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Recensioni di libri

La spia dei Borgia di Andrea Frediani

Newton Compton, 2018 – Nella Roma rinascimentale, la famiglia di Alessandro VI si distingue per dissolutezza e il Pinturicchio, artista famoso, si ritrova coinvolto in un delitto “eccellente”, rimasto senza colpevoli.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 21-06-2018

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La spia dei Borgia

La spia dei Borgia

  • Autore: Andrea Frediani
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Newton Compton
  • Anno di pubblicazione: 2018

Roma, estate 1497, Palazzo Apostolico, residenza pontificia. “La spia dei Borgia” è un romanzo di Andrea Frediani, novità Newton Compton Editori da aprile 2018 (382 pagine, 10 euro su carta, 2,99 in versione eBook).
Sua Santità Alessandro, sesto del suo nome, al secolo Rodrigo Borgia, ha sette figli, uno in più della sua onomastica papale. A fine 1400, il pontefice spagnolo sessantenne, è sul soglio di Pietro da cinque anni e per la prima volta si sente spossato e logoro. A tutti sembra ancora l’uomo forte e volitivo che il pittore perugino Bernardino di Betto Betti sta dipingendo in un appartamento del papa a Castel Sant’Angelo (poi distrutto da un successore per fare spazio ad altri locali). A Roma quell’artista lo chiamano il Pinturicchio. Sarà tra i più sorprendenti protagonisti di questo thriller rinascimentale dello scrittore capitolino.

Estate 1497, è importante ripeterlo, ai fini del racconto. L’artista umbro sa di averla fatta grossa e si allontana da Roma con tutta la famiglia, mentre papa Borgia, dopo aver fissato un particolare delle lunette restaurate dal Maestro di Perugia, ha ordinato con rabbia di convocare di corsa il Pinturicchio al suo cospetto. E guarda ancora infuriato verso i dipinti in alto, nell’appartamento vaticano.
Questo è il prologo, esaurito il quale, la scena temporale del romanzo torna indietro, sia pure di pochi mesi, fino ad una riunione delle Confraternita degli Artisti. All’ordine del giorno, la crisi delle commesse pontificie, perché il Borgia è dissanguato dalle spese per la guerra contro i Francesi e gli Orsini, in aggiunta alle rendite mancate dei territori laziali perduti per la scellerata condotta militare del secondogenito Giovanni, incautamente promosso dal padre comandante generale delle truppe della Chiesa.

Oltre al Pinturicchio, partecipano tra gli altri al convegno romano degli artisti i toscani Filippino Lippi e Michelangelo Buonarroti, Paolo Romano e un valente corregionale, detto il Perugino. Bernardino invita tutti a tenere duro, in attesa di tempi migliori. L’ambizione dei principi della Chiesa spagnoli resta grandissima, il fiume di denaro riprenderà a scorrere. I colleghi gli danno ragione.
Rinfrancato dalla facile conquista di Ostia, difesa da pochi combattenti, Giovani Borgia torna in circolazione a Roma, accompagnato come un’ombra dall’inquietante guardia del corpo, Ramiro, uno sgherro col volto sempre coperto da una maschera integrale di cuoio. Le uniche aperture lasciano intravedere solo gli occhi.

Il padre-pontefice ha in pectore ulteriori progetti che riguardano il secondogenito. Lo vuole sul trono di Napoli, per unire quel regno a quello della Chiesa e creare il più potente stato in Italia. Non è affatto d’accordo il figlio maggiore, personalità carismatica che perfino Rodrigo subisce. Cesare Borgia, avviato alla carriera cardinalizia, considera il fratello un pessimo condottiero e se stesso un pessimo uomo di Chiesa. Dovrebbe fare lui il politico e lasciare al minore il ruolo di gaudente o poco più.
La rivalità si spreca nella famiglia di Alessandro VI, dedita alla lussuria e a luridi incesti. Roma tutta, del resto, è un covo di trame ed è anche un luogo dove può accadere qualsiasi cosa.

In un agguato, Ramiro viene tramortito e Giovanni ucciso. Ad agire sono quattro sicari a cavallo: chi li ha ingaggiati è certamente ricco e potente.
Il guardaspalle mascherato si riprende in tempo per sottrarsi agli assassini. È convinto d’essere un bersaglio, teme di non arrivare vivo a parlare col papa, come vorrebbe fare. Chiede aiuto perciò al Pinturicchio.
La conversazione è stentata. La maschera non ha una fessura per la bocca e la voce giunge ovattata. Ramiro reagisce bruscamente alla richiesta di Bernardino di toglierla, per passare inosservato. Non tollera di farlo. A questo punto, il grande pittore un po’ si offre, un po’ è costretto a fargli da portavoce presso il pontefice, che sa scosso della perdita e desideroso di vendetta.
Lo incontra in Vaticano, dove trova anche Cesare e questo non lo tranquillizza. Di quell’uomo si fida poco e ha l’impressione che anche Ramiro non abbia una gran sintonia col maggiore dei fratelli Borgia.

Se a Roma si annidano tante ombre, il palazzo apostolico nasconde ancora più segreti. Ci sono occhi e orecchie e indiscreti pronti a cogliere il minimo cenno o respiro.
Accanto ai complotti, un altro sordido protagonista avvelena quei tempi, tanto magistralmente e a tratti sensualmente descritti da Andrea Frediani. È il mal francese, la tremenda sifilide, una patologia venerea che si trasmette per contatto sessuale ed è stata portata in Italia dalle truppe di re Carlo, calate d’oltralpe. Come la lebbra, può deturpare il corpo di uomini e donne con l’eruzione di ulcere e pustole, trasformandolo in una distesa di piaghe.
È la dannazione di quell’epoca e delle successive, toccata a tanti, da allora in avanti.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La spia dei Borgia

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