebbe nulla per me. Siamo solo a prima vista simili a una qualche umanità”.
E Franz Krauspenhaar, dal canto suo:
“Il tema natale della vita. Resto fermo a pensare. Non ci sono più frasi abbastanza lunghe per la nostra pena. Ieri credevamo di essere liberi. Oggi crediamo all’oggi. Come se fosse un pezzo di cemento senza valo-re. Bevo da una bottiglia, sputo per terra, mi guardo a uno specchio, sono furente e solo. La poesia diviene prosa, la prosa diviene aria catti-va. Se sei imprigionato non sei solo, è l’unica consolazione. Regalami una sedia più comoda per scrivere il tema natale della vita. Come se ri-copiassi tutto per l’ennesima volta. E’ la letteratura”.
Vi siete accorti di come suonano bene le parole? E’ la cartina di tornasole che serve a stabilire chi rumina poesia per stato di necessità e chi invece soltanto la scimmiotta. “Le prove di esilio” è un volumetto sbieco, crudo, evocativo, attestato sulle antinomie - dentro/fuori, sano/malato, giustizia/ingiustizia, vita/morte –.
Un libro sottile e crudele (sottilmente crudele), perché spietato e sincero sino all’impudicizia, sino alla spietatezza, sino al disvelamento assoluto di sé. E’ un libro fratto, per concezione e accezione: prosa e poesia (prosa-poesia) come flusso di coscienza, urlo a bassa voce, denuncia, atto d’amore e di rivolta insieme. Una lettura umanissima e politica, che lascia il segno. Un libro che andrebbe letto e riletto. Spesso. Per riflettere sullo straniamento coatto. Sui conti che non tornano quasi mai. E sul coraggio di vivere, malgrado la sopraffazione che ci circonda.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le prove di esilio
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