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La gente per bene di Francesco Dezio

TerraRossa Edizioni, 2018 - Il tema del lavoro, o del non lavoro, sembra un déjà-vu; è però solo il mezzo per parlare della gente per bene: compagni e professori di una scuola che negli anni Ottanta era classista e non consentiva alcun riscatto sociale.

Giovanna Amoroso Pubblicato il 30-04-2018

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La gente per bene

La gente per bene

  • Autore: Francesco Dezio
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2018

Francesco Dezio, una vita da operaio e disegnatore meccanico, aveva esordito nel 2004 per Feltrinelli con “Nicola Rubino è entrato in fabbrica” (un “romanzo vero”, come lo definì Roberto Saviano dalle pagine di Pulp) dove descriveva la catena di montaggio degli anni Duemila, governata dall’informatica attraverso i manutentori delle macchine a controllo numerico, assunti con contratto a termine: un mondo postindustriale assai diverso da quello descritto da Paolo Volponi in “Memoriale” (1962) o da Tommaso di Ciaula in “Tuta blu” (1978).

Dopo aver pubblicato anche “Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta” (Stilo, 2014), ne “La gente per bene” (TerraRossa Edizioni, 2018, pp. 207, euro 15,00) Francesco Dezio affronta il tema amaro della disoccupazione cronica dei quarantenni. Se il primo capitolo del romanzo ricorda ancora Nicola Rubino per la descrizione delle fasi di produzione, nei capitoli seguenti non mancano parti più introspettive e pezzi di biografia distorta. Il tema del lavoro, o del non lavoro, sembra un déjà-vu, in quest’opera però esso non è il fine ma solo il mezzo per parlare della gente per bene: compagni e professori di una scuola che negli anni Ottanta era classista e orientava gli studenti dei ceti medio-alti verso i licei e i figli del popolo verso le scuole tecniche e professionali, sacrificandone qualunque altra vocazione, diplomandoli con titoli di studio già superati dalle nuove tecnologie alla fine del percorso scolastico, illudendoli con la chimera di un posto fisso che non sarebbe mai arrivato, magari in una di quelle cattedrali nel deserto come la Fiat di Melfi o l’Ilva di Taranto in un Sud ancora contadino.

Così il reportage di archeologia industriale si alterna a brani di archeologia rurale, con la descrizione delle case costruite dall’Ente Riforma ai tempi del Secondo dopoguerra, negli altopiani delle Murge tra Puglia e Basilicata dove si insedierà la monocultura del divano (evocato dalla copertina), destinata anch’essa al declino, per poi passare ai pannelli fotovoltaici e alle pale eoliche, in una campagna perennemente sfregiata che è terra desolata, non luogo, come in certe pagine di “Estensione del dominio della lotta” di Michel Houellebecq (Bompiani, 2007). Nella gente per bene sono quindi annoverati anche i politici e gli imprenditori ora miopi, ora rapaci, ora in combutta con il malaffare, ma ci sono anche saghe di emigrazione o storie d’amore monco a causa dell’impossibilità di progettare un futuro. Tutto questo con uno stile ancora più asciutto e nervoso di quello dell’opera d’esordio, spesso aperto alle contaminazioni del gergo e del dialetto.

La gente per bene

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La gente per bene

  • Altri libri di Francesco Dezio
Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta. Storie di provincia e di altri mali

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Commenti: 1

  • roberto
    30 aprile 2018, 09:33

    io ho letto "Nicola Rubino è entrato in fabbrica" nella nuova edizione di Terrarossa,che è leggermente diversa da quella Feltrinelli del 2004 e ha anche una bella introduzione, un racconto nello stile di dezio sull’industria culturale italiana. Leggerò anche questo. Non sapevo fosse uscito un nuovo libro.

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