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Recensioni di libri

La figlia dell’avvelenatrice di Vito Catalano

Vallecchi, 2023 - Una serie di delitti, rivalità, gelosie, violenze, duelli insensati raccontano una società che alla fine del diciottesimo secolo sembrava essere ancora legata a un Medioevo non del tutto trascorso.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 18-05-2023
La figlia dell'avvelenatrice

La figlia dell’avvelenatrice

  • Autore: Vito Catalano
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2023

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Lungo racconto quello che Vito Catalano pubblica per Vallecchi con il titolo La figlia dell’avvelenatrice.

L’incipit ci mette subito nel mezzo della storia:

”La mattina del 4 maggio 1763 m svegliai con la schiena indolenzita. Mancava meno di un mese al mio ventunesimo compleanno…”

La voce narrante è quella del barone Emanuele Rinaldi, che, con lettera di presentazione di suo padre, viene da Palermo per incontrare ed essere ospitato nel castello immerso nelle montagne della Sicilia occidentale del vecchio amico di famiglia, il conte Giovanni Paruta.
Il ragazzo vuole approfondire gli studi di carattere scientifico su piante e animali sconosciuti, già precedentemente portati avanti dal naturalista Francesco Cupani e per questo ha lasciato la città pur sapendo che il suo ospite, il conte Paruta, vive isolato dopo la duplice vedovanza e non è troppo socievole.

Emanuele nel suo viaggio è accompagnato dal fedele Domenico, e conta di approfondire le sue ricerche girando per quei luoghi sconosciuti e deserti.
Durante una cena, oltremodo ricca e appetitosa, compare la giovanissima figlia del conte, occhi azzurri, aria dimessa, bellissima. Rosa e il ragazzo ospite si piacciono a prima vista, ma l’atmosfera appare subito insolita e non del tutto serena.
Padre e figlia non si guardano neppure, un senso di mistero sembra aleggiare nel castello, e presto le indagini naturalistiche di Emanuele lasciano spazio a ben altre ricerche: un contadino è morto per l’imprevisto calcio di un mulo, ma immediatamente dopo un furto di gioielli preziosi appare misterioso e si capisce subito che una talpa ha dato ai banditi la possibilità di introdursi nel castello per rubare con destrezza il tesoro.

A questo punto il conte, deciso ad avere giustizia e a recuperare i preziosi, parte per una spedizione punitiva con i suoi fedeli, a cui si unisce lo stesso Emanuele, deciso a supportare l’uomo che, nel suo immaginario, potrebbe essere il suo futuro suocero. Infatti lui e Rosa hanno cominciato a dichiararsi, e una lettera parte per Palermo per richiedere la mano della ragazza al padre barone.
Il racconto diventa presto un noir, si succedono delitti e colpi di scena, si svelano misteri risalenti a tanti anni prima e, come nella miglior tradizione dei romanzi di cappa e spada, i buoni si contrappongono ai nemici, i cavalieri difendono le giovani donne belle e sfortunate, la morte è in agguato e non sembra lasciare scampo.
Una serie di delitti, rivalità, gelosie, violenze, duelli insensati raccontano una società che alla fine del diciottesimo secolo sembrava essere ancora legata a un Medioevo non del tutto trascorso.

Una Sicilia arcaica, lontana dallo sfarzo della nobiltà palermitana, chiusa nei suoi maestosi palazzi, che fa pensare invece alla servitù di contadini poveri e affamati, pronti a tradire e a morire per un pugno d’oro, che vedremo rappresentati nel secolo successivo da Giovanni Verga nelle sue Novelle rusticane.

La brevità del romanzo rende incisiva e molto dettagliata l’atmosfera ottimamente ricostruita, anche nell’uso del linguaggio, dove parole come damerino, spadaccino, ostessa, locandiere, furfante, pecoraio, segreta, lacchè, stallieri ci trasportano in un’atmosfera da fiaba classica, che l’autore ha immaginato di ricostruire.

La figlia dell'avvelenatrice

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La figlia dell’avvelenatrice

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